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«Tempi, fallimenti e scelte politiche. Un chiarimento sul Servizio idrico»

Il commissario dell’Autorità idrica Calabria prova a fare chiarezza. «Il momento delle scelte politiche non è più rinviabile. Ed è sotto gli occhi di tutti il fallimento di una gestione “polverizza…

Pubblicato il: 24/11/2020 – 9:33
«Tempi, fallimenti e scelte politiche. Un chiarimento sul Servizio idrico»

Gli organi di stampa stanno riportando, in questi ultimi giorni, notizie e commenti sull’organizzazione del Servizio Idrico Integrato nella Regione Calabria.
È sicuramente un bene che il tema sia al centro del dibattito, vista l’importanza della questione e l’oggettiva necessità di una svolta. L’importante, però, è avere chiaro l’obiettivo a cui tendere: un servizio di qualità, che i cittadini calabresi attendono da troppo tempo, e lo sviluppo di un piano di investimenti, nel settore, che possa contribuire alla menzionata qualità, nonché al rilancio della economia del nostro territorio.
Per questo non spaventa la dialettica, purché sia fondata su profili di conoscenza e di competenza sul tema; altrimenti si rischia un chiacchiericcio polemico ed inconcludente che non fa bene alla Calabria.
Cominciamo con il dire che il servizio Idrico spetta esclusivamente agli enti locali (e non alla Regione) – ovviamente nel rispetto del Testo Unico dell’ambiente e delle Autorità di Regolazione (Arera e, per quanto di competenza, Aic) – che devono organizzarlo nell’Ambito Territoriale Ottimale (Ato) disegnato, con legge, dalla Regione.

Sgombriamo subito il campo da una disinformazione: il Servizio Idrico Integrato non è, oggi, ancora organizzato e non è assolutamente gestito da Sorical; e non solo perché nessuno glielo abbia affidato.
Sorical, è opportuno ribadirlo, gestisce soltanto un pezzo, del servizio idrico, ovvero le infrastrutture di captazione, adduzione e accumulo nei serbatoi a servizio dei Comuni. Infrastrutture realizzate dalla ex Casmez e trasferite, in proprietà, alla Regione nel 1981, che approvvigionano la stragrande maggioranza dei Comuni calabresi secondo quanto sancito dal Piano Regolatore nazionale degli acquedotti. Dai serbatoi, poi, partono le reti distributive che continuano, oggi, a essere gestite dai comuni unitamente ai sistemi fognari e depurativi.
Abbiamo detto che ai comuni, e solo ad essi, rappresentati in Aic (Autorità Idrica Calabria), spetta l’organizzazione del servizio e, come prima cosa, oggi, sono chiamati a decidere sul come gestire il servizio, ovvero se andare verso un modello di gestione pubblica (il cosiddetto in house providing) o seguire la strada della privatizzazione totale o parziale del servizio.
I comuni, in sede di assemblea Aic, che si terrà nei prossimi giorni, dovranno dunque decidere quale modalità di gestione adottare tra le tre summenzionate.
Ed è estremamente importante oggi pervenire a detta scelta, in quanto entro il 31 dicembre prossimo occorre adottare il cosiddetto Piano d’ambito la cui redazione, per l’appunto, presuppone la scelta della forma di gestione. Un termine importante, quello citato, perché la nostra regione rischia di essere esclusa, se inadempiente, dai fondi europei dedicati al settore, e addirittura di impedire l’accesso al resto delle regioni italiane.
Una volta scelta la modalità di gestione si dovrà procedere, poi, all’affidamento, che è chiaramente una cosa diversa. In quel caso avremo il soggetto gestore unico dell’ambito.
In relazione alla modalità di gestione, l’Autorità Idrica ha espresso, in diverse occasioni, la volontà di convergere verso la gestione interamente pubblica del servizio, così da rispettare gli esiti referendari del 2011. Peraltro quest’ultima forma di gestione è l’unica “reversibile” ossia è l’unica che, senza danni, può essere ritirata a favore di un’altra forma di gestione di quelle a disposizione.
Per rendere chiara e agevole tale scelta, che deve fondarsi su elementi conoscitivi razionali, l’Aic, con l’ausilio di un gruppo di lavoro articolato e di standing professionale indiscutibile, ha prodotto una relazione istruttoria che vuole essere di ausilio alla scelta da effettuare, e che segue la falsa riga della relazione prevista dalla normativa (art. 34 c. 20 della l. 212/2012) necessaria per la fase successiva, ovvero quella dell’affidamento ad un soggetto gestore.
Una procedura ovviamente legittima, come lo sarà la deliberazione dell’Assemblea dell’Aic che è chiamata, si ribadisce, a scegliere la forma di gestione e non il gestore.
Solo successivamente, anche se a tappe forzate, occorrerà procedere all’affidamento.
Immediatamente dopo la scelta della forma di gestione, e solo se ci si orienterà per l’in house, occorrerà riflettere, ma sempre da parte degli enti locali, del ruolo di Sorical. Dovrà rientrarvi, garantendo da subito l’unicità del servizio preteso dal legislatore nazionale oppure no?
In tal caso ci si dovrà confrontare con la Regione ma non è la Regione che affida il servizio.
Paradossalmente si potrà continuare secondo il modello già in essere che prevede un fornitore di acqua all’ingrosso (Sorical per l’appunto) che, a regime, dovrà avere un unico cliente (il gestore unico d’Ato) anziché 402 (i Comuni, ndr) come si registra tutt’oggi.
Consentitemi una semplice riflessione: è sotto gli occhi di tutti il fallimento di una gestione “polverizzata” del servizio tra un fornitore all’ingrosso (Sorical) e un fornitore al dettaglio (Comune), un modello di ripartizione dei compiti ormai abbandonato in tutta Italia, non solo perché non rispettoso della normativa ma per il semplice fatto che non funziona. E’ un principio imposto dalla norma l’unicità del servizio idrico, che deve appunto essere “integrato”, ovvero accompagnare l’acqua dalle fonti al cittadino, e curarsi anche della fase successiva, ovvero lo scarico, depurato, al recapito finale.
È altrettanto sotto gli occhi di tutti, il fallimento di una gestione “polverizzata” del servizio in capo ai singoli comuni che non riescono a realizzare gli investimenti né a far fronte alle emergenze idriche che, ciclicamente, si manifestano.
Aldilà delle scelte politiche, per deliberare l’affidamento servirà la relazione ex art. 34, che è uno strumento complesso, che dovrà fornire, numeri alla mano, la “giustificazione” dell’affidamento ad un soggetto pubblico, che dovrà essere ben definito nella sua compagine societaria, di governance e di risorse a disposizione.
La relazione dovrà anche contenere un piano economico finanziario, impossibile da realizzare senza avere chiaro chi lo dovrà implementare e senza avere a disposizione il piano d’ambito che dovrà essere asseverato da un istituto di credito o da un ente certificatore.
Sono passaggi tecnici da realizzare, ma il momento della scelta, quello politico, è adesso e non è più rinviabile. Lo dobbiamo alla Calabria ed ai cittadini calabresi, che si aspettano decisioni e coraggio, non polemiche figlie della disinformazione e che creano solo confusione.
La Regione, dal canto suo, non può più attendere scelte che spettano agli enti locali e su cui i medesimi sono in grave ritardo. Non può permettersi di essere additata quale responsabile, per tutte le Regioni d’Italia, della impossibilità di utilizzare le risorse europee, ma anche nazionali, destinate al settore.

Domenico Pallaria
*ingegnere, Commissario Aic – LR n. 18/2017

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