di Pablo Petrasso
REGGIO CALABRIA «Però la sai una cosa? Ci sono due grattacieli a Dubai che sono di calabresi». Le espressioni di Roberto Recordare, l’uomo dei misteri indagato dalla Dda di Reggio Calabria in una storia di riciclaggio internazionale, sono spesso al confine iperbole. Come in questo caso, quando parla con il marito di una sua collaboratrice e, partendo da considerazioni sui legami tra una parte del tifo della Juventus e la ‘ndrangheta, arriva in due passaggi alla frase su Dubai, «luogo – appuntano gli investigatori nell’informativa confluita negli atti dell’operazione “Eyphemos – dove lui ha diversi conti speciali». Di Dubai, Recordare sa che «gli istituti bancari riciclano il denaro anche proveniente da procedure illecite». Gli Emirati Arabi sembrano, in effetti, una delle tappe del risiko finanziario messo insieme dall’imprenditore con la passione per la pallavolo. È proprio prima di un viaggio a Dubai che – così riferisce – getta in un cestino dell’immondizia, all’aeroporto di Fiumicino, un bustone che conterrebbe bond per 100 miliardi.
Anche questa cifra monstre sembra un’iperbole. Eppure gli investigatori trovano sul computer di Recordare gli estremi e la foto di una carta di credito, intestata a un cittadino lituano, con un saldo di 2 miliardi di euro. Il sistema utilizzato per movimentare il denaro, secondo quanto ricostruito nell’inchiesta, sfruttava le carte di credito «per effettuare, tramite la procedura “off line”, lo scarico di ingenti somme di denaro». Non erano le uniche procedure attivate dal proprietario della software house Golem. Uno dei suoi contatti, infatti, gli invia un documento «nel quale venivano proposte una serie di simulazioni per aderire a uno sconto di una garanzia bancaria tramite la “Unipol Bank di Londra”. Le cifre sulle quali si muovevano le simulazioni partivano da 5 miloni di curo e arrivano sino a 20 milioni di euro». Recordare, per la Squadra mobile, «ricercava degli operatori nel campo bancario, corrotti, capaci di spostare» denari «fuori dal circuito Europeo», per renderli attivi e fruibili su conti correnti ordinari, seppur “mascherati e protetti”, utilizzando la procedura “Server to server”, ovvero effettuando un download (scarico del denaro in una banca compiacente con l’aiuto di altri istituti bancari corrispondenti autorizzati ad effettuare questo genere di operazioni) del denaro presso una banca corrispondente».
Secondo gli investigatori, l’uomo «stava cercando di spostare in paesi extraeuropei e che non subissero l’influenza degli americani, un’ingentissima somma di denaro che era depositata in diversi istituti bancari di vari paesi, anche europei, ma soprattutto in Paesi da “black list” che, comunque, non potevano risultare, ad eventuali controlli, giacché “nascosti” su conti speciali».
Per quanto emerso in numerose conversazioni intercettate gli indagati hanno parlato di una somma che superava i 136 miliardi di euro. Denaro che l’imprenditore, scrivono gli agenti nella loro informativa, «aveva la necessità di rendere disponibili ai suoi sodali con operazioni bancarie che dovevano sparire una volta effettuato il trasferimento del denaro».
I soldi sarebbero finiti in carte di credito e di debito, intestate a soggetti arabi o dell’Est Europa ma in mano a Recordare e ai suoi sodali.
Il finanziere, tuttavia, avrebbe avuto anche altre idee su come riciclare i soldi sporchi. Qualcuno gli aveva suggerito una strada diversa: giustificare lo spostamento del denaro con fondi per opere umanitarie mai finanziate. Nell’informativa è riportato un colloquio intercettato in cui l’imprenditore parla con un soggetto catanese «appartenente all’ordine dei Cavalieri di Malta». Questo, nel settembre 2017, spiega a Recordare come funziona il sistema: «Noi siamo una piattaforma. Una piattaforma è una società che fa programmi umanitari… noi investiremo i vostri soldi in acquisto titoli. Si fa la prima volta… la seconda volta… la metà, la terza volta e poi mai più finché non si scarica tutto. Ma sempre dicendo che investiamo in titoli per opere finalizzate ad opere umanitarie… ma siamo qui per fare business».
Questo faccendiere, riferiscono gli agenti nei documenti esaminati dai magistrati della Dda di Reggio Calabria, «aveva rivestito anche la funzione di “ministro del Tesoro e delle finanze dell’Ordine di Malta” per ben 28 anni, prima che la carica passasse al figlio» e ha un ruolo in un istituto di credito storicamente legato alla finanza vaticana. A Recordare interessano le capacità dell’uomo «in materia di trasferimento di capitali» e «le coperture di cui godeva all’interno dell’Ordine dei Cavalieri di Malta». È qui che viene introdotta la proposta delle finte operazioni umanitarie. L’uomo propone di utilizzare per i traffici una banca di sua proprietà e contatta – secondo quanto riferito nell’informativa – «il Gran Maestro dell’Ordine e un altro soggetto che definiva “program manager”, soggetto del quale non citava i dati identificativi ma aggiungeva che era nipote di un ex presidente della Repubblica italiana». Per garantire l’anonimato di Recordare nell’operazione, il banchiere catanese pensa di servirsi di un avvocato che risulta essere proprio il legale del Gran Maestro citato negli atti giudiziari. La rete di relazioni, insomma, pare proprio quell’Ordine religioso laicale che ha relazioni diplomatiche con più di 100 Stati e, in teoria, proprio il tipo di know how che potrebbe servire a Recordare. (p.petrasso@corrierecal.it)
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