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«Ottimismo e solidarietà»

di Ettore Jorio*

Pubblicato il: 01/12/2020 – 11:44
«Ottimismo e solidarietà»

È giusto che in prossimità delle festività natalizie si ricorra a tutto pur di stare meglio. Persino alle pratiche scaramantiche. Tante le difficoltà per spiegare ai figli e ai nipoti, meno increduli, che persino Babbo Natale – anch’egli munito di mascherina d’ordinanza – non goda di buona salute. Questo è quanto toccherà sostenere maggiormente ai più colpiti dalle misure di contenimento che hanno imposto a tanti ristrettezze economiche mai vissute. Chi sta meglio, potrà evitarlo mantenendo lo stesso standard di regalie anti epidemico.
A fronte di tutto ciò, i cittadini più fortunati hanno due doveri ineludibili: l’infondere ottimismo alla società e sollecitare l’esercizio della solidarietà verso quelli divenuti deboli.
Ottimismo.
Nonostante le passerelle dei virologi che ce ne hanno raccontato di tutti i colori, generando spesso errori comportamentali dei quali alcuni dovrebbero essere chiamati a pagare il conto risarcitorio, siamo arrivati ad una diffusa decolorazione delle regioni che lascia sperare in un miglioramento che gradatamente conquisteremo. Animati in ciò da un vaccino che sembra già bussare alla porta, con qualche difficoltà di somministrazione di massa che, comunque, supereremo.
E’ arrivato il nuovo commissario ad acta. Al di là dei luoghi comuni che suggerirebbe l’affidamento della sanità calabrese ad un ottimo «poliziotto» nominato prefetto di Vibo Valentia, Guido Longo è uomo delle istituzioni, un onesto servitore dello Stato. Qualcuno potrebbe, lo so, proprio su questo storcere il naso, ricordando che tutti i passati commissari lo erano, forse troppo (tanto da lavorare per i governi nazionali più che per le esigenze inderogabili calabresi!). In quanto tali in difficoltà a sporcarsi le mani con la nostra sanità moribonda, messa a dura prova da un commissariamento all’altro e da un management quantomeno improbabile, che ha fatto di tutto e di più, tranne che tutelare la salute della gente di Calabria.
Ma adesso, sono certo, le cose cambieranno, a condizione che il già questore Longo, buon conoscitore delle virtù e dei difetti del Sud, sappia intervenire chirurgicamente e in fretta su un sistema che non va, facendo proprie le dovute conoscenze sulla materia. Su quel servizio sanitario regionale che non c’è mai stato, sballottato tra riforme improprie, gestito con i più brutti vizi della politica, con una dirigenza e un management non sempre adeguato nonché avvelenato da una facile infiltrazione della ‘ndrangheta.
Il prefetto Longo, che saprà diventare presto un efficiente commissario ad acta, saprà scegliere chi deve, chi sa, chi tiene alla propria terra, chi per essa ha sacrificato la propria vita lavorando in una sanità nonostante che la stessa non lo meritasse, chi non ha vissuto di intrallazzi.
Lo so, qualcuno dirà che è più facile a dirsi che a farsi alle nostre latitudini. Io sono convinto che ciò sia difficile ma possibile, soprattutto instaurando un clima ideale di collaborazione con i sindaci e con la migliore burocrazia. Ma soprattutto, diffidando di chi ha fatto di tutto sino ad oggi per mantenere la tutela della salute distante dall’esigibilità dei calabresi.
Il «poliziotto» Longo ha il fiuto giusto per individuare le tracce dei pericoli e le impronte digitali degli storici colpevoli. Non solo. Saprà rintracciare le migliori soluzioni organizzative. Ne va del suo nome e della sua splendida carriera. Dunque, tifiamo tutti per lui, nel nostro più egoistico interesse, nella certezza che la Calabria è tutta con lui!
Solidarietà.
E’ il sentimento pratico che tocca noi, a valle del tifo che non faremo mancare al commissario ad acta per portarci fuori dal guado asfissiante in cui ci hanno condotti i governi passati, tutti.
Alla fame di salute, corrisponde quella che molti calabresi vivono per avere poco o nulla, spesso il necessario.
Il nostro – e lo dico con tanta fierezza – è un popolo che si è dimostrato sempre più propenso a dare che a prendere. La povertà infrastrutturale e la presenza di servizi decadenti ne sono la prova.
Nella società civile della Calabria si evidenziano, più che altrove, due macrocategorie, con a valle l’ingombrante segmento che è la ‘ndrangheta. Esistono le famiglie comuni, quello che vivono del loro, onestamente realizzato e quelle le famiglie che hanno solo preso senza dare in cambio nulla, se non promesse.
Ebbene, le prime, soprattutto, sono chiamate oggi a dare il meglio di se stesse distribuendo parte del proprio a chi ha perso tutto o quasi. A chi ha visto la propria famiglia perdere dei pezzi importanti della sua consistenza umana e a chi è divenuto indigente, non per avere dilapidato ciò che aveva ma perché un destino feroce ha cancellato tutto, a cominciare dal lavoro per finire ai sogni.
*docente Unical

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