ROMA Nelle Rsa la trasmissione del contagio di Sars-CoV2 avviene con pochi sintomi e più lievi rispetto alla prima ondata dell’epidemia e un tasso di letalità del 19,2%. Lo dicono i risultati preliminari dello studio GeroCovid Rsa, la prima ricerca che ha valutato con criteri scientifici, sulla base di dati clinici rilevati, l’impatto delle misure anti-contagio nelle Rsa sull’evoluzione delle condizioni di salute degli anziani ospiti delle strutture assistenziali. Lo studio è stato presentato in occasione del 65/o Congresso nazionale della Società italiana di Gerontologia e Geriatria (Sigg). I dati sono stati analizzati da marzo all’8 novembre scorso in 59 strutture residenziali di Lombardia, Veneto, Toscana, Lazio, Calabria e Sicilia su 430 anziani Covid-positivi o sospetti Covid.
«La presenza di minori sintomi e più lievi negli anziani residenti con Covid-19, rivelata dai risultati della ricerca, suggerisce che per bloccare la trasmissione del Covid nelle strutture residenziali non basta fare i tamponi agli anziani che accusano qualche sintomo», spiega Raffaele Antonelli-Incalzi, presidente Sigg , «la maggioranza non ha i segni classici della malattia, e per impedire la comparsa di nuovi focolai, evitando di accorgersi troppo tardi del contagio e solo quando muore qualcuno, servono test a tappeto nelle Rsa indipendentemente dal fatto che gli anziani presentino o meno sintomi da Covid».
I dati sull’applicazione delle norme anticontagio, relativi alle 59 strutture arruolate, indicano che la maggioranza ha messo in atto le procedure di sicurezza: in 8 casi su 10 vengono utilizzate ovunque le mascherine chirurgiche e il distanziamento fisico, sono vietate le visite e limitate le procedure specialistiche non necessarie, vengono misurate ogni giorno temperatura e saturazione di ossigeno e sono state create aree apposite per l’isolamento dei positivi.
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