ROMA «Pochi mesi prima del golpe, fu proprio Junio Valerio Borghese ad arrivare a Reggio Calabria, dove erano scoppiati i disordini, i moti di rivolta per il capoluogo a Catanzaro». Per Paolo Guzzanti, giornalista e scrittore, la ricorrenza dei 50 anni dal tentato colpo di stato organizzato per la notte dell’8 dicembre del ’70, guidato dal “principe nero”, deve essere contestualizzata in un’epoca lontana, «quella che parte dalla bomba di Piazza della Loggia, nel ’69 per attraversare tutti gli anni Settanta, in cui vivevamo un’atmosfera in cui si percepiva come possibile, anzi imminente un colpo di Stato in Italia». Azioni violente e rivolte erano all’ordine del giorno, come le sommosse in Calabria, che impegnarono le forze dell’ordine per settimane. Guzzanti spiega all’AdnKronos come anche per la rivolta dei “boia chi molla” quella dell’ex comandante della X Mas fu una presenza inquietante: «Io ero inviato per l’Avanti – ricorda il giornalista – Borghese venne a Reggio, il marchese Zorzi, capopopolo di destra gli organizza un’accoglienza trionfale, ma gli uomini del Viminale bloccarono la manifestazione, rinfocolando le fiamme della rivolta».
«Ma lui era lì, faceva parte di quel panorama, di quella rivolta. Noi giornalisti, e c’erano anche Bocca e Pansa, i grandi cronisti del tempo – ricorda Guzzanti – eravamo lì a chiederci chi ci fosse dietro a questa rivolta, come classificarla, che certo era popolare, anzi del sottoproletariato di marxiana memoria, ma poi era di estrema destra». «Quegli anni – sottolinea l’autore nel ’72 del dossier “Il neofascismo e le sue organizzazioni paramilitari” – erano anni in cui tutto poteva accadere, la democrazia sembrava fragilissima, c’erano molti uomini di servizi in giro nel Paese che facevano doppi e tripli giochi, C’erano tante armi anche a sinistra e c’erano tanti fascisti, reduci del ventennio, ancora attivi».
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