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La mansione superiore al lavoro le viene riconosciuta dopo la morte grazie alla tenacia del figlio

Il tribunale di Cosenza ha disposto per una ex dipendente del comune di Marzi un adeguamento lavorativo. «Ho portato avanti questa “battaglia” per mia mamma. Era un procedimento che aveva intrapres…

Pubblicato il: 08/12/2020 – 12:58
La mansione superiore al lavoro le viene riconosciuta dopo la morte grazie alla tenacia del figlio

COSENZA Il contratto a tempo indeterminato Stella Rizzo lo aveva firmato nel giorno della festa dei lavoratori. Dopo anni di precariato, finalmente, il 1 maggio del 2008 arriva l’agognata stabilizzazione. Aveva già prestato servizio negli enti locali. Apparteneva, come tanti in Calabria, nel bacino dei lavoratori socialmente utili. Spesso sono proprio loro a rappresentare la forza lavoro di intere amministrazioni locali o istituzionali come i sindacati (qui la nostra inchiesta) ma quasi mai godono del giusto riconoscimento in termini economici e professionali. Stella Rizzo non ne ha rappresentato l’eccezione. Come ricostruito nelle carte processuali istruite dinnanzi al giudice del tribunale del lavoro di Cosenza, dopo aver prestato servizio come Lsu per il comune di Marzi (piccolo comune della Valle del Savuto in provincia di Cosenza) inquadrata come categoria C del contratto collettivo nazionale di lavoro, alla stipula del contratto a tempo indeterminato la categoria con cui inizia a prestare servizio è la A1 equivalente al grado di operaio. Decide di intentare causa perché le mansioni che ricopre all’interno dell’amministrazione sono equipollenti ad una categoria superiore e di conseguenza superiore sarebbe dovuto essere non solo l’inquadramento della pianta organica ma anche la retribuzione. Il giudice, istruito il processo e ascoltate le testimonianze dei suoi colleghi di lavoro decide che la categoria A1 non le appartiene, il lavoro svolto in seno all’amministrazione comunale è da riconducibile alla categoria B, e dispone dunque un risarcimento del danno per le indennità non corrisposte in questi anni. Quella di Stella Rizzo potrebbe essere una storia come tante altre, quella a non renderla tale è un dettaglio che non è trascurabile:  la sentenza arriva dopo che la malattia l’ha strappata all’affetto dei suoi cari. La sua battaglia legale, è stata portata avanti con tenacia dal figlio che ha voluto in questo modo onorare la vita della madre e il lavoro che ha svolto nel comune di Marzi con abnegazione e senso del dovere. «Questo per me vuole essere un segnale – ci racconta Omar Falvo -. Ho portato avanti questa “battaglia” per mia mamma. Era un procedimento che aveva intrapreso da viva e  mentre combatteva anche contro una bruttissima malattia. Ho deciso fortemente di rincorrere la verità, anche dopo la sua morte.  Verità sancite dal Tribunale di Cosenza, che attestano le effettive mansioni svolte da mia mamma nel comune di Marzi.  Voglio ringraziare l’avvocato Concetta Piacente per aver creduto fortemente in questa lotta e per aver portato avanti, con garbo e professionalità, questo cammino in memorie di mia mamma. La sentenza ha fatto emergere  la giusta categoria lavorativa, cioè la B, svolta effettivamente da Rizzo Stella, mia mamma. Voglio lanciare un messaggio a tutti quelli che vedono nella quotidianità della vita i loro diritti calpestati, in ogni settore. Non concedete nemmeno un millimetro dei vostri traguardi, mai piegarsi per i propri ideali e diritti.  La legge prima o poi arriva e decreta la giusta posizione delle cose. Non permettete a nessuno di calpestare i vostri diritti. Sono contento anche per Sonia Oliveti, collega di mia mamma, che aveva intrapreso questo cammino insieme a lei. Anche per Sonia è stata stabilita la verità». (m.p.)

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