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«Senza perequazione sarà un dramma per il Sud»

di Ettore Jorio*

Pubblicato il: 09/12/2020 – 13:23
«Senza perequazione sarà un dramma per il Sud»

Sembrava essere stato tolto, è invece tornato l’incubo del rinvio ad libitum dell’applicazione delle regole del cosiddetto federalismo fiscale. Ed è grave che così sia per un Sud che ne avrebbe più bisogno che altrove con un fondo perequativo garante a regime delle differenze finanziarie tra quanto dispone e quanto occorra per assicurare a tutti i diritti fondamentali. E’ preoccupante tenuto anche conto del contenuto della bozza di legge attuativa del regionalismo differenziato, per molti versi provvidenziale, elaborata dal ministro per gli affari regionali e le autonomie.
L’articolo 150 della bozza di legge di bilancio 2021, che sembrava cassato nel corso dell’iter intermedio (commissione bilancio della Camera dei deputati), è invece semplicemente slittato di un numero, recante un eguale contenuto.
L’ipotesi di legge quadro sulle autonomie regionali, elaborata dal ministro Francesco Boccia e implementata in sede di Conferenza Stato-Regioni, include – tra l’altro – due obiettivi che poi sono quelli primari del federalismo fiscale: il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni (tradotti in Lea per l’assistenza sociosanitaria) e la perequazione infrastrutturale. Purtroppo non quella ordinaria a garanzia della metodologia basata su costi e fabbisogni standard.
I primi, i Lea, pretesi dalla Costituzione e disciplinati in termini attuativi dal d.lgs. 68/2011. La seconda (perequazione infrastrutturale) dal decreto ministeriale del 26/11/2010 (G.U. dell’1 aprile 2011), come strumento ricognitivo e propedeutico, e quindi dal d.lgs. 88/2011 per l’individuazione degli interventi speciali (art. 119, comma 5, Cost.) occorrenti per mettere tutti uguali ai blocchi di partenza della nuova metodologia di finanziamento, fondata su costi e fabbisogni standard.
Manca, invero, nell’anzidetto disegno di legge un richiamo diretto a questi ultimi, al lordo dell’attivazione del fondo perequativo indispensabile per garantire l’esigibilità dei livelli essenziali su tutto il territorio nazionale. Ma ci sarà occasione per provvedere.
Un modo – quello individuato da Francesco Boccia per tentare il superamento delle diatribe insorte all’indomani delle tre ipotesi formalizzate da Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna – per edulcorare le imbarazzanti enunciazioni contrarie all’attuazione del regionalismo differenziato, spesso pronunciate improvvidamente e senza alcun approfondimento sulla materia. Un elaborato legislativo che, sotto alcuni aspetti, avrebbe comunque bisogno – come detto – di essere implementato. Ciò al fine di evitare quanto accade oramai da circa dieci anni, preparando tutto l’apparato della Repubblica ad essere puntuale per il 2022, cui l’articolo 151 della bozza di bilancio per il 2021 rinvia l’ingresso a regime del federalismo fiscale. Una metodologia introdotta – fondata sul principio «vedo, voto e pago» (Antonini, dixit) – con la revisione costituzionale del 2001 (art. 119), attuata otto anni dopo con la legge delega 42/2009 che ha visto perfezionare i suoi decreti delegati nel biennio 2010/2011.
A ben vedere, un «esercito» di provvedimenti legislativi, tutti attuativi dell’articolo 119 della Costituzione, sprecato nel limbo dell’inerzia generativo del mantenimento dell’ancien regime fondato su quella spesa storica che ha determinato da decenni inadeguatezza nelle coperture e mancata responsabilità diretta degli agenti politici territoriali.
Dunque, un altro anno di sofferenza sulla (quasi) acritica quota di finanziamento pro capite, spesso mal pesata, con un impegno del Governo ad alimentare i muscoli e il fiato del sistema autonomistico territoriale che, dal 2022, sarà chiamato a dare buona prova di sé.
*Docente Unical

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