di Enrica Riera
CATANZARO Si autodefiniscono «ostaggi della Regione» i venti professionisti calabresi ammessi al corso di formazione specifica in medicina generale (triennio 2017-2020), bandito dalla stessa Regione, e oggi, secondo quanto sostengono, impossibilitati «a fare ingresso nelle graduatorie regionali, per l’esercizio della professione di medico di base all’interno del territorio, con il titolo e il punteggio acquisiti». La vicenda che riguarda i giovani medici è finita persino nelle aule di giustizia. Lo scorso 8 ottobre, la seconda sezione civile del Tribunale di Catanzaro – a seguito della diffida presentata dai corsisti contro la Regione Calabria e del loro conseguente ricorso al giudice ordinario – s’è pronunciata, con apposita ordinanza, a favore del gruppo di camici bianchi, difesi dagli avvocati Paolo Falzea, Andrea Lollo e Umberto Frangipane. Subito pronto, tuttavia, l’atto di appello della Regione Calabria avverso la decisione con cui il Tribunale l’ha condannata «all’obbligo della ripresa immediata dei corsi di formazione specifica in medicina generale per il triennio 2017/2020 ed alla conclusione degli stessi entro l’anno solare 2020; nonché al pagamento, in favore dei ricorrenti, delle spese del giudizio». «Credevamo – dicono i professionisti – che finalmente i nostri diritti fossero stati riconosciuti e, invece, ci ritroviamo, ancora una volta, nella spiacevole posizione di dover contestare quanto affermato dalla Regione».
LA VICENDA Ma andiamo con ordine. Gli aspiranti medici di famiglia – risultati vincitori del bando regionale di concorso pubblico, per esami, per l’ammissione al corso di formazione specifica in medicina generale triennale, approvato con DDG n. 3412 del 30 marzo 2017 – avrebbero dovuto iniziare la formazione e le attività previste dal corso stesso a dicembre 2017 per concluderle a dicembre 2020; dopodiché, maturando il punteggio e le ore stabiliti dal bando, avrebbero potuto essere inseriti nelle graduatorie abilitanti all’esercizio della funzione di medico di famiglia in tutta la Calabria. «Noi corsisti – chiosano i medici – non abbiamo mai iniziato il corso nella data stabilita dal bando. A causa di negligenze della Regione, ci siamo ritrovati ad avviare la formazione a marzo 2018. Ciò significa che ora non potremo iscriverci in graduatoria e, soprattutto, subiremo un trattamento inaccettabile, una disparità rispetto ai colleghi di altre parti d’Italia, i cui corsi non hanno subito cambiamenti».
L’APPELLO Da parte sua, nell’appello, la Regione sottolinea che i corsisti in questione possono comunque «fare domanda di inserimento nella graduatoria valida per l’anno 2021, senza alcuna penalizzazione rispetto a [chi termina] il proprio corso di formazione entro la fine dell’anno 2020» e ciò «a condizione che il titolo sia posseduto entro il 15 settembre». Anche con tale considerazione i medici non sono d’accordo: «Pur entrando nelle graduatorie, così come dice la Regione, chi ci riconoscerebbe il punteggio acquisito e che ci spetta? Entreremmo a punteggio zero, nonostante il monte ore complessivo maturato, dopo aver svolto, tra le altre cose, tutte quelle attività ospedaliere e di igiene pubblica per la gestione dell’emergenza Covid-19, le quali, come confermato dal Ministero della Salute con nota del 20 maggio 2020, sono da considerarsi a tutti gli effetti attività pratiche da computare nelle 36 ore complessive previste dal corso. Inoltre, proprio perché considerati corsisti, seppur effettivamente preparati, non potremmo essere assunti in altre strutture; saremmo, come dire, impossibilitati a lavorare». «Non ci stiamo – commentano i corsisti -. Siamo increduli davanti a un simile scenario. C’è bisogno di medici, principalmente in Calabria per fronteggiare il Coronavirus, ma la nostra attività, il nostro ruolo viene letteralmente sminuito e ostacolato: è assurdo, in una situazione così disastrosa le nostre prestazioni sanitarie sarebbero necessarie e fondamentali». (redazione@corrierecal.it)
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