REGGIO CALABRIA «La Uil Fpl non si spiega come degli uomini delle istituzioni che dovrebbero essere votati a conseguire risultati finalizzati al bene collettivo, che dovrebbero essere vincolati a una gestione virtuosa e trasparente delle ingenti risorse economiche loro affidate, continuino a consentire che nell’Asp di Reggio Calabria si continui nella prassi consolidata di corrispondere annualmente la cifra di 8.585.000 euro omnicomprensivo per il pagamento di canoni d’affitti per locali in uso a proprie strutture ed uffici, peraltro, il più delle volte in condizioni fatiscenti e non idonee sotto il profilo igienico sanitario». Certi refrain sono costanti nella sanità calabrese, a tutte le latitudini. Reggio Calabria non fa eccezione. E la Uil torna a sottolineare che si tratta di «un vero e proprio spreco, se si tiene conto che tutto manca all’appello presso l’Asp meno che locali, terreni, appartamenti di proprietà dell’Azienda che in atto risultano completamente non utilizzati».
Il sindacato si rivolge alla commissione straordinaria che regge l’Azienda sanitaria sciolta per infiltrazioni mafiosa. E invita i commissari a verificare «che non insiste alcuna motivazione legittima per giustificare tale incongrua e poco virtuosa spesa milionaria». Segue l’elenco delle strutture «solo in minima parte utilizzate o per nulla operative» che potrebbero sollevare l’ente dalla spesa: sono «quelle di Gioia Tauro, Palmi, Oppido Mamertina, Cittanova, Rosarno (sulla Piana di Gioia Tauro) – Scilla e Melito Porto Salvo a pochi chilometri da Reggio – Siderno e Gerace (nella zona jonica) con decine di locali immediatamente fruibili su tutto il territorio provinciale».
D’altra parte, sottolinea la Uil, «non risulta» che «i commissari abbiano fatto richiesta alle Autorità competenti di poter utilizzare i numerosissimi beni confiscati alla mafia». All’organismo nominato dal ministero dell’Interno, il sindacato – nella nota firmata dal segretario territoriale Nicola Simone – chiede di disporre «visite ispettive-indagini o quant’altro utile a verificare quanto esposto e qualora dovessero emergere responsabilità amministrative-contabili e penali in capo a chi ha gestito e gestisce l’Asp di Reggio Calabria di determinarsi di conseguenza».
FALLIMENTO IN QUATTRO PUNTI Il sindacato, tuttavia, riserva stoccate anche alla commissione straordinaria. Sono quattro i punti evidenziati. Innanzitutto, riguardo alla situazione economica, «non hanno risanato economicamente l’Azienda – non si sono resi parte diligente nel dotarla degli obbligatori bilanci che mancano all’appello sin dal 2013, con le debite conseguenze attinenti i riflessi sul bilancio consolidato della Regione Calabria – il debito ha superato il miliardo di euro e tende ad aumentare». Poi «nulla hanno posto in essere per arginare il marasma organizzativo che riguarda Unità operative, Uffici, strutture Ospedaliere che ha consentito al malaffare di infiltrarsi sistematicamente nei gangli vitali dell’Asp». Inoltre «nulla di significativo – secondo la Uil – è stato strutturalmente realizzato per porre fine al fenomeno dilagante che attiene la illegalità, ponendo le basi per un perenne commissariamento – chiunque dovesse accingersi a verificare lo stato dell’arte, paragonando la situazione antecedente lo scioglimento allo stato attuale in cui versa l’Azienda non potrebbe esimersi dal certificarne il netto peggioramento». E, infine, stando alla nota, «i Livelli essenziali di assistenza sono peggiorati con servizi sanitari che pongono in uno stato di abbandono e di prostrazione una popolazione di 600 mila abitanti».
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