GIOIA TAURO «Un altro fratello ucciso, un’altra morte che si poteva evitare. Per questo, per tutta la giornata di oggi noi lavoratori della terra saremo in sciopero. Non troverete nessuno di noi nei campi, nei magazzini e nelle serre. Siamo stanchi di essere sfruttati e ammazzati dagli stessi che di giorno ci obbligano a lavorare senza contratti né garanzie nei campi, a vivere come animali e la sera ci tirano giù come birilli, perché la vita di un africano non conta. Non siamo braccia, siamo uomini».
Questa la lettera diffusa dai lavoratori della tendopoli di San Ferdinando dove annunciano lo sciopero come reazione alla morte del cittadino maliano, travolto e ucciso nei pressi del porto di Gioia Tauro da un’auto e per chiedere una casa, diritti e dignità.
«Da decenni ormai – scrivono – veniamo qui per lavorare e senza le nostre braccia non ci sarebbero frutta e verdura né sugli scaffali, né sulle tavole ma questo non importa. Nonostante le promesse che arrivano ad ogni stagione, per noi non ci sono mai stati e continuano a non esserci alloggi decenti, contratti regolari, certezza e celerità nel rinnovo dei documenti, con lungaggini che ci costringono a rimanere qui per mesi. Noi possiamo andare a lavorare ovunque, ma chi raccoglierà le vostre arance? Chi pianterà i vostri ortaggi? Oggi nessuno di noi andrà al lavoro. Neanche un frutto verrà raccolto. Vogliamo mostrare a chi tanto ci disprezza, a chi ci considera solo degli schiavi cosa sarebbe la Piana senza i lavoratori africani».
«Non vogliamo privilegi, non vogliamo aiuti, non vogliamo elemosine. Pretendiamo diritti e dignità – conclude la lettera – e diciamo basta ai morti sul lavoro, basta agli “incidenti” che a noi costano ferite se non la vita, basta sfruttamento. Vogliamo casa,diritti,documenti e lavoro regolare,vogliamo vivere una vita dignitosa come ogni essere umano meriterebbe. Schiavi mai!»
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