COSENZA «Scarsa osservanza dell’orario prestabilito» così come «personale fisso al fine di poter migliorare il servizio assistenziale e la loro competenza». «Chiesta sanificazione delle stanze degenti e veniva effettuato in modo grossolano solo dopo numerosi litigi con i responsabili». «Il ripasso del pomeriggio essendo affidato all’unico oss presente in reparto spesso non viene eseguito perché impegnato nel trasporto di pazienti o ricoveri o altre attività». Questi sono solo alcuni dei reclami presentati dai sanitari circa le condizioni di scarsa igiene dell’ospedale di Cosenza. Lamentele messe nero su bianco e finite dritte nel fascicolo d’inchiesta che è stato aperto dalla procura della Repubblica di Cosenza. Quanto si ritiene ignorato dal management sanitario, così come dai vertici dell’azienda Coopservice e Multiservice, non è passato inosservato agli inquirenti.
Una inchiesta destinata ad allargarsi, perché mentre questo primo troncone di indagine ha riguardato gli amministratori dell’impresa emiliana che si è aggiudicata l’appalto, un secondo potrebbe riguardare tutta la parte dei manager sanitari. In tutto una presunta truffa da oltre 3 milioni di euro, cifra raggiunta gonfiando gli orari di lavoro ed emettendo fatture e per servizi mai eseguiti. «A questa cifra, la Coopservice in danno all’Azienda Ospedaliera è arrivata mediante predisposizioni di false rendicontazioni in merito all’ammontare delle ore di lavoro per i servizi integrativi apparentemente somministrati in favore dell’azienda ospedaliera di Cosenza, di servizi extra integrativi, di prospetti recanti il numero delle ore giornaliere effettuate dal personale della società appaltatrice Coopservice e della società sub appaltatrice Multiservice Sud», scrive il gip motivando l’ipotesi di reato di truffa contestata agli indagati. «La Coopservice ha chiesto, e in diverse occasioni, ottenuto la liquidazione di fatture per prestazioni mai rese nei riguardi dell’Ente pubblico inducendo in errore quest’ultimo attraverso una serie di artifici e raggiri anche agevolati dalla redazione da parte dei funzionari pubblici dell’Azienda ospedaliera».
Come evidenziato dal procuratore capo Mario Spagnuolo e dal sostituto Margherita Saccà, titolare del fascicolo d’inchiesta, i raggiri si sarebbero realizzati anche grazie al mancato utilizzo del software che avrebbe dovuto accertare oltre alle ore lavorative degli addetti assunti dalla società anche la qualità del lavoro. Tutto invece era demandato ai direttori di unità operativa complessa oltre che dei caposala. E sono proprio loro che dinnanzi agli inquirenti dichiarano come i documenti per giustificare il lavoro in corsia non fossero opera loro. «Alcuni dei primari e dei caposala che hanno apposto le sottoscrizioni – viene riportato negli atti di indagine -, sentiti a sommarie informazioni hanno dichiarato che il prospetto di riepilogo mensile delle ore lavorate presso il reparto di loro competenza veniva loro sottoposto, per l’approvazione della firma, da un dipendente della Coopservice che l’apposizione della propria firma era da intendersi solo come attestazione delle continuità e della qualità dei servizi resi e non in relazione alla quantità delle ore lavorate e di non essere a conoscenza con quale sistema venissero rilevate ed attestate le ore di presenza dei dipendenti delle ditte Coopservice e Multiservice relative ed attestate le ore di presenza dei dipendenti delle ditte ai servizi integrativi e di pulizia».
Tutto questo meccanismo, incrociato con i dati e i tabulati elaborati dalla Guardia di Finanza insieme ad intercettazioni telefoniche (di cui vi abbiamo riferito qui) ha fatto maturare nel giudice il convincimento di gravi indizi di colpevolezza. «La società appaltatrice tramite l’operato dei propri dipendenti, odierni indagati, ha reiteratamente chiesto ed ottenuto il pagamento di ore di lavoro mai effettuate. Ha reiteratamente chiesto e ottenuto il pagamento di ore di lavoro mai effettuato, ha da sempre chiesto il pagamento di ore in relazione a servizi mai resi e che mai avrebbe matematicamente potuto rendere».
IL COMUNICATO DELL’USB Sul pentolone scoperchiato dalla Procura di Cosenza interviene il sindacato Usb: «Oggi scopriamo che mentre i vertici della Coopservice, nell’autunno del 2019, con il sostegno e la complicità dell’ex Commissario Cotticelli, costringevano i circa 100 lavoratori e lavoratrici a ridursi cospicuamente orario di lavoro e stipendio, minacciando esuberi e nascondendosi dietro la solita filastrocca della crisi economica aziendale, intascavano illecitamente milioni di euro, con la evidente connivenza dei dirigenti dell’Ao di Cosenza. La frode, studiata e attuata dalla Coopservice, ha fruttato alla stessa oltre 3 milioni di euro. Noi lo ripetiamo da tempo, i servizi in appalto sono delle miniere d’oro per le società private e per i loro sponsor politici. Ciò rappresenta una delle principali cause dell’attuale disastroso stato del servizio sanitario calabrese. Internalizzare i servizi e stabilizzare i lavoratori e le lavoratrici, sono priorità assolute. Oggi abbiamo avuto l’ennesima dimostrazione del perché queste soluzioni sono osteggiate da molti e difficili da attuare. Recentemente la società Coopservice, dopo anni di proroghe, ha vinto nuovamente l’appalto che partirà dal prossimo mese di gennaio. La Commissaria dell’azienda ospedaliera Panizzoli e il Commissario Guido Longo hanno la responsabilità e il dovere di intervenire immediatamente. Serve ridare dignità ai dipendenti e alle loro famiglie, umiliati e colpiti economicamente da anni di scelte scellerate». (m. p.)
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