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«La sfida della variante inglese»

di Francesco Bevilacqua*

Pubblicato il: 22/12/2020 – 14:02
«La sfida della variante inglese»

È in corso una sfida epocale, ad alto contenuto simbolico. No, non sto parlando di politica, non parlo di uomini che si battono per conquistare il potere. I due contendenti sono entità molto più grandi e sofisticate, entrambe dotate di enormi armamenti. Il loro campo di battaglia è l’intera umanità alle prese con la pandemia.
Neanche il tempo di illuderci dell’immunità di gregge – che pareva a portata di mano, grazie al proliferare dei contagi ed ai vaccini realizzati a tappe forzate – che già arriva una preoccupante mutazione del virus. Le prime reazioni del mondo scientifico sembrano rassicuranti. Al contrario di quelle dei governi nazionali, quasi tutti corsi ai ripari isolando l’Inghilterra, il paese dove “la variante inglese” si sta rapidamente diffondendo. Delle due l’una: se non c’è da preoccuparsi perché chiudere tutto?
La mutazione è una caratteristica ordinaria dei virus, dicono i virologi. È attraverso le mutazioni che i virus si adattano meglio all’ambiente ed agli ospiti. Se così fosse, per quanta fiducia si possa avere nella scienza, pare avventato credere che i rimedi posti in essere per un’epidemia zoonotica così imponente ci abbiano già conferito la vittoria.
Ho usato con piena consapevolezza il termine “illuderci” perché è proprio da un’illusione che parte tutto. Gli ecologi la definiscono “singolarità tecnologica”. Con questa definizione s’intende la convinzione che la “tecnologia” sia divenuta più importante della “biologia”. In parole semplici: qualunque “difetto biologico” (assegnatoci cioè dalla natura), sia esso una malattia, l’invecchiamento o la morte stessa, potrà, prima o poi, essere risolto da una tecnologia (l’artificio umano al servizio della scienza). La “singolarità tecnologica” è il pensiero che domina le società evolute da svariati decenni, ancor più con l’avvento dell’informatica e con l’idolatria dell’algoritmo, che è una sequenza ordinata e finita di passi (operazioni o istruzioni) elementari che conduce a un ben determinato risultato in un tempo finito.
Lo ha spiegato bene Yuval Noah Harari in “Homo Deus. Breve storia del futuro”. Scrive Harari: “le scienze biologiche sono giunte a concepire gli organismi come algoritmi biologici. Contemporaneamente […] gli informatici hanno imparato a progettare algoritmi digitali interpretabili da elaboratori elettronici sempre più sofisticati. Il datismo mette insieme queste concezioni, evidenziando che esattamente le stesse leggi matematiche si applicano sia agli algoritmi biochimici sia a quelli computerizzati digitali. Inoltre, questa nuova visione delle cose abbatte il muro tra animali e macchine, e prevede che gli algoritmi computerizzati alla fine decifreranno e supereranno le prestazioni degli algoritmi biochimici”. Insomma, è diffusa la convinzione, in campo scientifico, che le macchine e gli artifici umani supereranno presto gli organismi biologici e la natura (pensate solo alla robotica ed all’intelligenza artificiale).
Ecco perché lo scontro in atto fra il SARS-CoV-2 da un lato, in rappresentanza della biologia, e le case farmaceutiche dall’altro, in rappresentanza della tecnologia, ha un altissimo contenuto simbolico. È in ballo la supremazia fra natura ed artificio, fra adattamento dell’uomo all’ambiente ed adattamento dell’ambiente all’uomo. Questo snodo storico, altamente drammatico, costituisce l’epilogo di un pericolo denunciato da molti, ma mai presso troppo sul serio da chi governa il mondo: il pericolo che l’illusione prometeica (Prometeo era il titano punito da Zeus per aver rivelato il segreto del fuoco agli uomini) di vincere sulla natura dominata dal principio di necessità (tutto accade perché deve accadere) si dissolva come neve al sole, lasciando dietro di sé solo macerie.
E non è in gioco soltanto la sorte della “singolarità tecnologica”, ma anche quella dell’intero sistema liberista, che pareva ormai aver vinto su tutti i fronti. E che, invece, proprio a causa delle inevitabili misure restrittive adottate dai governi, si sta avvitando su sé stesso, in preda ad una crisi mai vista prima. Chissà che non ci tocchi assistere, proprio grazie ad un virus, al più epocale cambio di paradigma di tutti i tempi.
*Avvocato e scrittore

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