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Omicidio Vangeli, Giuseppe Prostamo condannato a 30 anni. Esclusa l'aggravante mafiosa

Accolte le richieste dell’accusa secondo cui l’uomo sarebbe stato parte attiva nel delitto consumatosi nella notte tra il 9 e il 10 ottobre 2018. La condanna si lega ai reati di concorso nell’omici…

Pubblicato il: 23/12/2020 – 16:41
Omicidio Vangeli, Giuseppe Prostamo condannato a 30 anni. Esclusa l'aggravante mafiosa

VIBO VALENTIA

Il gup di Catanzaro Gabriella Logozzo ha condannato a 30 anni di reclusione Giuseppe Prostamo, accusato di concorso nell’omicidio e nella soppressione del cadavere di Francesco Domenico Vangeli avvenuto, secondo l’accusa, nella notte tra il 9 e il 10 ottobre del 2018, con il corpo della vittima 26enne che sarebbe stato chiuso moribondo in un sacco e gettato in un fiume e mai più ritrovato. La sentenza, a conclusione del processo con rito abbreviato, è stata emessa dal gup distrettuale di Catanzaro che ha escluso l’aggravante mafiosa del delitto.
Accolte le richieste avanzate dal pm della Dda Annamaria Frustaci; altre contestazioni riguardavano l’accusa di detenzione e porto illegale di una pistola che, nel corso del 2017, secondo le indagini, Giuseppe e il fratello Antonio avrebbero affidato alla vittima affinché la conservasse per loro conto. Per entrambi, poi, anche la contestazione della detenzione di un fucile, mentre è stata pronunciata l’assoluzione per il reato di percosse in relazione ad un episodio verificatosi il 7 gennaio del 2019 per il pestaggio di una persona rimasta ignota.
Prostamo è stato condannato al pagamento di una provvisionale di 40mila euro, delle spese processuali e dei danni nei confronti delle parti civili. Quello di oggi è solo uno dei tre filoni che hanno per oggetto l’omicidio del ventiseienne di Scaliti di Filandari. In Corte d’Assise infatti è imputato il fratello Antonio, mentre altre tre persone risultano indagate tra Dda e Procura ordinaria. Il delitto avrebbe due moventi: uno passionale in quanto la ragazza di Vangeli, Alessia Pesce (indagata) sarebbe stata contesa da Antonio Prostamo mentre l’altro fa riferimento ad un presunto debito di droga maturato dalla vittima nei confronti di Giuseppe Prostamo e alla mancata restituzione di un’arma ai due fratelli di San Giovanni di Mileto.

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