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Neologismi del 2020, un docente Unical risponde ai dubbi. «Si dice il Covid o la Covid?»

Nell’ultimo anno, causa pandemia, sono molteplici i nuovi termini entrati nel dizionario da “lockdown” a “quarantenare”, che compariva già nella prima stesura dei “Promessi sposi”. Il professor Yor…

Pubblicato il: 26/12/2020 – 22:36
Neologismi del 2020, un docente Unical risponde ai dubbi. «Si dice il Covid o la Covid?»

RENDE L’arrivo della pandemia non soltanto ha rivoluzionato il nostro modo di vivere il quotidiano, ma anche il nostro dizionario. Sono tanti, infatti, i neologismi introdotti nell’ultimo anno nel gergo comune o nella produzione mediatica. Quasi tutti legati al Covid-19.
Da “lockdown” a “quarantenare”, il nostro vocabolario si è visto costretto a spalancare le porte a nuovi termini termini presi in prestito dall’inglese e altri addirittura già attestati nella prima stesura dei “Promessi Sposi” di Manzoni.
E le novità, spesso portano con sé dubbi e remore su quale sia il corretto utilizzo di questi termini. Diversi gli studiosi che si sono interrogati per dare in tal senso risposte definitive rispetto al dibattito. Tra questi, il professor Yorick Gomez Gane, docente di Linguistica italiana del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università della Calabria, che ha cercato di rispondere ai principali dubbi. risponde in questo video ai principali dubbi.

I NEOLOGISMI DEL 2020 Il primo dubbio sul quale si sofferma il docente è «si dice il Covid o la Covid?» La maggior parte dei parlanti usa la forma maschile, che di fatto dovrebbe essere quella corretta. «Molti studiosi – spiega però il docente – preferiscono la forma al femminile perché “Covid” si ricava dalla forma inglese “Coronavirus disease”, ovvero “malattia da Coronavirus”, quindi al femminile. Bisogna però fare attenzione perché non sempre il termine inglese “disease” viene tradotto al femminile, come nel caso del morbo di Parkinson». Quindi, secondo il docente Unical «è bene attenersi a un principio generale: non avendo la piena certezza dell’esatta traduzione, meglio usare il genere maschile».
Altro dubbio è sull’aggettivo più esatto da utilizzare per descrivere una persona affetta da Covid.
«Per chi è malato di Covid, molti tendono ad utilizzare il termine “covidoso”, che di fatto non esiste. Questo è infatti un provenzalismo trecentesco che significa “bramoso”. Gli studiosi si sono interrogati sulla questione e scartato questo aggettivo, propendendo per “covidico”». I media, dal canto loro, hanno trovato come soluzione “covid-positivi”, aggettivo modellato su “sieropositivo”, che secondo il docente è parimenti accettabile.
Arriva poi il turno di uno dei termini più utilizzati in questo periodo di pandemia, forse il più spaventoso: “lockdown”. La decisione di non tradurlo sarebbe legata ad un espediente spesso utilizzato dai governi italiani per evitare di esasperare il significato del termine attraverso la traduzione che ha in tal senso la funzione di addolcire. «Se al posto il governo avesse usato i termini “reclusione” o “confino”, che sono traduzione letterale della definizione inglese, avrebbe avuto un significato un po’ più grave rispetto a quello utilizzato nel gergo comune».
Pochi dubbi invece per i termini “tamponare” «che si può usare tranquillamente perché in linea coi principi derivativi dell’italiano» e “quarantenare”. Per questo secondo risulta «meno semplice seguire le fasi del processo formativo, ma non può essere messo in discussione. Addirittura, compare anche nella prima stesura dei “Promessi Sposi” di Manzoni».

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