MENDICINO «In ogni evento che segna la vita di ciascuno, ognuno dovrebbe imparare qualcosa. Io spero da questa tragedia abbiamo potuto trarre un insegnamento: la normalità è un privilegio». In diretta dal San Matteo di Pavia, dove dirige il reparto di Malattie Infettive, Raffaele Bruno, il professore che ha curato il paziente 1 di Coronavirus ha raccontato la sua esperienza di professionista ma anche di uomo che si è trovato in prima linea nella lotta contro la pandemia. Ospite sulla pagina Facebook “Città di Mendicino”, il professore che ha origini proprio nella cittadina cosentina, ha presentato il suo libro “Un Medico, la storia del dottore che ha curato il paziente 1”. Un appuntamento, moderato Antonietta Cozza, che dopo gli interventi del sindaco Antonio Palermo, insieme alla delegata alla cultura, Margherita Ricci, e all’assessore al welfare Fulvio Scarpelli – che hanno fatto gli onori di casa – ha registrato gli interventi del prof. Marcello Maggiolino, ordinario di patologia generale dell’Unical ed il dott. Pino Pasqua, direttore UOC anestesia e rianimazione dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza. Ma il protagonista della serata è stato il direttore di Malattie Infettive del San Matteo, che nei mesi scorsi aveva ricevuto la cittadinanza onoraria dall’amministrazione di Mendicino.
Bruno ha descritto dal vivo le sue sensazioni, le sue emozioni dopo quel giorno. «Tutto è cambiato dopo il Covid – ha detto – non so se la vita ritornerà come prima: se ci riusciremo sarà grazie al vaccino». Ed a questo proposito descrivendo gli effetti della vaccinazione, ha detto: «Non mi ha dato alcun effetto collaterale se non quella euforia dovuta alla speranza di poter uscire da questa tragedia. Che sia l’inizio della fine della pandemia».
Poi ironizzando sui no vax, ha sottolineato: «Non sono diventato verde, il mio cellulare non prende il 5G». Valutando l’arrivo delle dosi anti-Covid, Bruno ha voluto sottolineare che «Non solo è efficace e altamente sicuro, ma questo vaccino ci farà compiere un passo in avanti di 50 anni nello sviluppo scientifico delle cure». «Questo perché – ha spiegato – questa metodologia verrà presto utilizzata per uno scopo altrettanto importante come la cura dei tumori e di altre infezioni».
Entrando nello specifico, Bruno ha poi descritto il meccanismo di funzionamento del vaccino: un messaggero che allerta il nostro corpo spingendolo a reagire contro il virus per poi svanire. «È una tecnica straordinaria – ha poi sostenuto -. Se mi avessero detto la prima volta che mi sono imbattuto in un paziente con i sintomi del Coronavirus che in soli dieci mesi avremmo avuto un vaccino, non ci avrei creduto». Ha ricordato quel 21 febbraio, data in cui il dottor Bruno ha compreso di essersi imbattuto nel primo malato Covid in Italia, con un aneddoto legato alla scaramanzia: «Era il giorno 20.02 alle ore 20 quando ho sentito la prima volta parlare di questo virus. Una coincidenza quei numeri che ha fatto uscire fuori la mia calabresità».
Riparlando della straordinarietà della scoperta del vaccino, Bruno ha chiosato: «Questa è la prova provata che quando si fanno investimenti seri sulla ricerca e c’è convergenza di intenti e collaborazione si possono raggiungere risultati straordinari».
Spiegando quello che è accaduto dopo l’arrivo del Covid nel mondo, Bruno ha concluso: «Nulla sarà più come prima. È stato come dopo l’11 settembre». (r.d.s.)
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