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«La didattica a distanza favorisce la dispersione scolastica?»

di Giusy Raffaele

Pubblicato il: 05/01/2021 – 15:58
«La didattica a distanza favorisce la dispersione scolastica?»

A pochi giorni dalla incerta riapertura delle scuole un quadro poco rassicurante emerge dai dati contenuti nell’indagine “I giovani ai tempi del Coronavirus”, condotta da Ipsos per Save the Children su un campione di adolescenti tra i 14 e i 18 anni che accende la luce sul rischio di dispersione scolastica, fenomeno che putroppo non sempre fa notizia ma che rappresenta lo specchio di quanto una società sia equa e si ispiri a valori di uguaglianza sostanziale (se si pensa che il fenomeno già prima della pandemia riguardava in particolare gli alunni maschi residenti nel Mezzogiorno con la Sicilia che registra il tasso di dispersione scolastica più alto d’Italia).
Dai dati raccolti il 28% degli studenti dichiara che almeno un loro compagno di classe dal lockdown di questa primavera ad oggi avrebbe smesso di frequentare le lezioni: tra questi, un quarto ritiene che siano addirittura più di 3 i ragazzi. Save the Children stima che circa 34mila studenti delle scuole superiori sono a rischio di dispersione scolastica. Secondo gli adolescenti intervistati, tra le cause principali delle assenze dalla Dad, c’è la difficoltà delle connessioni e la fatica a concentrarsi nel seguire la didattica dietro uno schermo. Su 26 ore settimanali di Dad e guardando alle assenze dell’ultimo mese la stragrande maggioranza (86%) ha fatto 1 o 2 assenze ma 1 ragazzo su 14 (7%) ne ha collezionato 5 o più di 5. Un anno sprecato lo definisce un adolescente su due che ha fatto riscoprire a molti l’importanza delle relazioni dal vivo anche se un quarto delle adolescenti dichiara che ha capito che uscire non è poi così importante e che si possono mantenere le relazioni anche on line.
Emerge la rabbia contro gli adulti incapaci a gestire la crisi: i ragazzi si sentono esclusi dalle scelte per il contrasto alla diffusione del Covid, che li hanno visti penalizzati nell’interruzione delle attività scolastiche in presenza: il 65% è convinto di star pagando in prima persona per l’incapacità degli adulti di gestire la pandemia, il 43% si sente accusato dagli adulti di essere tra i principali diffusori del contagio, mentre il 42% ritiene ingiusto che agli adulti sia permesso di andare al lavoro, mentre ai giovani non è permesso di andare a scuola. Stanchezza (31%), incertezza (17%) e preoccupazione (17%) sono i principali stati d’animo che hanno dichiarato di vivere gli adolescenti in questo periodo, ma anche disorientamento, apatia, tristezza e solitudine.
Anche la sfera della socialità risulta impattata negativamente dalla lontananza da scuola: per quasi 6 studenti su 10 (59%) la propria capacità di socializzare ha subito ripercussioni negative, così come il proprio umore e lo stato d’animo (57%), una quota di non molto inferiore (52%) sostiene che le proprie amicizie siano state messe alla prova, il 63% dice di aver sofferto per non aver potuto vivere le esperienze sentimentali adolescenziali. Quasi un ragazzo su 4 (24%) pensa che l’allontanamento da scuola stia avendo ripercussioni negative anche sulla propria salute.
La didattica a distanza è bocciata da quattro ragazzi su 10, il 38%: la principale difficoltà è rappresentata dalla fatica a concentrarsi per seguire le lezioni online (citata da quasi un ragazzo su 2, il 45%) e dai problemi tecnici dovuti alla connessione internet/copertura di rete propria o dei docenti (41 e 40% rispettivamente); seguono i problemi tecnici dovuti alla scarsa digitalizzazione dei docenti e la noia (33% ciascuno). Tutto ciò sembrerebbe aver avuto anche ripercussioni sulla preparazione scolatica (1 studente su 3 si sente meno preparato di quando andava a scuola in presenza o deve recuperare più materie rispetto allo scorso anno).
Quanto al modo di fare lezione, più di un ragazzo su tre afferma che la totalità dei propri insegnanti ha continuato a fare lezione allo stesso identico modo di prima, “come se fossimo in aula” invece che dietro a uno schermo, mentre solo uno su cinque afferma di aver sperimentato nuove modalità di insegnamento (video, lezioni digitali, app e giochi didattici).
Sul tema Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children è convinta “dell’importanza di agire subito con dei ristori anche per questi ragazzi per dare nuova linfa e impulso a combattere un orizzonte con poche prospettive, soprattutto per coloro che vivono in condizioni di difficoltà”. La politica deve fare delle scelte coraggiose per il futuro dei ragazzi perchè se è vero che povertà educativa ed economica si alimentano a vicenda è necessario mettere in campo tutti gli strumenti necessari per evitare di estromettere molti adolescenti che, difficilmente, potranno essere reintegrati nella società.

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