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L’Sos dal Sant’Anna: «Se chiudiamo finisce ko il settore cardiovascolare in Calabria»

Intervista a Daniele Maselli, direttore di cardiochirurgia della clinica catanzarese in stato di grave crisi: «I pazienti rischiano di morire in lista di attesa, come accadeva 20 anni fa. E la solu…

Pubblicato il: 05/01/2021 – 6:57
L’Sos dal Sant’Anna: «Se chiudiamo finisce ko il settore cardiovascolare in Calabria»

di Antonio Cantisani
CATANZARO «Si sta chiudendo un ospedale che risponde al 40% dei Lea cardiovascolari della regione Calabria». Daniele Maselli (foto sopra) è il direttore di cardiochirurgia della clinica Sant’Anna Hospital di Catanzaro: in pratica, è la “punta avanzata” di una struttura d’eccellenza nel campo della cardiochirurgia e della cura delle patologie cardiovascolari a livello nazionale ma oggi in stato di crisi, a causa di mancati rimborsi milionari da parte dell’Asp di Catanzaro e della sospensione dell’accreditamento. Il Sant’Anna è di fatto chiuso, e quello che lancia Maselli è un Sos che è un vero e prioprio grido di dolore: i pazienti rischiano di morire nelle liste d’attesa «come succedeva 20 anni fa», dice senza girare intorno alle parole.

Direttore Maselli, “fotografiamo” la situazione del Sant’Anna ad oggi…
«Di fatto siamo stati costretti a sospendere tutta l’attività. Per continuità, stiamo continuando a trattare i pazienti che erano ricoverati e non hanno completato il loro iter terapeutico, però il Sant’Anna è di fatto chiuso, nel senso che gli ospedali che ci stanno contattando per eventuali necessità li dirottiamo altrove, così come siamo costretti a tenere in sospeso i numerosi pazienti che aspettavano di fare un intervento o ricevere una prestazione e che, come è facile intuire, ci stanno tempestando di telefonate per sapere come devono fare».

Insomma, una situazione un bel po’ pesante…
«È una situazione nella quale io non avrei mai pensato o scommesso di trovarmi. I pazienti si affidano a noi con fiducia, conoscono i nostri risultati, vogliono essere curati da noi e noi purtroppo ci troviamo in un grande imbarazzo dicendo loro che per il momento stiamo aspettando una decisione nelle prossime ore. Ma se una decisione nelle prossime ore non verrà saremo costretti a dire a questi pazienti di rivolgersi altrove, cosa che è piuttosto drammatica come si può facilmente comprendere».

Si dice che se il Sant’Anna non riapre c’è il rischio dell’intasamento di altre strutture sanitarie…
«Quello non è un rischio, mi permetto di dire, ma è una certezza. Se il Sant’Anna fosse una realtà piccola capirei, ma per darle una dimensione del problema faccio presente che il Sant’Anna da solo fa il doppio di quello che fanno insieme Reggio Calabria e Germaneto. Stiamo parlando di numeri enormi. Inoltre, quelle strutture dovrebbero rispondere in via prioritaria all’emergenza-urgenza e quindi dovranno rispondere all’emergenza-urgenza e slittare l’elezione: in un un periodo complicato come quello attuale, che non è il massimo per gli spostamenti, quei pazienti dovranno aspettare che qualcuno li operi, e quindi c’è il rischio che una parte di loro morirà in lista d’attesa, come succedeva 20 anni fa, quando le cardiochirurgie erano poche in Italia e quindi le liste di attesa erano lunghe. Rischiamo di arrivare a quello. Oppure rischiamo di incrementare ulteriormente l’emigrazione sanitaria, e così i 25-28 milioni che si risparmieranno chiudendo il Sant’Anna, invece di essere spesi in Calabria generando anche occupazione, andranno a qualche clinica del Nord. E così non sarà nemmeno risolto il tema di chi sbandiera la bandiera del pubblico, perché i pazienti andranno al privato del Nord che è molto forte ed efficiente».

In questi giorni non sono mancate le interlocuzioni istituzionali, anche con i commissario dell’Asp di Catanzaro e con il commissario Longo. Ma forse il Sant’Anna è proprio il simbolo del limite di un approccio alle politiche sanitarie fondato soprattutto, se non solo, su aspetti tecnici e contabili più che su quelli prettamente sanitari…
«Il problema reale è il debito, che è colossale, ma anche su questo si cela una grandiosa bugia, che è nei numeri. Su circa 4 ,7 miliardi, di spesa sanitaria in Calabria la spesa dei privati è di 200 milioni, quindi coloro che dicono che la sanità va male perché ci sono i privati compiono un’azione di distrazione di massa, perché non dicono che il resto della sanità ridotta a uno straccio com’è quella calabrese consuma quattro miliardi e mezzo. È lì il dramma. Perché non si va a cercare dove sono le inefficienze e gli sprechi nel pubblico? Perché fa comodo politicamente dire che il privato ha la colpa di tutto, però nessuno parla dei numeri veri. Perché il privato risponde per 200 milioni su 4,7 miliardi, per cui non si può imputare al privato il problema della sanità calabrese. Lo si deve imputare a una pessima gestione che c’è stata in passato e della quale i calabresi sono responsabili solo in parte, visto che da 10 anni c’è un commissario. Questi commissari cos’hanno fatto? Dov’erano?».

Lei ha accennato alla politica, che al solito dà l’impressione di conoscere i problemi ma di affrontarli solo quando arrivano al pettine per poterli così governare per proprio tornaconto…
«Io ho letto con molto interesse l’intervento di Gioacchino Criaco pubblicato nei giorni scorsi, l’ho anche citato più volte. Devo comunque dire che la conference call con gran parte dei parlamentari calabresi di tutto l’arco costituzionale mi ha dato un attimo di fiducia, ci ha fatto sentire la politica un po’ più vicina di quanto non appaia. Ora, se questo poi si tramuterà in un’azione non so dire. Ma aver visto attorno a un singolo tavolo, anche se virtuale, tutti i soggetti di tutti i partiti, lascia sperare per il futuro, cioè che al di là di questioni di bandiera ci sia un gruppo di parlamentari che finalmente vuole fare gli interessi della Calabria».

Direttore Maselli, se vuole fare un appello…
«Qualunque sia la soluzione, deve arrivare nelle prossime ore, perché noi stiamo letteralmente trattenendo i pazienti sospesi a quello che succederà domani. Noi domani, se il Sant’Anna non riaprirà, dovremo dare risposte a quei pazienti e alle loro e alle nostre famiglie, pertanto se il Sant’Anna non sarà in grado di riaprire le porte, io personalmente offrirò le risposte a questi pazienti altrove, perché altro non possiamo fare. Quindi, la soluzione deve venire nel giro di ore, non nel giro di giorni o di settimane, perché la patologia cardiovascolare non può aspettare. E ricordo che è la prima causa di morte nel mondo: quindi non si scherza, si sta toccando una materia molto delicata. Si sta chiudendo un ospedale che risponde al 40% dei Lea cardiovascolari della regione Calabria. È come se si stesse praticamente dimezzando la capacità operativa di una regione in questo settore».

In conclusione?
«Io sono fiducioso. Ho avuto momenti di scoramento, ma mi aspetto che oggi del Sant’Anna si occuperà la terza Commissione del Consiglio regionale, ndr) ci sia una risposta operativa, una risposta del fare, mi aspetto che ci dicano cosa succederà, perché altrimenti dovremo fare diversamente». (redazione@corrierecal.it)

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