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CALABRIA CHE VERRÀ | Algieri: «La politica ci ascolti»

La crisi economica scatenata dalle misure adottate per contenere la pandemia sta mettendo a rischio 10 mila imprese del settore terziario calabrese. Con un calo del valore aggiunto di oltre 2 milia…

Pubblicato il: 06/01/2021 – 7:13
CALABRIA CHE VERRÀ | Algieri: «La politica ci ascolti»

di Roberto De Santo
CATANZARO Un vero e proprio tsunami che si è abbattuto sulla struttura portante dell’economia calabrese fatta da una miriade di piccoli esercizi commerciali, della ristorazione e del terziario. Così negozi di prossimità, come anche quelli all’interno dei centri commerciali, e strutture che offrono beni e servizi sono stati travolti dalla crisi economica innescata dai fermi ad intermittenza che hanno interessato la Calabria a seguito delle misure varate per contrastare l’avanzata della pandemia.
Blocchi delle attività che si sono tradotti in una mancanza di liquidità per famiglie e imprese e che hanno così costituito un freno ai consumi che non ha risparmiato neanche i tradizionali acquisti natalizi, come anche le spese per cenoni, vacanze e servizi turistici. Una voragine nei conti delle imprese calabresi che potrebbe estendersi anche nei prossimi mesi. Spazzando via quei piccoli effetti positivi che potrebbero essere indotti dall’apertura della stagione dei saldi appena iniziata. I dati che snocciola il presidente di Confcommercio Calabria, Klaus Algieri danno la misura dei contraccolpi dirompenti su uno dei comparti più diffusi del tessuto produttivo calabrese.

Presidente, anno terribile quello che si è appena chiuso per le attività commerciali soprattutto al dettaglio e per il settore turistico. Avete stimato le perdite su fatturato e occupazione?
«Il commercio, la ristorazione e il turismo sono tra i settori che hanno maggiormente risentito della crisi scaturita dall’emergenza covid-19. Un vero e proprio colpo economico a ciò che rappresenta il cuore della nostra produttività. Perché diciamocelo chiaramente, in Calabria la vera “industria” sono le piccole attività commerciali e le attività turistiche. Settori che, dalle stime forniteci dal nostro centro studi, a seguito delle chiusure imposte rischiano di veder scomparire più di 10mila imprese nel 2020, con una perdita di oltre 23mila occupati. E in termini di fatturato le imprese del terziario della Calabria potrebbero totalizzare perdite per oltre 2 miliardi di valore aggiunto, il 10% in meno su base annua».


Anche le vendite natalizie ne hanno risentito?

«Sì. È stato un Natale sicuramente diverso da quello degli anni passati. L’emergenza Covid ci ha posto di fronte a difficoltà economiche e sociali sempre crescenti. Se potessi sintetizzare tutto con un termine parlerei di “austerità dei consumi e sociale”. Austerità nei consumi in quanto hanno mostrato una sostanziale flessione rispetto allo scorso anno. Dall’indagine che ogni anno il nostro centro studi conduce, le famiglie quest’anno hanno ridotto sensibilmente la spesa per i regali. Infatti, è stata stimata una spesa complessiva pari a 7,3 miliardi in Italia, in calo del 18% rispetto allo scorso anno (8,9 miliardi). In termini pro capite, si è speso una cifra media pari a 164 euro leggermente inferiore a quella del Natale 2019 (169 euro). In Calabria la riduzione è stata ancora più netta. Si è passati dai 140 euro a poco più di 100 di quest’anno. Austerità anche nei rapporti sociali in quanto la zona rossa ci ha posto dinanzi ad una revisione delle nostre tradizioni e dei nostri usi, e sappiamo che soprattutto al Sud sono molto radicati, il che si è tradotto in un inevitabile raffreddamento delle relazioni sociali».

Quali ripercussioni potranno esserci per il 2021?
«Le prospettive certamente non sono rosee. Nel 2021 ci aspettano tanti altri momenti bui che se non affrontati con le giuste misure potrebbero condurci, dal punto di vista economico, verso un punto di non ritorno. Inevitabilmente molte imprese continueranno a chiudere soprattutto nei settori che ho citato in precedenza e che hanno subito i maggiori effetti di questi mesi di lockdown. Quelle che riusciranno a sopravvivere, avranno davanti a sé sfide sempre più crescenti. Se non ci sarà una strategia complessiva che contempli anche il rilancio dell’economia ci troveremo di fronte ad un’ecatombe senza precedenti».

A questo proposito lunedì ha preso il via la stagione dei saldi in Calabria che durerà fino al 5 marzo. Ma resta l’incognita legata ad eventuali chiusure per il Coronavirus. Come crede che andrà a finire?
«Così come è stato per i consumi di Natale, le restrizioni e le chiusure legate all’emergenza covid inevitabilmente si ripercuoteranno anche sui volumi di spesa per i saldi. Come stimato dall’Ufficio Studio di Confcommercio, infatti, i cittadini calabresi spenderanno poco meno di 100 euro a testa negli acquisti in questa stagione dei saldi. Se poi a ciò aggiungiamo l’incertezza delle future disposizioni, in merito a quale colore assumerà la nostra Regione, beh allora andremo sicuramente incontro ad un ennesimo periodo decisamente denso di difficoltà per le nostre aziende».

C’è da segnalare che le imprese calabresi sembrano essere rimaste indietro sull’attivazione dell’e-commerce. Eppure potrebbe essere una risposta alle chiusure imposte dalla pandemia. Come spiega questa anomalia?
«L’anomalia è legata alla mancanza di formazione sui nuovi canali distributivi. Certamente l’e-commerce rappresenta un’opportunità e come Confcommercio stiamo cercando di formare le nostre imprese all’utilizzo dei canali digitali per la vendita, senza trascurare l’importanza del negozio fisico che rappresenta un punto di riferimento fondamentale per le nostre città. Va detto però che l’emergenza sanitaria ha avuto un forte impatto sulle nuove modalità di erogazione dei servizi: da una nostra indagine infatti è emerso che ad oggi, il 27% delle imprese è presente sui canali e-commerce e il 25% effettua consegne a domicilio. Le imprese della Calabria stanno scoprendo le potenzialità del web tant’è che il 45% di loro continuerà ad utilizzare il canale e-commerce anche dopo la fase d’emergenza».

Cosa occorrerebbe fare per incentivare il passaggio delle vendite su web?
«Ribadisco che occorre investire sulla formazione. Non servono chissà quali grandi piani di investimento, ma se si costruisce una visione di lungo periodo basata su percorsi formativi mirati, allora possiamo arrivare lontano. Abbiamo tutto il potenziale per poterlo fare. E in questo campo le Camere di Commercio possono avere un ruolo di primaria importanza».

Ritornando a valutare la situazione generale del settore, il Governo ha attivato ristori per gli imprenditori, ritiene che sia stata una misura utile per le imprese?
«Molte delle misure realizzate dal Governo le riteniamo valide. Ma non si può vivere in eterno di ristori. L’emergenza covid ci ha insegnato che servono piani strutturali che guardino al lungo periodo. Le misure una tantum servono a tamponare le emergenze contingenti, mentre quelle strutturali sono utili non solo a dare stabilità all’economia ma a costruire il futuro. Bisogna avere coraggio compiendo degli atti di responsabilità. Le imprese stanno pagando un prezzo insostenibile legato all’incertezza politica e alla mancanza di una seria programmazione di contrasto al Covid. Con l’inevitabile aumento della disoccupazione, l’emergenza sanitaria ed economica rischia di diventare anche emergenza sociale con esiti non prevedibili. È assolutamente urgente un vero coinvolgimento delle parti sociali nelle scelte che decidono il destino di centinaia di migliaia di imprese e lavoratori. È in momenti come questo che sentiamo più pressante il bisogno di avere dei punti di riferimento su cui poter contare, delle istituzioni solide in cui poter riporre la nostra fiducia. Punti di riferimento da poter riconoscere come un chiaro simbolo che ci riporti alla nostra storia, ai nostri valori e ci ricordi le ragioni vere di essere un Paese unico con obiettivi precisi di crescita comune».


Dunque crede che si poteva fare di più?
«Si può fare sempre di più. Ma senza una visione strutturata difficilmente si raggiungono risultati significativi. Si continua solo a navigare a vista, a mettere toppe. In altre parole si lavora in un eterno stato di emergenza e così facendo si perdono occasioni per adottare misure che servono realmente a far ripartire il Sud e la Calabria. Mettendo il Mezzogiorno nelle condizioni di contribuire alla crescita complessiva del Paese, in ginocchio dalla crisi pandemica».

E per le misure attivate dalla Regione?
«Il concetto rimane sempre lo stesso. Anche il governo regionale deve avere una strategia. Per troppo tempo le risorse giunte in Calabria sono state sprecate in misure inutili o, cosa ben peggiore, sono rimaste inutilizzate. Vale non solo per quelle che riguardano strettamente i programmi economici. Pensiamo ad esempio al piano vaccini. Delle circa 13.000 dosi destinate alla nostra Regione ne sono state somministrate qualche centinaia. Perché questo ritardo? Chi dobbiamo prendere in questo caso come interlocutore? La Regione, i fantomatici commissari, le Asp, gli ospedali? Abbiamo il diritto di essere informati. Non è più sostenibile il fatto che, a causa dell’incompetenza di chi ci governa, si debba ricorrere alla soluzione estrema di fermare le attività produttive, chiudere le imprese. Troppo semplice agire in questo modo e scaricare le responsabilità su altri. Siamo stanchi di pagare per inadempienze altrui ed è tempo che ci venga riconosciuto il rispetto che meritiamo. Sul piano economico è importante che si coinvolgano i corpi intermedi che conoscono i propri settori di riferimento ed insieme a questi si programmi in modo strutturale, misure che permettano alle imprese di ripartire e alla regione di dotarsi di quelle infrastrutture necessarie per il salto di qualità. Ma per far questo non c’è bisogno di tavoli, incontri e riunioni che non portano a nulla. C’è bisogno di ascolto. La Regione deve ascoltare i corpi intermedi, associazioni di categoria in primis, ognuno per la propria competenza e predisponendo con il loro aiuto, piani seri che tengono conto delle vere esigenze di imprese e cittadini. Ai nostri politici regionali, e nazionali, chiediamo quindi maggiore coraggio e di scendere in campo per la difesa del proprio territorio. La sensazione che ho, e che molti hanno, è di totale assenza di una classe politica lungimirante. Ci sentiamo soli in balia di chi sa quale destino. E qui che mi rivolgo a tutti i colleghi imprenditori, in una sorta di chiamata alle armi, e chiedo loro ancora più entusiasmo, continuando a mostrare quell’orgoglio e quel coraggio che in questi mesi ci ha permesso di andare avanti e di cui abbiamo sempre più bisogno».

Il 2021 per la Calabria porterà anche un nuovo esecutivo regionale. Come imprenditori che appello rivolgete a chi si appresta a governare la Regione?
«Chiediamo coraggio, trasparenza, competenza, responsabilità, ascolto e buoni esempi. Siamo stanchi di promesse poi inesorabilmente cadute nel vuoto e di facili slogan da propaganda elettorale. Abbiamo bisogno di fatti concreti. Abbiamo bisogno di istituzioni che sappiano interpretare le vere esigenze dei calabresi e le traducano in azioni. Avere una visione chiara della direzione che si vuole imprimere al futuro prossimo della Calabria e poi essere conseguenziali vale più di qualunque altro aspetto. Istituzioni costituite da persone che riconoscano nella fiducia delle imprese la sola cosa che non deve mai essere persa, l’obiettivo principale del proprio lavoro, senza compromessi, nel rispetto degli altri e con un’integrità mai barattabile. È l’unica strategia che possa davvero cambiare il nostro territorio». (r.desanto@corrierecal.it)

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