COSENZA Il Tribunale della Libertà di Catanzaro ha annullato integralmente l’ordinanza con la quale il gip di Castrovillari aveva disposto la custodia cautelare in carcere del commercialista Salvatore Pantusa, finito agli arresti nell’ambito dell’operazione “Pacta sunt Servanda ” coordinata Procura di Castrovillari e che negli ultimi giorni del 2020 aveva portato al fermo di 11 persone. Al professionista finito sotto indagine, gli inquirenti, contestano di aver agito in concorso con altre persone per perpetrare i reati di estorsione e di usura. L’ordinanza del Tribunale delle Libertà, però, annullando in toto quanto disposto dal giudice per le indagini preliminari, scarcerando Pantusa ridimensiona le accuse mosse nei confronti del commercialista cosentino. Il collegio giudicante, ha infatti accolto per intero la tesi difensiva prospettata dagli avvocati Francesco Muscatello e Sergio Sangiovanni per i quali la ricostruzione degli organi inquirenti, così come la decisione del gip di Castrovillari, sarebbe stata il frutto di un totale travisamento del materiale investigativo nonché dell’omissione della totale obliterazione di altri elementi.
ACCUSA E DIFESA Al commercialista Salvatore Pantusa, nell’ambito dell’inchiesta venivano contestati gravi fatti di usura ed estorsione finalizzata alla percezione degli stessi interessi usurari. È stato coinvolto nell’indagine in quanto secondo la tesi investigativa egli, in qualità di ex amministratore ed attuale socio di una delle società aventi rapporti con l’imprenditore usurato, nonché in qualità di commercialista di quest’ultimo, non poteva non essere a conoscenza delle operazioni commerciali attraverso le quali strumentalmente veniva celata la corresponsione degli interessi usurari. Una seconda contestazione, invece, era inerente all’ipotesi che Pantusa si fosse messo a disposizione degli altri indagati nel propiziare un incontro con la vittima.
Invero, secondo la tesi difensiva, le indagini svolte avrebbero travisato circostanze fattuali evidenti attestanti l’assoluta estraneità dell’indagato nella vicenda, omettendo completamente di riscontrare che Salvatore Pantusa da tempi non sospetti rispetto all’inizio delle vicende oggetto di contestazione, non fosse più né amministratore né socio della società e senza valorizzare la circostanza per la quale in nessuna delle dichiarazioni dei querelanti questi venisse anche solo menzionato quale partecipe nei momenti di fibrillazione delle condotte usurarie ed estorsive o degli incontri ipotizzati dall’ufficio di procura. «La vicenda del dottor Pantusa induce a riflessioni improcrastinabili sulla assoluta leggerezza con la quale si ricorre alla carcerazione preventiva nei confronti di soggetti per i quali, si ritiene, non solo non sussista alcuna gravità indiziaria ma, addirittura, un’attenta analisi delle risultanze investigative avrebbe potuto e dovuto condurre da principio alla totale estraneità ai fatti. Del resto, l’annullamento da parte del Tribunale della Libertà, e non l’applicazione di una misura più graduata, già cristallizza l’assoluta assenza di elementi a carico dell’indagato sui quali poggiava la misura applicata – affermano gli avvocati Muscatello e Sangiovanni-. A ciò si aggiunga la strumentalità delle tempistiche dell’ordinanza, eseguita in data 21 dicembre a distanza di 10 giorni dall’emissione della stessa, dalla quale scaturiscono, non a caso, criticità temporali causate dai numerosi giorni festivi prima di potere ottenere una rilettura della posizione dell’indagato ed il dramma psicologico per un professionista affermato e stimato di ritrovarsi costretto in carcere in un periodo così particolare. Nessuno restituirà al dott. Pantusa i giorni trascorsi in stato di una carcerazione preventiva rivelatasi del tutto infondata non solo nelle esigenze, ma anche in ordine al coinvolgimento nella vicenda, ma ci solleva il fatto che il provvedimento del Tribunale della Libertà possa essere il primo tassello con il quale viene restituita onorabilità ad un professionista, lo si ribadisce, affermato e stimato».
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