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La Sibaritide vuole la propria Asp. «L’Azienda di Cosenza non assicura una gestione coerente»

Il sindaco Mundo e il «controsenso» dell’ospedale di Trebisacce. «Costava dieci milioni all’anno. Oggi sarebbe un risparmio per la Regione»

Pubblicato il: 10/01/2021 – 16:27
La Sibaritide vuole la propria Asp. «L’Azienda di Cosenza non assicura una gestione coerente»

di Giuseppe Luca Scaffidi
TREBISACCE
«L’ospedale di Trebisacce è il controsenso per antonomasia, un paradosso che accomuna tanto la politica regionale quanto il governo centrale». È con queste parole che il sindaco di Trebisacce, Franco Mundo, sintetizza la propria lettura dello stato dell’arte sul disastro sanitario che, da più di dieci anni, funesta il suo comune: «A fronte di due provvedimenti – nello specifico, una sentenza del Consiglio di Stato che dispone la riapertura della struttura e un decreto, il numero 64 del 2016, adottato dall’ex commissario ad acta Massimo Scura, che ha istituito l’ospedale di zona disagiata – non è possibile individuare un terzo organo che dia luogo alla loro attuazione: il paradosso sta proprio in questo».
Nella nebulosa di ordinaria follia che, da ormai troppi anni, rappresenta il vero e proprio tratto distintivo della sanità calabrese, il caso dell’ospedale di Trebisacce è connaturato da una schizofrenia e un autolesionismo tali da meritare un approfondimento a parte: «Quando funzionava nella sua piena di operatività, l’ospedale di Trebisacce costava dieci milioni all’anno: allo stadio attuale, continuerebbe a costituire, dal punto di vista del drenaggio e delle migrazioni sanitarie, un risparmio notevole per la regione Calabria. Questo inadempimento produce l’effetto di screditare le istituzioni e incentivare la sfiducia nei pubblici poteri: da otto anni combattiamo una battaglia contro l’irrazionalità».

L’ospedale di Trebisacce

Nella lista nera di Mundo non rientra soltanto l’«immobilismo» del Commissario ad acta Andrea Urbani, ma anche i limiti d’azione palesati dall’Asp di Cosenza, rea, a detta del primo cittadino, di non poter garantire un’adeguata operatività per un’area estesa come quella della Piana di Sibari, chiamata da troppi anni a rispondere alle esigenze di circa 60mila calabresi (cifra che d’estate finisce quasi per triplicare) in condizioni di estrema precarietà e perenne depauperamento di risorse: «Sono, da sempre, un sostenitore del decentramento delle funzioni politico-amministrative: accentrare la gestione della politica sanitaria è stato un errore. Gli ultimi mesi hanno dimostrato come l’Asp di Cosenza non sia in grado di assicurare una gestione unitaria coerente. Per questo motivo, in concerto con gli altri sindaci della zona, chiederemo l’istituzione di un’Asp con competenze sanitarie specifiche sull’area della Sibaritide».
A ben guardare, la triste vicenda del Guido Chidichimo rappresenta a tutti gli effetti un worst case scenario, il punto in cui i due assi cartesiani della malasanità autoctona – nello specifico, conflitti di attribuzione irrisolti tra poteri dello Stato da un lato e cattiva allocazione delle risorse dall’altro – si intersecano: un mosaico contorto di sentenze prive di attuazione, continui rimpalli di responsabilità e proclami pubblici vuoti, utili soltanto per lenire il malcontento dell’opinione pubblica e tamponare timidamente le fuoriuscite di un’emorragia esacerbata fino all’assurdo, resa ancora più estesa dalla circostanza che, per un piccolo comune come quello amministrato da Mundo, la chiusura della struttura non rappresenta soltanto un dramma sanitario, ma anche una tragedia dal punto di vista socio-economico: «L’ospedale genera ricchezza, attività, professionalità e lavoro. Per la nostra comunità è una presenza essenziale, capace di stimolare un indotto virtuoso».
Da questo punto di vista, il decentramento dei servizi sanitari potrebbe costituire una manna per un’area strategica come quella della Sibaritide, troppo spesso tratta alla stregua di provincia più lontana dell’Impero. (redazione@corrierecal.it)

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