Il vaccino, nelle sue oramai diverse produzioni e/o formulazioni, ha invaso le nostre giornate, meglio le nostre aspirazioni. Tutti non vediamo l’ora di porgere il braccio all’inoculazione assistita, per il momento garantita solo nei siti ospedalieri. Sembrano essere finalmente passate sottotraccia le resistenze dei no-vax, forse a causa delle naturali paure che incombono sulla popolazione planetaria, e le stupide sfide messe in atto, con punte di esagerazione Oltreoceano.
Comincia ad affacciarsi, al fine di conseguire il più presto possibile l’immunità di gregge, l’esigenza di imporlo per legge. Un modo per opporsi alle assurde resistenze in circolazione contro un virus che ha concretizzato nel mondo una carneficina dalle dimensioni sino a ieri inimmaginabili. Lo esigono il lavoro, l’economia, gli scambi sociali, che hanno costruito forti dipendenze da video e diradato i rapporti tradizionali, e soprattutto l’istruzione sino ad oggi emarginata nella incertezza didattica.
Occorre una rete che funzioni
L’esistenza del vaccino, attesa la sua non immediatamente sufficiente quantità in una ad una organizzazione non propriamente pronta ad un tale evento, richiede una efficiente situazione erogativa.
Nella pratica, servono: a monte, un decisore munito dei necessari poteri costituzionali e una capace regia distributiva e organizzativa; al centro un piano vaccinale; a valle, una corretta gradazione del target e una velocità somministrativa.
Quanto ai primi, toccherà una scelta dura, difficile, quella di scegliere chi privilegiare nella qualità di beneficiari e, di conseguenza, come distribuire la vaccinazione tra le fasce di popolazione, decidendo con questo anche della vita delle persone e dei luoghi da privilegiare.
In relazione agli altri due elementi (piano vaccinale e graduatoria dei destinatari), occorre sottolineare la loro natura esclusivamente organizzativa dalla quale, tuttavia, dipenderanno gli esiti di quanto stabilito dal decisore. Dovranno farlo attraverso il come, dove e quando allocare i vaccini e assicurare il servizio ai cittadini.
Il Piano nazionale vaccinale
La chiarezza ai nostri dubbi avrebbe dovuto trovare residenza nel Piano Strategico per la vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19, adottato in 13 pagine dal ministro Speranza, a mente del comma 457 della legge di Bilancio 2021 per contrastare l’epidemia attraverso un ricorso massiccio al vaccino. Uno strumento complesso – redatto dal Dicastero competente, il commissario Arcuri, l’Iss, l’Agenas e l’Aifa – presentato dal Ministro della Salute al Parlamento il 2 Dicembre 2020, con coeva informativa alla Conferenza Permanente Stato/Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano.
Come tutti gli atti programmatici disegna e pianifica le tappe di un percorso, in questo caso vitale, dal cui buon esito dipenderà l’esistenza delle persone, tendente per questo ad organizzare e coinvolgere sistemi erogativi regionali e comunità per conseguire il suo irrinunciabile intento.
Il documento pianificatorio contiene, pertanto:
– la previsione prospettica della disponibilità del vaccino per il 2021, suddivisa per trimestre e per produttore, tenendo conto degli intervenuti accordi preliminari di accaparramento perfezionati dall’Ue, più esattamente dalla Commissione europea;
– i criteri di definizione del target graduato in ragioni di opportunità equità, reciprocità, legittimità, protezione, promozione della salute e dell’auspicabile benessere. Elementi, questi, giustificativi del corretto privilegio assegnato agli operatori sanitari e sociosanitari, ai residenti nelle Rsa e relativo personale, agli ultraottantenni, per poi passare ai 60/79enni e ai soggetti con patologie e, quindi, agli insegnanti e al personale scolastico, agli appartenenti alle forze dell’ordine, il personale delle carceri e di quelli interagenti nelle comunità e così via.
Specificità del Piano governativo
A ben vedere, il Piano vaccinale nazionale rappresenta un importante atto politico-istituzionale di indirizzo per l’individuazione delle priorità, avente l’obiettivo di fornire le indicazioni e i dettagli per i servizi sanitari regionali perché gli stessi garantiscano sinergicamente nei loro territori di competenza, e dunque per somma nel Paese, la protezione antipandemica attraverso una campagna vaccinale, nonostante una loro penuria iniziale. Un handicap di accesso che certamente sarà superato successivamente con l’approccio progressivo al vaccino di almeno il 70% della popolazione, tanto da raggiungere l’auspicata immunità di gregge.
A parte la necessità o meno di doversi riferire un domani ad una vaccinazione obbligatoria – non affatto incompatibile con i valori di tutela costituzionali, art. 32 in primis, che consentirebbero l’obbligo di sottomissione al vaccino in considerazione della pericolosità del Sars-Covi 2 e il dovere del Paese in termini di profilassi internazionale – è appena il caso di accennare alla sua ineludibilità nel caso di un insuccesso del piano vaccinale in atto. Ciò perché il conseguimento dell’immunità di gregge consentirebbe ai cittadini di godere incondizionatamente dei diritti fondamentali delle persone e di fruire dei beni e servizi pubblici, a cominciare da quelli essenziali. Livelli essenziali di assistenza sociosanitaria, scuola, trasporti pubblici, tutela della salute delle forze dell’ordine e degli organi di giustizia, tanto da riprendere le funzioni di esercizio nelle forme ordinarie, sarebbero difatti solo un esempio degli obiettivi traguardabili con l’affievolimento progressivo dell’oppressione virale in atto, con conseguente salvaguardia della tenuta sociale e del sistema produttivo, altrimenti a rischio.
Ricadute attuative regionali
Per realizzare tutto questo occorre però che si realizzi, da subito, una puntuale sinergia dell’intervento pianificatorio delle Regioni e province autonome tutte tenute ad adottare strumenti programmatori anti Sars aggiornati per fasi progressive. Meglio, per step progressivi, sempre di più caratterizzati dalla esecutività attuativa.
L’attività di pianificazione a livello territoriale dovrà, dunque, essere essa elaborata, tenendo conto dei loro modelli organizzativi salutari esistenti e quelli presi a riferimento, dalla disponibilità fisica dei vaccini e dagli aspetti logistici dipendenti dalla difficoltà della catena del freddo.
Man mano che si passerà alla categoria di persone, diverse da quelle vincolanti perché godenti della naturale prelazione sull’intervento vaccinale, i Piani regionali dovranno essere bene e tempestivamente implementati, sia per essere raccordati con il Piano nazionale di vaccinazione, sempre in progress, che per la irrinunciabile esigenza sociale di tenere conto delle difficoltà orografiche che obbligheranno un intervento sempre di più centrifugo, mirato ad avvicinare le popolazioni periferiche l’indispensabile servizio di garantire loro il diritto di vaccinarsi.
Molte Regioni lo stanno già facendo, altre sono un po’ in ritardo, ma con tanta voglia di arrivare tra le prime al traguardo.
*docente Unical
x
x