LAMEZIA TERME Scuole aperte, scuole chiuse. La diatriba viaggia veloce anche fra i corridoi del Tribunale amministrativo regionale e del Consiglio di Stato. Organi che hanno rigettato, accogliendo il ricorso dei genitori, l’ordinanza di chiusura delle scuole calabresi, firmata dal presidente facente funzioni della Regione nei giorni scorsi.
Questo il tema affrontato nel talk “20.20”, condotto da Danilo Monteleone e Ugo Floro, andato in onda su L’altro Corriere Tv ieri sera. Ospiti in studio, Francesca Guzzo del comitato “Chiedo per i bambini” e Adele De Angelis del comitato “Genitori Responsabili”. Due esperienze diverse e di vedute, due filosofie di pensiero, entrambe sorte a Vibo Valentia.
«CHE FINE HANNO FATTO LE RISORSE PER LE SCUOLE?» «Ci siamo ritrovati a chiederci perché i nostri figli fossero trattati in maniera completamente differente rispetto al resto d’Italia, pur non essendoci presupposti e numeri così elevati della pandemia in corso». «Ci siamo chiesti – spiega Francesca Guzzo – perché piuttosto che chiudere la scuola non ci si sia preoccupati di metterla nelle condizioni più idonee per fronteggiare l’emergenza Covid. Ci siamo domandati per quale ragione, pur convivendo all’esterno con tutte le problematiche che il virus causa, ai nostri figli fosse preclusa la possibilità di andare a scuola. Il presidente Spirlì parla di 100 genitori? In realtà siamo molto di più nei vari comitati sorti spontaneamente, solo in Cib siamo oltre un centinaio». «E poi c’è una normativa nazionale che prevede che anche in zona rossa le scuole elementari e fino alla prima media debbano rimanere aperte. In Calabria avevano chiuso tutto, tranne gli asili – specifica la referente del comitato Chiedo per i bambini –. Se ci sono studi effettuati e direttive che sostengono il contrario, perché intervenire? Come mai da noi accade l’esatto opposto di quanto avviene in tutto il Paese? È perché – questi ancora i motivi che hanno spinto il comitato a presentare il ricorso al Tar contro l’ordinanza di Spirlì – le risorse per garantire l’incolumità dei nostri figli nelle scuola non si sa che fine abbiano fatto? Perché, piuttosto, non si investe nell’areazione?» Francesca Guzzo rivela anche che il Cib ha chiesto al presidente della Regione di verificare che ci siano i presupposti per la chiusura e solo dopo, eventualmente, di adottare questa linea. «Noi vogliamo che i nostri figli inizino a rifrequentare le scuole; giacché è possibile, non ci capacitiamo del perché le nostre non siano uniformate al resto d’Italia. A Vibo la soluzione al problema è stata quella di serrare gli ingressi degli istituti scolastici, anche quando non erano scoppiati focolai come quello di Piscopio». «Ci sono genitori che si lasciano condizionare dalla paura – conclude la rappresentante del Cib – e guardano alle cose con meno lucidità. Credo, invece, che sarebbe più produttivo concentrarsi su cosa si potrebbe fare e non sulla chiusura».
«NON DOBBIAMO RASSEGNARCI ALLA DAD» «La didattica a distanza non è uno strumento da attuare ad ogni costo – è, di contro, il pensiero di Adele De Angelis del comitato Genitori Responsabili – ma siamo convinti che possa servire perché non vi è alcuna garanzia di sicurezza. A Vibo, già prima di Natale erano state chiuse le scuole sentite l’Asp e i medici, dopo la crescita dei contagi e la perdita del tracciamento. Una riapertura si sarebbe potuto valutare se fossero state attuate tutte le raccomandazioni, cosa che peraltro è avvenuta, ma i casi nelle scuole si sono registrati ugualmente. E poi lo sviluppo pandemico non è omogeneo, sono scoppiati diversi contagi in provincia di Vibo ed è facile che si perda il controllo».
«Ci siamo costituiti in comitato qualche settimana fa, e da un gruppo WhatsApp ci siamo ritrovati sui social, per sensibilizzare le istituzioni. Abbiamo accolto con molto entusiasmo lo screening promosso dal sindaco. A livello regionale, invece, siamo in attesa di una convocazione del presidente Spirlì col quale abbiamo già interloquito».
«Cosa si può fare? Riaprire ma in tutta sicurezza – evidenzia ancora De Angelis – perché il nostro obiettivo non è quello di protrarre la didattica a distanza ad libitum, ma gli esperti dicono che dobbiamo rallentare il contagio. Certo, non dobbiamo rassegnarci alla Dad, ma essere grati ad uno strumento che in questa fase sta sopperendo alla chiusura delle scuole, può portare sollievo e aiutare i ragazzi rispetto ad una situazione eccezionale, comunque mutata rispetto a marzo scorso. Adesso ci sono i vaccini, bisogna accelerare l’immunità così da poter riprendere la vita normale. Ma come suggerisce il professor Ricciardi, abbiamo bisogno di un mese di lockdown totale perché il contagio galoppa».
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