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«De Magistris? Un corpo estraneo alla Calabria. E a Napoli ha governato male»

Il docente di Storia contemporanea Paolo Macry analizza il “fenomeno” dell’ex pm in politica. «Ha anticipato il populismo del Movimento Cinquestelle, è quello il suo marchio. Ora cerca di capire co…

Pubblicato il: 15/01/2021 – 6:55
«De Magistris? Un corpo estraneo alla Calabria. E a Napoli ha governato male»

LAMEZIA TERME Paolo Macry non si nasconde. Lo storico di origini calabresi, docente dell’Università di Napoli, spiega subito che il suo giudizio giudizio sulle capacità amministrative di Luigi de Magistris è «molto negativo: ormai è un’opinione di tutta la città o quasi tutta la città». Dopo dieci anni da sindaco («è la sinistra ad averli sulla “coscienza”), l’ex pm di Catanzaro pare proiettato verso la candidatura a governatore della Calabria. Macry, da acuto osservatore delle cose della politica, si dice «sinceramente stupito» dalla prospettiva, anche perché «guidare una città è, come noto, cosa molto diversa dal governo di una Regione. Sono istituzioni profondamente differenti, che hanno un rapporto molto diverso con la cittadinanza. Implicano politiche e competenze molto diverse». Il caso di Antonio Bassolino è esemplare: «È stato uno dei sindaci più apprezzati del dopoguerra, ma non è stato altrettanto efficace come presidente di Regione. Questa cosa vale ancora di più per de Magistris, che non ha esperienze di questo tipo di amministrazione alle spalle: non so cosa saprà fare».
Di sicuro «arriva in Calabria come un corpo estraneo alla storia della regione: certo, ha avuto delle esperienze professionali in Calabria ma non sono state le più commendevoli, questo dicono le cronache. Ha operato sul territorio ma non mi pare in modo particolarmente valoroso». La sua discesa in campo si presta a una lettura semplice: «Lui, come tanti, cerca sempre di capire cosa farà da grande; in questo caso ha trovato una collocazione, o se non altro una prospettiva di collocazione».
La storia della “nascita” di de Magistris come sindaco di Napoli è, per Macry, «il risultato dell’harakiri fatto dalla sinistra, che ha portato alla sua elezione a sorpresa». Questo anche se non si arrivava da «esperienze nel complesso negativo, anche quella della stessa Rosa Russo Jervolino». Ma nel capoluogo campano «la sinistra si suicidò, fece delle primarie poi smentite dalla segreteria romana, insomma fece un sacco di pasticci. E questo creò un personaggio politico che politico non era».

Non certo una meteora, però. Anzi, per certi versi il precursore di una tendenza. «De Magistris, per certi versi, anticipa il populismo italiano, perché è il primo personaggio “vistoso” che nasce con forte vocazione anti-estabilishment, anti-sistema. Nasce dagli studi di Michele Santoro, viene reso popolare dalla televisione. Da lì prende il via e dall’inizio – ci ricordiamo le immagini con la bandana difronte al popolo che lo aveva appena eletto – nasce con questa vocazione di tipo populistico: è il suo marchio». In questo senso non va «preso sotto gamba: non dico che abbia inventato lui il populismo italiano ma è tra le personalità pubbliche che lo hanno mostrato, messo in atto, prima dei Cinquestelle».
C’è, poi, la fascinazione tutta calabrese per il “Papa staniero”: che sia politico o commissario poco cambia. Macry ne conviene: «È vero, in altre regioni meridionali c’è invece una caratterizzazione identitaria – la pugliesità, la sicilianità – così forte che ci sarebbe una grande diffidenza se qualcuno venisse da fuori. È successo anche a Napoli: de Magistris vinse contro il prefetto Morcone che era un personaggio che viveva a Roma e non aveva radici cittadine e fu visto come un corpo estraneo, suscitò grande diffidenza. A Napoli a nessuno viene in mente di proporre un nome non rigidamente napoletano. Per la Calabria c’è questa specie di gap culturale. Io a volte ho fastidio per l’idea che città e regioni siano trattate come mondi chiusi, ma direi che la Calabria rischia di essere il caso opposto». Insomma, «è singolare che una regione debba avere candidatura esterne, commissari da fuori. Non perché si debba fare l’elogio delle periferie ma perché è fisiologico, è stato sempre così: per il governo locale ci sono forze locali chiamate a esprimere candidature. La Calabria delle storie e un ceto politico li ha avuti. È come se queste cose fossero un po’ evaporate negli ultimi anni».
Così come la capacità della sinistra di non far passare certe scelte. «Tra le sue scelte che a me paiono molto opinabili – spiega Macrì – ha questo rapporto con fenomeni di populismo: ad esempio al governo di Roma, nei governi regionali – in Campania meno: De Luca non ha bisogno dei populisti, lo fa lui il populista». E certe candidature «appaiono opinabili, non sulla base dei pregiudizi ma dell’esperienza. Perché de Magistris ha governato per dieci anni, mica uno. È un serio errore strategico. Che possa essere lui a voler fare il presidente della Calabria lo posso capire. Che possa trovare degli appoggi politici organizzati la dice lunga, invece, non su de Magistris ma sulle forze politiche organizzate».

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