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«Alla Calabria non servono simboli o "commissari" ma solo una politica migliore»

di Sergio Campanella*

Pubblicato il: 16/01/2021 – 7:16
«Alla Calabria non servono simboli o "commissari" ma solo una politica migliore»

Sergio Campanella

Non c’è un problema di “territorialità” del sindaco uscente di Napoli. Il problema è ciò che una candidatura di De Magistris rappresenta ed il messaggio che restituisce soprattutto a chi, in questa regione, fa politica, si impegna, ma resta ai margini delle decisioni politiche.
A cadere in piedi, da queste parti, è sempre chi è sul proscenio da molti anni e rappresenta potentati economici, familiari o affaristici. L’alternativa ai quali è solo il papa nero. Che, peraltro, finisce per essere un’alternativa apparente. Ma io credo che la Calabria, anche nelle sue articolazioni territoriali, debba essere tenuta alla larga da “commissari”, categoria alla quale una candidatura come quella di De Magistris dovrebbe essere ascritta.
Mi piacerebbe si capisse che l’alternativa ai personaggi che ci sono stati finora, alla concezione asfittica e autoreferenziale nella quale la politica calabrese langue da un trentennio, non sono i supereroi (ammesso che esistano) o i giustizieri (ammesso che esistano), ma ciò che emergerebbe se solo si garantisse il naturale dispiegarsi della dialettica politica, se solo ci fosse agibilità democratica e si lavorasse un po’ a crearla.
Ho la sensazione che, per calcolo o per pigrizia (a voler essere ingenui), l’atteggiamento sia improntato ad un sostanziale disinteresse per un cambio radicale di passo che, viceversa, rappresenta l’unica speranza per una regione che ha visto crescere esponenzialmente il potere ed il conseguente monopolio politico di alcune famiglie e di alcune persone a queste molto ben legate, serrando a doppia mandata le porte a chi, a queste latitudini, ha magari capacità e voglia di spendersi senza sottostare a decisioni assunte non esattamente in obbedienza al criterio della “cosa più giusta” e, sempre magari, esprime una qualche competenza.
Invece continuiamo ad essere una terra dove la gente viene per fare scambi economici, baratti, affari di ogni genere, proponendo simboli consunti di una legalità che molta gente di questa terra non disconosce affatto, che vede e pratica quotidianamente.
Da queste parti c’è bisogno, invece, di una politica migliore.
Non è di simboli o di commissari che ha bisogno la Calabria per arrivare finalmente al ricambio radicale del quale ha bisogno, ma di avere la garanzia che si azzeri il quadro esistente e che si riparta dalle forze migliori, quelle che non hanno concorso allo stato attuale delle cose e che, tuttavia, hanno voglia e “fiato” per mettersi in gioco. Basterebbe semplicemente garantire la normalità, ammesso che interessi a qualcuno (a parte Giletti, per le sue piazzate indegne) cosa succede in Calabria.
Finché chi ha la responsabilità di fare politica in Italia (perché è una responsabilità) non capirà che si deve mettere mano al tessuto culturale di questa terra esattamente ripartendo dalle cose sane che ci sono, dalla gente volenterosa che non ha (ancora) stretto patti col demonio per trovarsi una collocazione e che vuole assumersi anche la responsabilità di dimostrare che esiste un’altra Calabria (fuor di retorica), accettando il rischio che ciò possa tradursi in una iniziale (e fisiologica) flessione dei consensi alle elezioni, ma dimostrando di avere voltato radicalmente (e realmente) pagina, allora vedo con molta difficoltà l’uscita dal tunnel.
Finché i commissari dei partiti che li subiscono (evidentemente per loro incapacità di uscire da quei meccanismi) verranno qui in Calabria facendo finta di coinvolgere le forze sane ma finendo per fare, al solito, soltanto operazioni di facciata per poi decidere che le decisioni politiche tocca assumerle altrove, insieme ai soliti quattro, si seguiranno sempre e solamente strade che portano al mantenimento di questo stato di cose.
Finora si vedono solo proposte funzionali alla logica gattopardiana del “bisogna che tutto cambi perché nulla cambi”, (come quella della candidatura di De Magistris), che non soltanto introducono l’idea (sbagliata) che per risollevare questa regione e farle recuperare credibilità nello scacchiere nazionale ci vuole uno “di fuori”, simbolo (consunto) di una legalità statica, non aggiornata all’esito dei processi rumorosi, che hanno fatto cadere governi. Come se non ci fosse nessun altro in Calabria se non Tizio, Caio, Sempronio e Mevia, ma addirittura finiscono per favorire il mantenimento degli equilibri odierni, alzando un grande paravento dietro il quale continuerebbe ad agitarsi tutto il parterre esistente, attendendo solo di poter riprendere il posto momentaneamente destinato al “forestiero”, messo lì come il fumo negli occhi del popolo ancora una volta umiliato.
Del resto, l’esperienza vista con la candidatura di Callipo non è troppo dissimile da questo schema…
Io non mi voglio arrendere a tutto questo e dico di no a De Magistris e a chi lo propina (senza avere il coraggio di proporlo), sfidando i partiti a fare di più sul terreno del rinnovamento e a costruire le basi reali per cambiare passo, insieme alle persone (tante, tantissime) che non ne possono più di tutto questo e tutti questi.

*avvocato

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