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«Il tradimento del Sud è servito»

di Orlandino Greco*

Pubblicato il: 16/01/2021 – 16:09
«Il tradimento del Sud è servito»

La legge di Bilancio appena approvata ha smascherato, senza essercene bisogno, la natura nordista del governo giallo rosso. Fra le misure previste per il Sud, oltre agli ormai consueti bonus e incentivi per l’imprenditoria, l’estensione della decontribuzione al 2029, si parla finalmente di perequazione infrastrutturale.
Tutto nella norma, se a ciò non facesse seguito uno stanziamento di euro zero per l’anno 2021 e di 100 milioni di euro nel 2022, e così via fino al 2033. Cifre irrisorie, non solo se si osservano le condizioni di partenza dei nostri territori a scarsa capacità fiscale per abitante, a maggior ragione dopo gli ulteriori danni prodotti dalla pandemia, ma anche perché figlie di un’impianto di ragionamento totalmente sballato: il Governo si è dato tempo fino a Giugno 2021 per effettuare una ricognizione della situazione infrastrutturale e dei fabbisogni rispetto ai riferimenti standard. Un’assurdità!
Basti pensare che i Livelli Essenziali di Prestazione (LEP), nonostante previsti dall’articolo 117 della Costituzione, tutt’oggi non sono ancora stati calcolati, senza assicurare uniformità di servizi ai cittadini di Bologna come di Napoli, di Milano come di Cosenza, specialmente negli ambiti di istruzione-formazione, sociale e sanità con la determinazione dei fabbisogni standard vincolata ancora alla spesa storica e con la deduzione che se i comuni del sud nel tempo non avevano aperto gli asili nido o istituito il servizio di trasporto scolastico o pubblico vuol dire che non gli serviva e non gli serve.
Ergo: un bambino che nasce a Vibo Valentia non avrà la possibilità di iscriversi ad un asilo, o di usufruire di servizi pubblici come invece potrà fare un coetaneo lombardo o veneto.
Lo diciamo ormai da tempo che il problema competitivo italiano sta nell’iniqua distribuzione di risorse tra Nord e Sud del Paese in termini di infrastrutture e spesa sociale per scuole e sanità, perché sottraendo 61 miliardi di Euro all’anno negli ultimi 10 anni al Sud per finanziare le opere infrastrutturali del Nord, si è ridotto il reddito pro-capite complessivo e si è rinunciato ad una dimensione nazionale di mercato interno.
Basterebbero tre scelte fondamentali:
1) superare il concetto della spesa storica, riferendosi alla capacità fiscale dei territori e togliendo risorse a chi ne ha di più e destinandole a chi ha di meno, attuando finalmente la parificazione dei diritti di cittadinanza sancita dalla Costituzione in materia di scuola, sanità, mobilità e infrastrutture.
2) Attuare la perequazione infrastrutturale, affinché gli investimenti pubblici infrastrutturali si facciano finalmente al Sud e le imprese delocalizzino qui impianti e ricerca.
3) Ricalcolare i fabbisogni standard di riferimento per una giusta ripartizione delle risorse.
Dare un’occhiata ai rapporti SVIMEZ degli ultimi anni, servirebbe per avere contezza di questa drammatica realtà, evitando ulteriori procrastinanti perdite di tempo, scongiurando i conflitti sociali e l’aumento della forbice tra i cittadini diventati ricchi con i soldi degli altri.
Allora bisogna dire basta all’ipocrita e dannosa logica che pianifica assistenza per il Sud, mentre per il Nord soldi e cantieri. Logiche che danno l’idea dell’ennesima beffa, dell’ennesimo impianto assistenzialistico che non risolve le questioni di fondo: abbiamo bisogno di una grande stagione di interventi straordinari, oggi e non domani, per la ripresa del Mezzogiorno e per la salvezza dell’intero Paese.
*Italia del Meridione

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