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Recovery Plan, la levata di scudi della politica calabrese

Si infiamma il dibattito nella regione, con interventi critici nei confronti del governo. Parlano i senatori Caligiuri e Magorno, il presidente di Palazzo Campanella Arruzzolo e e il consigliere re…

Pubblicato il: 16/01/2021 – 11:56
Recovery Plan, la levata di scudi della politica calabrese

Si infiamma nella politica calabrese il dibattito sul Recovery Plan e le sue ricadute in Calabria, con numerosi interventi dai toni essenzialmente critici rispetto alla decisione del governo.
MAGORNO «È il momento di fare squadra e attivare ogni strumento possibile per colmare questo gravissimo vuoto di memoria che ha subito la Calabria nel Recovery plan», sostiene il senatore di Italia Viva Ernesto Magorno per il quale «il fatto che siano spariti investimenti cruciali per l’alta velocità, per la rete portuale e in particolare per l’hub di Gioia Tauro, l’assenza di ogni minima progettualità per la rete infrastrutturale e logistica della nostra regione non può essere accettata. Ho già annunciato che, in assenza di dovute correzioni, come già fatto con il decreto Calabria sono intenzionato a non votare il piano. Ora – prosegue il parlamentare renziano – credo che non solo debbano scendere in campo tutti i parlamentari calabresi ma anche le altre articolazioni istituzionali, a partire dall’Anci. L’associazione dei Comuni ben sa quanto questa dimenticanza senza precedenti possa complicare la vita dei calabresi e impedirci di consegnare alla “next generation” calabrese qualcosa di concreto che vada oltre le inutili dichiarazioni d’intenti. Molti sindaci hanno già fatto sentire la propria voce di protesta. Credo che un intervento vigoroso da parte dell’Anci possa essere determinante per dare concretezza a una battaglia di giustizia e di verità finalizzata a riscattare il destino della nostra terra che, evidentemente nei piani del Governo, può essere condannata all’irrilevanza, ignorando però – conclude Magorno – che senza il traino del Sud il nostro Paese continuerà ad arretrare rispetto all’Europa ed al resto del mondo».
CALIGIURI «Dispiace apprendere che, nelle 172 pagine del Piano nazionale di ripresa e resilienza elaborato dal Governo, non ci sia spazio per la ripartenza della Calabria», dichiara a sua volta la senatrice di Forza Italia Fulvia Michela Caligiuri. «Certamente – aggiunge la parlamentare azzurra – le aspettative riguardo ai progetti destinati al Sud attuati da questa esperienza di Governo non erano altissime, proprio in virtù della poca rilevanza che il Mezzogiorno ha assunto nel dibattito politico della maggioranza, ma la Calabria ha bisogno di sostegno, soprattutto a seguito di questa crisi pandemica che ha aggravato le condizione della nostra economia. In tal senso, il Recovery Fund costituisce un importante volano di crescita ma, a tal fine, è necessaria una fattiva programmazione in materia di infrastrutture, collegamenti ad alta velocità con il resto d’Italia, sistema sanitario, opportunità lavorative per fermare la continua emorragia di brillanti giovani laureati nelle nostre eccellenti Università costretti a lasciare la Calabria e non poter far ritorno, nonché alla valorizzazione del nostro patrimonio naturale anche attraverso l’uso di finanziamenti finalizzati alla prevenzione del dissesto idrogeologico”. “Non farlo – sostiene ancora la senatrice Caligiuri – condannerebbe la Regione Calabria, terra dotata di enormi risorse, ad un ulteriore declino economico cui si andrà incontro per i prossimi decenni con conseguenze irrimediabili di cui questo Governo porterà il peso della responsabilità verso i miei concittadini calabresi».
ARRUZZOLO «Considero iniqua verso il Mezzogiorno e la Calabria la ripartizione dei fondi previsti dal recovery plan predisposto dal Governo», dichiara  il presidente del Consiglio regionale Giovanni Arruzzolo (Forza Italia). «I timori manifestati da molti governatori del Sud, già all’inizio di dicembre, alla luce dei fatti si stanno dimostrando fondati – commenta Arruzzolo – Basti pensare, una fra tutte, che è sparita da ogni prospettiva statale la realizzazione dell’Alta Velocità ferroviaria da Salerno fino a Reggio Calabria. Nel piano predisposto dal Governo Conte si parla di velocizzazione della linea. Per non parlare, poi, del Porto terminal container di Gioia Tauro, escluso dal piano a discapito dei porti transhipment di Genova e Trieste, definiti “nodi strategici” nei traffici da e per il medio-estremo Oriente, cui sono stati assegnati, rispettivamente, 500 e 400 mln di euro. I 209 miliardi che l’Europa ha destinato all’Italia, per rilanciare il Paese e l’economia dopo la pandemia da covid-19, hanno come fine principale – ricorda il presidente Arruzzolo – quello di riequilibrare l’Italia nelle infrastrutture, nei trasporti, nei collegamenti ferroviari e stradali, nell’ammodernamento della Pubblica Amministrazione, nel potenziamento dell’assistenza sanitaria nei territori, nella costruzione di nuovi ospedali, e nel colmare il cosiddetto “digital-divide”, lavoro per i giovani, secondo una logica di coesione nazionale che è nelle stesse intenzioni del fondo europeo.  Nulla di tutto questo sembra, invece, profilarsi all’orizzonte – commenta Arruzzolo – La logica di questo Governo, in crisi e al momento senza alcun sostegno parlamentare per governare, è stata quella di mettere insieme fondi del recovery plan e fondi europei ordinari, dimenticando che i 209 miliardi assegnati all’Italia, la cifra più alta assegnata ad un Paese europeo, è relativa alla presenza della più forte sperequazione territoriale d’Europa, quella, appunto, tra il Nord ed il Sud”.
“Si è scelto, invece – evidenzia il Presidente del Consiglio regionale – secondo la bozza discussa in questi giorni a palazzo Chigi, di dimezzare la quota destinata al Mezzogiorno, fissata ora al 34%, considerando come base della ripartizione nazionale la sola percentuale della popolazione. È ovvio, che questa nuova ripartizione vada a tutto vantaggio del Centro-Nord. È una prospettiva – conclude il presidente Giovanni Arruzzolo – che non intendiamo assolutamente accettare, perché andrà, come al solito a sostenere le aree più attrezzate del Paese, aumentando, di conseguenza quel divario che già pesa alla Calabria ed all’intero Mezzogiorno».
FRANCESCO PITARO Interviene anche il capogruppo del Misto alla Regione, Francesco Pitaro: «Lascia l’amaro in bocca la sparizione, d’emblée, dell’Alta velocità ferroviaria e del Porto di Gioia Tauro dal Recovery Plan approvato dal Governo. Naturalmente, la programmazione dei 220 miliardi di euro dovrà essere discussa, confrontata con le parti sociali e approvata dal Parlamento prima di finire a Bruxelles. E però questo primo inizio – aggiunge Pitaro – non può che allarmare. Svela la persistenza di una scarsa volontà politica e culturale delle Istituzioni nazionali ad utilizzare le risorse anche per rimuovere il divario di sviluppo Nord-Sud nel rispetto del principio dell’addizionalità raccomandato dall’Europa. E, al contempo, segnala il ritardo della Calabria nella capacità di aprire un forte, partecipato e intenso dibattito pubblico su questo fondamentale dossier che dovrà servire a metterla al passo col resto del Paese. È un ritardo che può (deve!) essere ancora recuperato – sottolinea Pitaro – superando l’autoreferenzialità della Regione nella gestione di questa chance non ordinaria ma storica per il Mezzogiorno. Perché solo con il coinvolgendo di tutte le forze politiche, maggioranza ed opposizione (e sarebbe opportuno un Consiglio regionale ad ok per discutere del Next Generation Ue), degli attori dello sviluppo, i Comuni, l’Università e le istanze più rappresentative della società civile, si potrà esercitare – sulla base di una progettualità complessiva elaborata anche con il sussidio delle tante competenze tecniche di cui disponiamo – la necessaria pressione politica e sociale, affinché il trasversale vizio italiano di discriminare il Sud e la Calabria nelle scelte di politica economica cessi una volta per tutte». Pitaro conclude: «Se la Calabria subisce senza reagire l’abilità delle aree forti del Paese, lobby e interessi consolidati ad accaparrarsi magna pars degli oltre 220 miliardi del Recovery Fund e la nota propensione a dividersi al suo interno, che è una delle cause del suo ritardo di sviluppo, rischia di perdere l’opportunità di riscatto che l’Europa ci offre. Non possiamo consentirlo».

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