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«Familismo anche nella gestione dei vaccini»

di Franco Scrima*

Pubblicato il: 18/01/2021 – 10:32
«Familismo anche nella gestione dei vaccini»

La “scarpetta”, come per una pietanza gustosa, è stata riservata agli amici; solo che questa volta si trattava di vaccino anti Covid-19. Anche in Calabria alcune dosi che sarebbero “avanzate”, sono state “riciclate” tra amici e parenti, così chi ne avrebbe avuto necessità dovrà attendere un altro turno.
La “giustificazione” debole, per non definirla peggio, è stata data dal direttore sanitario dell’ospedale spoke di Paola-Cetraro che, incastrato dalle indagini delle forze dell’ordine, ha dichiarato che «piuttosto che disfarsene» aveva preferito chiamare persone di sua conoscenza. Purtroppo per lui, è risaputo che ogni fiala (quelle Pfizer) contiene un po’ più di prodotto rispetto a quello necessario per le cinque somministrazioni, ma che il liquido che rimane non può essere “mixato” con il contenuto di altri flaconi. Come è stato possibile, dunque, vaccinare parenti e amici? Da dove è stata prelevata la quantità necessaria per completare le dosi?
Il “Comitato tecnico scientifico” sul punto è stato categorico: la quantità necessaria per vaccinare una persona non può essere ricavata mischiando il contenuto di altri flaconi. E questo ai medici dovrebbe essere noto! Sicché cosa è avvenuto in quegli ambulatori? Attraverso quale meccanismo è stato possibile racimolare le dosi da iniettare ai parenti e agli amici?
L’episodio calabrese fa il paio con quanto accaduto in alcuni ospedali del Nord. Lì sarebbero state buttate delle dosi perché gli impiegati dei nosocomi non si sarebbero presentati. Per ingoiare questa “verità” bisognerebbe accettare il racconto che la fiala sarebbe stata aperta e il liquido aspirato nella siringa senza che il paziente fosse presente nell’ambulatorio. La giustificazione sembra debole in quanto è normale che le fiale si aprono quando il paziente è presente in ambulatorio e non prima.
Trattandosi, inoltre, di un prodotto delicato e facilmente deperibile, va trattato con la massima cura. Forse è stato questo a far decidere di fare andare per tempo in ospedale gli amici ed i parenti.
Si può mai pensare che in tale serietà e correttezza, la Calabria non potesse risparmiarsi un coinvolgimento? E, infatti, in provincia di Cosenza quel direttore sanitario è stato sospeso dal servizio e denunciato per avere somministrato il vaccino ad alcuni amici. Vicenda simile a quanto accaduto a Modena dove sarebbero stati vaccinati i parenti di un medico al posto dei sanitari della struttura. In questo caso la giustificazione è stata peggiore dell’accaduto: essendo avanzate sei dosi di vaccino, sarebbero stati chiamati parenti e amici piuttosto che buttarle. Ma perché eliminarle se i flaconcini erano chiusi e conservati, come raccomandato, in frigorifero? Episodi che dimostrano che al danno segue sempre la beffa: come si fa ad aprire sei fiale (sei, non una) e soltanto dopo accorgersi che non c’erano i pazienti da vaccinare?
*giornalista

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