di Giorgio Curcio
REGGIO CALABRIA Incassato il sostegno elettorale e la vittoria, il neo eletto sindaco di Rosarno nel 2016, Giuseppe Idà – scrivono gli inquirenti – si allontana (almeno in apparenza) dai soggetti legati al clan Pisano per cucirsi l’immagine di “paladino della legalità”, più volte offuscata nel corso della campagna elettorale. È quanto emerge dalla carte dell’inchiesta “Faust” che, questa mattina, ha portato al fermo di 49 persone, tra le quali proprio il sindaco di Rosarno.
IL PALADINO DELLA LEGALITA’ Idà – secondo gli inquirenti – una volta eletto inizia così a disconoscere i “Diavoli” e le altre cosche come i Pesce, assumendo un atteggiamento quasi da opportunista, lasciando molto perplesso lo stesso Francesco Pisano. «Ah senti, questo fa finta che non mi vede qua il Sindaco a me, per quale motivo? Non l’ho capito io» confessa in una telefonata intercettata dagli inquirenti al nipote. Una tesi che trova fondamento nelle preoccupazioni manifestate da Idà che teme quasi di essere notato da Pisano. In una circostanza, tra l’altro, aveva fatto finta di non vederlo. «Quelli mi vedono che passo di là e mi devo fermare per forza.. ma c’erano i “diavoli” davanti? Mi ha visto?» domanda nel corso di una telefonata ad un uomo.
L’ARRESTO DEL LATITANTE PESCE Ancora più emblematico e significativo l’allontanamento di Idà dai clan che lo hanno sostenuto, in occasione dell’arresto del latitante Marcello Pesce “u ballerrinu” avvenuto il primo dicembre del 2016. «Esprimo a nome della Città sentimenti di profonda gratitudine alle Forze dell’ordine per la brillante operazione eseguita» questo il messaggio divulgato da Idà e cha ha scatenato la reazione di Carmine Pesce “u sardignolo” (arrestato questa mattina nel blitz “Faust”) che, in un dialogo con Francesco Pisano, ha minacciato di rivelare su Facebook di essersi prodigato lui stesso nella raccolta di voti in favore del sindaco neo-eletto. «Grazie a Carmelo Pesce che gli abbiamo raccolto i voti… ho detto, lo faccio andare sotto inchiesta e in due minuti, lo buttano fuori». I due poi – è scritto fra le carte dell’inchiesta – commentano l’atteggiamento di Idà dopo la sua elezione «”malanova” ha, ho detto, ma guarda che brutto cambio».
LA CENA PER FARE PACE «Una cena io tu Ciccio e Mimmo…eh che voglio voglio voglio vedermi con Ciccio…e mi scuso che non l’ho chiamato». Sarebbe stato proprio Giuseppe Idà, racconta in una intercettazione del 10 giugno 2016 Letterio Rositano allo zio Francesco Pisano, a chiedere un incontro a cena per fare “pace” insieme a Domenico Scriva. Il 22 giugno successivo è Francesco Arruzzolo (fratello di Gianni ed entrambi non indagati nell’inchiesta) a chiamare Francesco Pisano pregandolo di andare a casa sua, dove si trovavano già Vincenzo Idà e il figlio Giuseppe. La conferma dell’incontro arriva due giorni dopo in un’altra intercettazione captata dagli inquirenti tra Mimmo Scriva e ancora il nipote di Pisano, Letterio Rositano.
L’ASSESSORATO DELLE DISCORDIA I due interlocutori commentano il nuovo atteggiamento assunto dai loro alleati politici, sottolineando e censurando il mancato rispetto degli accordi legati alla nomina di Scriva ad assessore ai lavori pubblici, così come prevedevano gli impegni assunti nel corso della campagna elettorale e che ha portato proprio alla vittoria di Giuseppe Idà. Secondo gli inquirenti, la paura del neo eletto sindaco Idà era legata alla vicinanza a soggetti intranei alle consorterie mafiose e le possibili ripercussioni sull’immagine della città, della sua amministrazione con il conseguente rischio di un possibile scioglimento del consiglio comunale.
«Mimmo è un povero frustrato che è nelle mani, ispirato, da quei, da quei, “Diavoli”, da Letterio e da Ciccio Pisano capito?» dirà in una intercettazione ascoltata dagli inquirenti. «L’abbiamo votato e poi questo qua si fa strumentalizzare da gentaglia, tipo Letterio Rositano».
LA STRATEGIA OCCULTA Ancora più significativa è poi la conversazione captata dagli investigatori tra lo stesso Scriva e, all’epoca dei fatti, il nuovo assessore comunale, Caterina La Torre. Secondo la donna, infatti, Scriva avrebbe dovuto rinfacciare al sindaco, davanti a tutti, gli accordi precedentemente assunti con i Pisano e da cui il primo cittadino pretendeva, una volta eletto, di prendere invece le distanze. «E le cose erano in un’altra maniera? o te li sei dimenticate?…quando hai fatto i patti con quella gente…e ti sta bene!…e stava bene!…e ti sta bene!…» dice La Torre allo stesso Scriva che si difende così: «determinate cose…determinate cose non glieli posso… nooo determinate cose non glieli posso dire davanti a tutti», lasciando sottintendere, secondo gli inquirenti, l’esistenza di una strategia occulta che non poteva essere svelata. (redazione@corrierecal.it)
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