di Alessia Truzzolillo
CATANZARO Si è avvalso della facoltà di non rispondere Antonio Gallo alias “Principino”, 40 anni, imprenditore di Sellia Marina arrestato giovedì scorso nell’ambito dell’operazione antimafia “Basso profilo” coordinata dalla Dda di Catanzaro. È lui, secondo l’accusa il trait d’union di una associazione a delinquere della quale farebbero parte anche l’assessore regionale al Bilancio Francesco Talarico (finito agli arresti domiciliari) e il segretario nazionale (indagato e dimessosi dopo l’operazione) dell’Udc Lorenzo Cesa.
Gallo è accusato di associazione mafiosa con le cosche di Cutro nella quale farebbero parte, tra gli altri, il boss Nicolino Grande Aracri, Giovanni Trapasso, Alfonso Mannolo, Antonio Santo Bagnato (giudicati separatamente). Secondo l’accusa Gallo, difeso dall’avvocato Piero Mancuso, «fungeva da riferimento operativo delle organizzazioni ‘ndranghetistiche insistenti nell’area geografica di Sellia Marina, Catanzaro, Botricello, Mesoraca, Roccabernarda, Cutro e Cirò marina; in particolare, forte del legame tra gli altri con Mario Donato Ferrazzo del locale di Mesoraca, Domenico Megna del locale di Papanice, dei maggiorenti delle cosche cirotane, di Antonio Santo Bagnato del locale di Roccabernarda, avvalendosi della sua intraprendenza imprenditoriale e veicolando parte dei proventi alle cosche, gestiva in regime di sostanziale monopolio la fornitura di prodotti antinfortunistici alle imprese che eseguivano appalti privati nei territori del settore jonico catanzarese, si procacciava appalti con enti pubblici anche attraverso il potere intimidatorio derivante dal vincolo associativo, curava la gestione di società fittizie – nelle quali figuravano prestanomi a lui legati – create al precipuo scopo di incamerare illeciti profitti mediante condotte decettive ai danni dell’Erario e degli enti previdenziali (società nelle quali venivano impiegati dipendenti indicati dalle cosche), si interfacciava con personaggi politici ai quali prometteva pacchetti di voti in cambio di favori per sé, e per altri sia in territorio della provincia catanzarese che in altre realtà territoriali». Nella figura di Gallo è sintetizzato il cuore dell’inchiesta della Dda di Catanzaro.
Scena muta anche per Umberto Gigliotta, 38 anni, difeso dall’avvocato Maurizio Belmonte, accusato di associazione per delinquere aggravata dal metodo mafioso. Gigliotti è accusato di associazione per delinquere aggravata dal metodo mafioso. Secondo la Dda «creava società fittizie preponendo soci e amministratori privi di alcuna capacità reddituale e privi di patrimonio passibile di escussione, società sprovviste di compagine aziendale e di sede reale, al fine di impedire di risalire al reale gestore; attraverso le suddette società, emetteva fatture per operazioni inesistenti nei confronti di società reali al fine di permettere loro di creare costi d’impresa fittizi, assicurando a sé un indebito risparmio fiscale; apriva conti correnti postali e bancari, a nome di società fittizie e di prestanome nullatenenti, con i quali otteneva degli affidamenti che subito monetizzava attraverso prelievi, eludendo qualsivoglia azione esecutiva volta a recuperare i crediti maturati; nonché finanziamenti per l’acquisto di beni di lusso, di cui si appropriava». (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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