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«La Calabria che dovrebbe guardare dentro di sé»

di Albino Tommasoni

Pubblicato il: 24/01/2021 – 11:33
«La Calabria che dovrebbe guardare dentro di sé»

La Calabria non si può recuperare. Tutti l’abbiamo detto al bar, dal parrucchiere, all’Ufficio ticket e al Pronto soccorso. Augias l’ha dichiarato in televisione e giù con le critiche, via all’orgoglio identitario più deciso ed aggregante. Che però dorme, latita quando l’erede di Luigi delle Bicocche ci rammenta la nostra incapacità di sconfiggere i cattivi, ci regala la sua candidatura e ricorda le vacanze calabresi da ragazzino; immaginiamo pure di paletta, castelli sulla sabbia e salvagente a paperella. Lì muti, a ricevere la lezione e benedizione dell’unico eroe calabrese (iure Catacii), tolto il nemico giurato dei pasticcieri della torta e del glucosio regionale, cioè il custode di quel «Tesoro Calabria» che non c’entra col “cinese” Occhiuto né col gotico Alarico.
La storia della linea del Crati si ripete: «non passa lo straniero», dal cantante romano di «In questo mondo di ladri» fino all’autore, oriundo francese, di «Breviario per un confuso presente», quell’Augias troppo serioso che rispondeva al «telefono giallo», anche sull’indimenticato mistero di Ustica.
Le arringhe calabresi contro il dotto ex parlamentare europeo Corrado Augias si sono susseguite davanti alla notizia – trascurata – dell’arresto, per presunti rapporti con le cosche, di un giovane reggino che stava nella squadra del commissario all’Emergenza, in cui peraltro si occupava della gestione dei presìdi contro il Covid. È l’effetto della psicologia del digitale, che amplifica le emozioni, condiziona il giudizio collettivo e inverte l’ordine delle priorità. Del resto, un saggio di questa speciale lettura (politica) della realtà ce l’aveva già fornito il presidente ff Nino Spirlì, secondo cui gli annunciati problemi di consegna delle fiale Pfizer favoriranno la Calabria nella campagna vaccinale.
Non c’è da stupirsi, perciò, davanti al commento e al silenzio generale sui fatti di Calabria. Per esempio, chi si chiede i motivi che spinsero l’odierna commissaria dell’Azienda ospedaliera di Cosenza, Isabella Mastrobuono, a rinunciare alla direzione dell’ospedale di Catanzaro dopo la nomina formale dello scorso luglio? La dissuase l’urbanistica oppure il clima del capoluogo della regione? Ormai sappiamo che Catanzaro non entusiasmò la moglie dell’ex rettore Gaudio e che tra i forestieri la città anima indubitabilmente lo «spirto guerrier», scandirebbe Nicola Morra, di Luigi de Magistris, che pure da lì fu cacciato e allontanato, secondo il racconto dell’ex pm.
In Calabria si perde in un baleno il principio del «terzo escluso», formulato nella «Metafisica» di Aristotele. Si dilegua in un attimo come il narratore di «Autogrill», il brano di Guccini che descrive l’incompiuto umano e trova compendio nel finale di un altro suo capolavoro, «Scirocco», che potrebbe essere un richiamo per tutta la politica 2.0: di palazzo del potere e di piazza virtuale, calabrese e d’altra provenienza. E allora: «Soffiasse davvero quel vento di scirocco, e arrivasse ogni giorno per spingerci a guardare dietro la faccia abusata delle cose, nei labirinti oscuri delle case, dietro lo specchio segreto di ogni viso, dentro di noi».

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