Riceviamo e pubblichiamo da Antonio Belcastro, referente per l’emergenza Covid in Calabria.
In relazione all’articolo del professore Domenico Marino, apparso sul Corriere della Calabria il 25 gennaio 2021, è opportuno fornire alcune precisazioni, alla luce dell’autorevolezza dell’autore e della testata e al fine di non ingenerare nei lettori e nella popolazione, errate convinzioni o dubbi sulla correttezza dei dati pubblicati nel bollettino regionale.
In tal senso deve essere preliminarmente evidenziato che il riscontro di casi Covid-19 confermati nel cosiddetto setting migranti, vista la peculiarità dell’evento non ascrivibile a focolai interni alla regione e tenuto conto del fatto che i soggetti interessati, sin dallo sbarco, sono presi in carico dalle Autorità e posti in isolamento, non è oggetto di analisi nell’ambito del monitoraggio settimanale eseguito a cura dell’ISS e del Ministero della Salute; anzi è stato oggetto di stralcio nel calcolo dell’Rt.
Pertanto, in nessun modo la quota (seppur minima) dei 93 soggetti del setting migranti può incidere sul calcolo dell’Rt che, come noto, è una stima della distribuzione a posteriori dei casi sintomatici (o ospedalizzati) tramite uno specifico algoritmo, riferito ai 13 giorni precedenti la data di analisi.
Tutt’al più, il dato cumulativo dei casi confermati (inclusi anche quelli del setting migranti) contribuisce al calcolo dell’incidenza cumulativa per 100.000 abitanti che, però, alla data in cui la Calabria fu inserita nella cosiddetta “zona rossa” rimaneva comunque il più basso d’Italia, assumendo valore pari a 166,73, così come i più bassi d’Italia erano i valori dell’incidenza a 7 e 14 giorni (settimana 19/10 -25/10) rispettivamente pari a 20,52 e 42,92.
E’ oltremodo vero che in Italia la classificazione del rischio si basa su 21 indicatori, prevalentemente “di processo” e che in Europa, al momento della messa in zona rossa della Calabria, venivano invece tenuti in considerazione gli indirizzi del massimo organo Europeo in materia, ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control) sui criteri – non di stima, ma di dati effettivi – dai quali deve desumersi una situazione epidemiologica “preoccupante”.
Sulla base degli indicatori considerati dal Centro Europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie, quali, ad esempio, “Nuovi CASI CONFERMATI PER 100.000 abitanti negli ultimi 14 giorni”, “PERCENTUALE DI CASI CONFERMATI sui soggetti sottoposti a test negli ultimi 14 giorni” o “DECESSI CON COVID-19 PER MILIONE DI ABITANTI” diversi da quelli considerati di allerta in Italia, la Calabria era effettivamente classificata la Regione con la situazione COVID-19 migliore in Italia alla data del 3 novembre 2020; per i decessi addirittura al di sotto della soglia di allerta fissata da ECDC.
Fermo restando, dunque, che i 93 casi del setting migranti – attualmente risultanti in isolamento nel bollettino regionale – non essendo nuovi casi confermati negli ultimi 30 giorni, non incidono sostanzialmente su nessuno dei dati di monitoraggio di questi giorni e saranno inseriti tra i “guariti” o tra i “non rilevabili al follow up perché trasferiti” nel momento in cui le Aziende Sanitarie Provinciali ne formalizzeranno la collocazione finale.
Peraltro, anche grazie alle misure adottate a livello regionale, integrative delle disposizioni nazionali, il valore di Rt della scorsa settimana nel suo intervallo di confidenza minore era già risultato al di sotto del valore 1 con classificazione di rischio bassa e situazione compatibile con uno scenario di tipo 1; gli altri indicatori di monitoraggio settimanale registrano un trend in miglioramento, che potrebbe portare la Regione in zona gialla, pur non dovendosi ritenere superabili le rigorose misure di prevenzione, distanziamento e igiene ad ogni livello.
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