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Tribunale di Rossano, la pietra tombale di Bonafede: «Ci vuole una legge dello Stato»

Il guardasigilli risponde ad interrogazione della deputata grillina Scutellà dopo sette mesi: «Sarebbe realizzabile solo a seguito della proposizione di una specifica iniziativa legislativa». L’uni…

Pubblicato il: 25/01/2021 – 8:29
Tribunale di Rossano, la pietra tombale di Bonafede: «Ci vuole una legge dello Stato»

di Luca Latella
CORIGLIANO ROSSANO Nulla di nuovo sotto il sole. Se mai ce ne fosse stato bisogno il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ha sostanzialmente seppellito ogni qualunque altra speranza di poter riaprire il tribunale di Rossano, e quindi di istituirne uno tutto nuovo, magari nel cuore di Corigliano Rossano.
Il guardasigilli nelle scorse ore ha risposto ad una interrogazione a risposta scritta presentata dalla deputata del Movimento Cinque Stelle, Elisa Scutellà – presentata lo scorso 17 giugno 2020, “appena” sette mesi or sono – che tra l’altro se n’è ben guardata dal darne notizia. Eppure in estate aveva accennato alla presentazione dell’interrogazione, concludendo con un bel «se non ora, quando?»
Nulla quaestio, perché l’attività dei deputati della Repubblica è pubblica e pubblicata sul sito della Camera. Sui motivi per i quali la Scutellà, fino ad oggi – almeno – abbia mantenuto il riserbo sulla questione è facile intuirlo. Non vi è dubbio che sarebbe stato un gran colpo, qualora quel Bonafede che da deputato aveva pubblicamente difeso il tribunale di Rossano, avesse alimentato una qualunque flebile aspettativa da sventolare magari durante la prossima campagna elettorale. Sarà.
Quel che la rappresentate pentastellata – che si ritrova a Montecitorio senza aver mai fatto politica prima – ha chiesto al ministro della Giustizia è «se intenda valutare l’adozione di iniziative per il ripristino del tribunale di Rossano e pertanto della necessità di un presidio di giustizia efficiente che possa garantire finalmente ai cittadini facile accesso alla giustizia».
Fra le premesse, la Scutellà aveva rammentato al suo ministro tutta una serie di luoghi ormai comuni, tra cui la città da 80mila abitanti, la distanza da Castrovillari, il parere della Commissione giustizia del 2012 secondo cui Rossano non era da sopprimere, i carichi di lavoro, che lo stesso Bonafede aveva firmato nel 2012 una disposizione integrativa al decreto legislativo col quale riteneva che “il tribunale di Rossano non deve essere soppresso in ragione del tasso di impatto della criminalità organizzata e il decreto legislativo n. 155 del 2012, inspiegabilmente ha accorpato Rossano a Castrovillari…”. Ma aveva anche citato le dichiarazioni del procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, rilasciate l’11 giugno 2020 durante un’audizione in Commissione parlamentare antimafia (qui la notizia).
Nella risposta, dopo aver ricostruito tutto l’iter della determinazione assunta, Bonafede osserva che «essendo la materia oggetto di riserva di legge, l’eventuale ripristino del tribunale presso la sede di Corigliano-Rossano (comune istituito dalla legge della regione Calabria del 2 febbraio 2018, n. 2 e derivante dalla fusione dei comuni di Corigliano Calabro e Rossano) sarebbe realizzabile solo a seguito della proposizione di una specifica iniziativa legislativa, anche nella forma di delega al Governo, che contempli la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari in genere e, nel caso in esame, degli uffici di primo grado in particolare, la cui approvazione, pertanto, risulta attratta nell’alveo della dialettica parlamentare». Quella stessa dialettica parlamentare in cui non sembrano essere entrati i cinque parlamentari del territorio.
L’unico spiraglio che Bonafede fa intravedere è quello dei cosiddetti “uffici di prossimità”, il cui progetto è in corso dal 2018 e che prevedono «la dislocazione in tutte le regioni di punti di contatto e di accesso al sistema giudiziario, per ricevere informazioni relative ai procedimenti giudiziari, inviare atti telematici, ritirare comunicazioni, notificazioni, ricevere consulenza ed aiuto, soprattutto nell’ambito della volontaria giurisdizione».
Insomma, se con cinque parlamentari rappresentanti delle forze di governo non si è riusciti a smuovere di un solo grado la montagna da scalare è facilmente intuibile come il tribunale per il territorio di Corigliano Rossano e la “difficile” Sibaritide, sia e rimarrà una chimera. (l.latella@corrierecal.it)
Qui l’intero incartamento

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