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I nuovi poveri della pandemia e «il rischio che gli aiuti arrivino dalla 'ndrangheta»

Il rischio di impoverimento sociale nella nostra regione non riguarda solo le fasce notoriamente più deboli ma anche i lavoratori più colpiti dal lockdown ed esclusi dagli aiuti. Le analisi, le pau…

Pubblicato il: 28/01/2021 – 6:56
I nuovi poveri della pandemia e «il rischio che gli aiuti arrivino dalla 'ndrangheta»

di Anna Colistra
CATANZARO
L’inizio di un nuovo anno è sempre accompagnato da nuove domande. La particolarità di quello appena iniziato è che la maggior parte dei punti interrogativi che assillano ognuno di noi, in Calabria, nel territorio nazionale, o dall’altra parte del mondo, sono molto simili tra loro, se non addirittura gli stessi. Quando si condivide una crisi a livello globale, accade che si compartecipa allo stesso stato di incertezza, si guarda alla realtà con uno sguardo comune e ci si prefigura una serie di scenari e possibilità. Uno dei temi più sentiti con cui si apre il 2021, e dal quale è necessario partire per pensare a delle previsioni, è: quali saranno gli effetti socio-economici degli alternati lockdown? Si può già discutere di nuovi poveri? E di quali fasce sociali fanno parte? Ne hanno parlato al Corriere della Calabria don Giacomo Panizza, referente regionale di “Alleanza contro la Povertà”; don Nino Pangallo, delegato regionale di Caritas Calabria e Angela Branca responsabile dell’Emporio solidale di Reggio Calabria.

Don Giacomo Panizza

PANIZZA: «IL RISCHIO È CHE GLI AIUTI ARRIVINO DALLA ‘NDRANGHETA» «Per capire le conseguenze della crisi economica cominciata nel 2020 bisogna aspettare il prossimo 31 marzo, data in cui finirà la copertura finanziaria per la cassa integrazione». Arriva subito al punto, don Giacomo Panizza, portavoce regionale di “Alleanza contro la povertà”, il tavolo nazionale permanente che si occupa della lotta all’indigenza estrema. «Quella che l’Istat definisce povertà assoluta, e che una volta veniva chiamata semplicemente “miseria”, è il baricentro del nostro operato, – afferma il portavoce della Calabria – noi collaboriamo con gli organi istituzionali come le Regioni e i Comuni, per pianificare degli interventi mirati che contrastino l’avanzare del fenomeno». In questo senso una delle misure più importanti prese dalla Regione Calabria nel 2020 è stata lo stanziamento di un milione di euro per il Banco alimentare, in seguito all’aumento di circa il 40% delle richieste da parte delle famiglie. Di fronte a questo dato secondo Panizza è facile pensare che «più persone che vivono in condizioni di povertà relativa cadranno nella povertà estrema nei prossimi mesi». Dipendenti, commercianti, ristoratori: coloro che finora, nonostante le difficoltà, sono riusciti a rimanere autosufficienti dal punto di vista economico, adesso rischiano di perdere quell’equilibrio già precario su cui poggiavano i loro nuclei familiari. «Se la vita lavorativa non riprenderà il ritmo e la produttività che aveva prima della pandemia, cominceranno a farsi avanti i problemi per la questione abitativa, per l’istruzione, per la salute e inevitabilmente per i diritti sociali». Aumentano i bisogni in Calabria, come evidenzia il referente di “Alleanza contro le povertà”, e le risposte che meritano non stanno arrivando in fretta. «Il rischio più grande – dichiara Panizza – è che i primi ad offrire le risorse per ripartire, a quelle categorie che sono state escluse dai decreti del governo, saranno le organizzazioni mafiose, per questo motivo bisogna pianificare delle misure nell’immediato». «Bisogna tenere conto, inoltre, – ha continuato Panizza – che la forma di indigenza più diffusa in Calabria è la “povertà civile”: le persone non possono usufruire dei servizi di cui avrebbero diritto, e il tema, in questo caso, non è soltanto la salute, ma i trasporti, l’educazione, la vita sociale, la cultura e lo sport». Secondo Panizza una società che si impoverisce non sta danneggiando solo il suo tessuto economico, ma al tempo stesso sta compromettendo tutti gli aspetti della sua «vita di cittadinanza».

PANGALLO: «NON POSSIAMO SOSTITUIRCI ALLE ISTITUZIONI» «La piccola economia presente in Calabria – e purtroppo in molti casi si parla di lavoro nero – è bloccata, stenta a ripartire e potrà subire ulteriori colpi nel prossimo futuro». A parlare è don Nino Pangallo, delegato regionale Caritas: «È evidente che le richieste che abbiamo avuto da marzo in poi, nelle diocesi e nei centri di ascolto, sono aumentate di molto, ma notiamo anche un leggero rallentamento negli ultimi due mesi, merito dei sussidi governativi, come i buoni alimentari, il reddito di emergenza e di cittadinanza». Il lavoro che le Caritas svolgono sui territori non riguarda solo l’assistenza per i bisogni primari, ma interessa anche la tutela dei diritti.
Don Nino Pangallo

«Per garantire il diritto al lavoro, ad esempio, in alcuni casi le Caritas hanno messo a disposizione dei fondi per le “borse lavoro”, facilitando alcuni soggetti, che per qualche mese sono riusciti ad avere un’occupazione retribuita, senza gravare sulle tasche degli imprenditori». Molti centri d’ascolto in tutta la regione, inoltre, hanno attivato il servizio di advocacy, per l’accompagnamento nelle richieste per il reddito di cittadinanza o di altre simili misure. Le Caritas sono state vicine alle famiglie che avevano difficoltà con la Dad, sostenendo i ragazzi e fornendogli quando possibile gli strumenti adeguati per lo studio, come racconta il delegato. «Un altro servizio che ci è sembrato importante attivare – afferma Pangallo – è stato una risposta alla povertà sanitaria. Le Caritas si sono organizzate per far avere tamponi, screening e visite mediche di base a persone che non potevano permetterseli». Sono stati effettuati, dunque, interventi di prevenzione del contagio, di tutela della salute e di attenzione alla persona. «Se un senza fissa dimora si rivolge a un pronto soccorso rischia di stare lì ore prima di avere attenzioni, così abbiamo preferito aiutarli noi in modo più sicuro – ha concluso Pangallo – coscienti del fatto che il nostro lavoro non può sostituire quello delle istituzioni».

L’EMPORIO SOLIDALE COME LUOGO D’ACCOGLIENZA «Generalmente a noi si rivolgono le persone che hanno perso il lavoro, e da marzo in poi abbiamo accolto le richieste di: badanti, liberi professionisti, rappresentanti, lavoratori dell’edilizia e camerieri. Spesso si è trattato di persone con figli a carico, con età media 40/50 anni, la maggior parte italiani, direi circa il 70%». A dichiararlo è Angela Branca responsabile dell’Emporio solidale di Reggio Calabria, uno dei pochi empori in tutta la regione, nato otto anni fa e sostenuto da fondazioni, associazioni, donazioni di privati e dalle Caritas.
Angela Branca

«L’emporio funziona come un supermercato, le famiglie scelgono i prodotti che vogliono e li portano a casa a costo zero. Abbiamo beni di prima necessità, la maggior parte a km zero. Questo perché riceviamo spesso delle donazioni da parte dei produttori locali. Una cosa che non avviene con le catene dei supermercati, dove, invece, acquistiamo gli articoli per l’infanzia e tutti gli altri prodotti che non riceviamo in altro modo». L’emporio è un luogo fondamentale per fronteggiare i primi effetti di una crisi, ma è anche un luogo di ascolto: «Il nostro non è un lavoro ma una missione, aiutare materialmente e moralmente chi non sa a chi rivolgersi e vede in noi un “approdo” per mandare avanti la famiglia e allo stesso tempo un sostegno per trovare la forza di rimettersi in gioco».

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