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"Sistema Rende", Principe: «La mia città ha sviluppato gli anticorpi contro il malaffare»

Questa mattina, al Tribunale di Cosenza, si è tenuto l’esame di due degli imputati nel procedimento che mira a far luce su presunti intrecci tra alcuni politici ed esponenti del clan Lanzino-Ruà. P…

Pubblicato il: 29/01/2021 – 16:07
"Sistema Rende", Principe: «La mia città ha sviluppato gli anticorpi contro il malaffare»

di Fabio Benincasa
COSENZA
Sandro Principe sale da solo e documenti in mano le scale del palazzo di giustizia di Cosenza. Il processo “Sistema Rende” procede e si avvia a conclusione. Questa mattina, dinanzi al presidente del collegio Claudia Pingitore si è tenuto l’esame di due degli imputati nel procedimento che mira a far luce su presunti intrecci tra alcuni politici ed esponenti del clan Lanzino-Ruà. Oltre a Principe presente in aula con i suoi legali (Franco Sammarco, Paolo Sammarco, Anna Spada) anche Umberto Bernaudo (difeso dall’avvocato Francesco Calabrò): entrambi hanno deciso di sottoporsi all’esame. Scelta diversa invece per gli altri due soggetti coinvolti nel procedimento, Pietro Ruffolo e Giuseppe Gagliardi. Il pm Pierapolo Bruni ha incalzato Principe sulle presunte ingerenze della criminalità organizzata nella vita amministrativa rendese sia nel periodo in cui lo stesso Principe era sindaco, sia quando a ricoprire la carica di primo cittadino era Umberto Bernaudo.
«Ingerenza è un termine inappropriato», puntualizza stizzito l’ex sindaco e assessore regionale rispondendo a una delle tante domande poste in oltre due ore e mezza di discussione da Bruni, oggi procuratore capo a Paola ma all’epoca pm della Dda di Catanzaro che firmò l’inchiesta. «La città di Rende ha sviluppato gli anticorpi necessari a combattere il malaffare – ha continuato – il mio ufficio era meta costante di pellegrinaggio da parte delle forze dell’ordine con cui dialogavo senza alcun problema». Ed anche sui possibili «consigli o indirizzi politici» rivolti all’amministrazione Bernaudo, durante il suo periodo lontano dalla città, Principe risponde sicuro: «Non davo nessun tipo di direttiva rivolta alle scelte amministrative, mi limitavo – in occasione di pubbliche manifestazioni – a fornire alcuni consigli ai compagni di partito. Non ero responsabile degli atti amministrativi».
LA COOP RENDE 2000 Il controesame di Bruni si sposta poi sull’analisi dei presunti rapporti tra l’ex primo cittadino e alcuni lavoratori della cooperativa rendese responsabile della nettezza urbana che sarebbero legati alla criminalità organizzata. «Rende 2000 – sostiene Principe – veniva finanziata con fondi di bilancio comunali per un importo annuo complessivo pari a circa 1,8 milioni di euro. Si tratta – precisa – di una cooperativa di tipo B che consente di avvalersi della prestazione lavorativa di persone svantaggiate al fine di inserirle nel mondo del lavoro». E dunque anche di soggetti condannati ammessi a misure alternative alla detenzione. Nella coop trovarono posto Michele Di Puppo, assolto nello stesso procedimento e ritenuto dagli inquirenti appartenente alla cosca Lanzino-Ruà, ed Ettore Lanzino, ritenuto al vertice dell’omonima cosca. «Non so come siano stati assunti Michele Di Puppo ed Ettore Lanzino, non conoscevo nessuno dei due – risponde Principe –. Di Lanzino seppi di più solo quando appresi dai giornali le notizie che lo riguardavano e rimasi esterrefatto nel leggere alcuni articoli». «Se dice di non averlo mai conosciuto perché ha avuto quella reazione?», chiede Bruni. «La reazione è stata successiva alla lettura dell’articolo e non precedente, ribatte Principe». «Questa gente – chiosa l’ex sindaco – è lontanissima da me».
ADOLFO D’AMBROSIO «D’Ambrosio mi raccontò di aver ottenuto in gestione il bar dell’area mercatale di Rende. Gli davano i voti e facevano “salire” (termine indicato come sinonimo di eleggere) chi decidevano loro». Questa la confessione che il pentito Adolfo Foggetti rese nel mese di giugno 2020 quando venne chiamato a testimoniare nel processo “Sistema Rende”. Oggi, a distanza di mesi da quella dichiarazione, il pm Bruni rivolge a Sandro Principe una domanda precisa: «Conosce Adolfo D’ambrosio?». L’ex sindaco risponde partendo dal racconto della famiglia D’Ambrosio «storicamente legata al partito socialista». «Lo zio di Adolfo – sottolinea Principe – era uno dei compagni più attivi». Bruni, ci riprova: «Dunque lo conosce?». E Principe risponde «penso di averlo incontrato una sola volta e per una ventina di secondi ma in quell’occasione non sapevo fosse lui», sicuramente – precisa – «non sapevo fosse un soggetto vicino alla criminalità organizzata». «In quei venti secondi ricorda di cosa avete discusso?», insiste Bruni. L’ex sindaco è lapidario: «Come posso ricordare?». Il pressing del pm su quel presunto e breve incontro suscita la reazione dell’avvocato di Sandro Principe, Franco Sammarco, che si rivolge al giudice sottolineando i continui riferimenti del procuratore ad un «fatto già raccontato dal suo assistito e ampiamente discusso».
UMBERTO BERNAUDO L’avvocato ed ex sindaco di Rende Umberto Bernaudo anticipa le domande del pm Bruni dichiarando di soffrire di un disturbo all’udito e chiedendo ai presenti di alzare – quanto possibile – il tono della voce durante la discussione. Bruni, si limita a una sola domanda: «Conosce Michele Di Stefano?». Bernaudo risponde asserendo di aver avuto a che fare con il soggetto indicato dal pm in occasione «dell’organizzazione a Rende di un motor show». «Di Stefano, mi pare fosse una sorta di factotum dell’organizzazione che si occupava della realizzazione dell’evento».
Il processo “Sistema Rende” continua. Il giudice Claudia Pingitore ha fissato la prossima udienza il 12 marzo per eventuali richieste art. 507 ed una eventuale seconda udienza il prossimo 26 marzo quando potrebbero essere ascoltati eventuali nuovi testi. (redazione@corrierecal.it)

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