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CONTRIBUTO

«In ricordo dell’avvocato Mazzone»

Un mese fa ci lasciava all’improvviso Antonio Mazzone.Lo avevo conosciuto poco più di tre anni fa nel suo studio di Locri: mi resi subito conto che ero di fronte ad una persona e ad un professioni…

Pubblicato il: 02/02/2021 – 8:14
di Franco Giampà*
«In ricordo dell’avvocato Mazzone»

Un mese fa ci lasciava all’improvviso Antonio Mazzone.
Lo avevo conosciuto poco più di tre anni fa nel suo studio di Locri: mi resi subito conto che ero di fronte ad una persona e ad un professionista straordinario. In lui la cultura giuridica e la strategia processuale si integravano in maniera armonica. Nonostante il disallineamento di “forze” tra accusa e difesa soprattutto nella fase delle indagini egli non “operava” di rimessa e non era solito inseguire i tempi delle indagini e del processo, ma li dettava con una lucidità disarmante. Vedeva chiaramente quello che altri neanche potevano minimamente immaginare. Ne è scaturito un rapporto professionale e personale intensissimo fatto di tanti incontri e di lunghe telefonate.
Da avvocato ha seguito molti tra i più importanti processi dai notevoli risvolti mediatici e le persone coinvolte ne hanno tratteggiato qui la professionalità e la sua umanità . Ha difeso la parte civile nel processo conseguente all’omicidio del Vice Presidente del Consiglio Regionale Francesco Fortugno; ha difeso l’imprenditore Antonio De Masi contro le banche e contro la criminalità organizzata; difendeva Mimmo Lucano in un processo che è prettamente politico e mediatico; difese nel processo relativo ai noti fatti di Duisburg l’unico imputato, tra i tanti, che venne assolto e per i quali fu chiesta la condanna all’ergastolo; ma l’elenco sarebbe infinito. Ciò nonostante egli non si è mai messo in mostra, mai un’intervista o anche solo un comunicato stampa. Quello che voleva dire lo scriveva e i suoi articoli venivano pubblicati, eccome, sulle più importanti testate nazionali e sulle riviste specializzate.
Sulla riforma della prescrizione che più di un anno fa vide l’Avvocatura impegnata in un’importante iniziativa di contrasto scrisse un articolo che fu capace di orientare il dibattito sulla necessità del rispetto delle disposizioni costituzionali ( art.111, 1 comma ) e della Convenzione Europea sui diritti dell’Uomo – c.d. CEDU(art.6, comma 1). Temi da cui non si poteva prescindere mettendo così in difficoltà un legislatore apparentemente neofita e parte di una magistratura evidentemente alla ricerca di facili scorciatoie alla soluzione dei problemi della giustizia.
La crisi di quest’ultima lo preoccupava seriamente ed anche qui c’era arrivato prima. Aveva ampiamente previsto i termini e le modalità con cui sarebbe poi effettivamente e clamorosamente deflagrata ad opera di una insistente e diffusa attività di intercettazione e di indagine. Era, però, anche convinto che la Magistratura al suo interno avesse ancora gli anticorpi per farvi fronte e superarla.
Allo stesso modo lo preoccupavano i rapporti tra la politica e la magistratura di cui ha scritto nel suo ultimo contributo pubblicato postumo. Si poneva seriamente il problema del limite allo sconfinamento del potere giudiziario rispetto a quello politico. Riteneva che l’abrogazione dell’immunità parlamentare e della necessità dell’autorizzazione a procedere avesse comportato uno sbilanciamento tra poteri che andava compensata. E come al solito forniva proposte e spunti di intervento normativo.
I suoi scritti sono pieni di proposte di riforme della legislazione vigente e tra le tante che ha sostenuto, vi è quella dell’introduzione di disposizioni che ponessero un limite temporale al Pubblico Ministero, una volta spirato il termine massimo di indagine, di esercitare l’azione penale o di richiedere l’archiviazione. Cosa che poi effettivamente avvenne con la legge n.103 del 2017 che ha introdotto il comma 3 bis, all’articolo 407 del codice di procedura penale. Una norma di evidente civiltà giuridica e avversata da una parte di Pubblici Ministeri.
Aveva modo di trasmettere il suo pensiero insegnando presso le istituzioni accademiche più prestigiose e tra queste la Scuola di Perfezionamento per le Forze di Polizia e partecipando a dibattiti e conferenze in tutta Italia. Per tale attività i compensi e i rimborsi li donava alle fondazioni e alle associazioni per i figli delle vittime del dovere.
Con intelligenza riusciva ad influenzare il dibattito sui temi giuridici di maggior interesse e dai rilevanti risvolti politici. Lo faceva con umiltà e discrezione, ma pienamente consapevole della sua autorevolezza.
Lo faceva da Locri e dalla Calabria, senza clamore. E questa “terra” dovrebbe avere maggiore riconoscimento per chi decide di rimanervi ed è costretto quotidianamente a scontrarsi con le difficoltà e le sue contraddizioni.
E Antonio Mazzone è stato senz’altro una delle espressioni più autenticamente “nobili” di questa nostra regione.

*avvocato

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