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IL CONTRIBUTO

«Anche la scuola è divenuta strumento di lotta politica»

La scuola strumento di lotta politica? La Calabria non si fa mancare nulla e, pur di schierarsi contro il Governo dimissionario che è, come ha dimostrato, per la ripresa delle lezioni in presenza,…

Pubblicato il: 03/02/2021 – 10:32
di Franco Scrima*
«Anche la scuola è divenuta strumento di lotta politica»

La scuola strumento di lotta politica? La Calabria non si fa mancare nulla e, pur di schierarsi contro il Governo dimissionario che è, come ha dimostrato, per la ripresa delle lezioni in presenza, ha emanato, a firma del presidente facente funzione della Giunta regionale, Nino Spirlì (perfettamente inglobato nella Lega di Salvini), un’ordinanza sui generis: si possono scegliere le lezioni in presenza oppure le “dad” acronimo di didattica a distanza. L’iniziativa del Presidente della Regione facente funzioni, ha innescato una serie di perplessità di chi ha dimestichezza con la Scuola: Presidi e rappresentanze di genitori l’hanno bocciata.  
Così, come sempre accade, rimangono le sterili polemiche consumate sulla pelle dei docenti, delle famiglie e soprattutto degli studenti. C’è da ritenere che di tutto questo ai politici importi poco o nulla; anzi è come se si corroborassero quasi a renderli intraprendenti.
Dura, com’era prevedibile che fosse, la reazione dei presidi che parlano di “sgomento” e di “amarezza” nel constatare come il lavoro serio e professionale dei docenti e dei dirigenti scolastici ancora una volta sia calpestato dalla politica e da alcuni organi di governo locale.
L’ordinanza di Spirlì – è stato osservato – getta nel caos la scuola secondaria della Calabria e compromette la stabilità dell’organizzazione e dell’offerta formativa.
I Presidi sperano in un ripensamento di Spirlì, che faccia un passo indietro per consentire agli alunni di tornare in classe perché le scuole sono attrezzate e sicure.
In una nota anche le famiglie hanno reagito duramente alla delibera presidenziale e si fa presente che il ricorso alla didattica digitale a distanza «equivale ad escludere dal diritto costituzionale dell’istruzione larghe fasce di studenti, in particolare di coloro che vivono in aree interne che non hanno la possibilità di godere di una copertura stabile di internet e, ancora peggio, di chi proviene da famiglie disagiate che non dispongono di idonei strumenti informatici per la didattica a distanza».
Per non parlare del sospetto che aprire o chiudere la Scuola sia diventata più una disputa tra parti politiche, che una esigenza sanitaria. Il sospetto nasce dalla constatazione che ogniqualvolta si appalesa la possibilità di un ritorno alla didattica in presenza alcune regioni, e tra queste la Calabria, puntualmente decidono in difformità.
Alimentando la sfiducia nelle istituzioni non si fa altro che indebolire il sistema. Quelle regioni che cavalcano pedissequamente ciò che altri dettano strumentalmente e che possono mettere persino a rischio l’unità del Paese, si facciano portatrici di iniziative serie senza fare gli ambasciatori della propaganda sovranista di Salvini e di Orban. La Scuola è fonte insostituibile di cultura e non può essere strumentalizzata politicamente! 
Insistere significa dare l’impressione di una regione smembrata, dove tutto può essere messo “in caciara”. Il costituzionalista Francesco Pallante sostiene che la norma per evitarla esiste   ed è contenuta nell’art. 120 della “Carta”. Essa pone limiti ai poteri degli enti locali, fornendo garanzie ai cittadini nei casi di salute e rischi di illegalità.
D’altronde, che la politica attraversi un periodo di grave debolezza, assestandosi su parametri bassi, è sotto gli occhi di “tutti”, a cominciare dalla credibilità dei partiti che, stando a taluni fatti recenti, appare assai compromessa. Ma questi “tutti” continuiamo a comportarci in modo approssimativo, considerando spesso la politica più come un sistema per risolvere problemi personali che come mezzo regolatore della vita sociale. Le responsabilità sono di tutti, degli elettori che non riescono a costruire un quadro politico capace di rispondere ai problemi della società; dei partiti politici che spesso confezionano liste e candidature inadeguate, che rendono sempre più distante la “politica” dal sentire dei cittadini fino a far loro dimenticare che la selezione va considerata come una responsabilità di interesse sociale. E, invece, questo andrebbe avvertito da ciascuno come un dovere specie al momento del voto. La delega politica non può essere ridotta ad un nullaosta per il mandato tout court, ma va considerata come un servizio reso alla collettività.  
*giornalista

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