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«Il valore del capitale umano nella PA»

La fotografia della VI edizione del Report annuale del Forum sulla PA restituisce da un lato un’immagine di una pubblica amministrazione che ha affrontato con competenza e con la giusta capacità r…

Pubblicato il: 04/02/2021 – 19:35
di GIUSY RAFFAELE
«Il valore del capitale umano nella PA»

La fotografia della VI edizione del Report annuale del Forum sulla PA restituisce da un lato un’immagine di una pubblica amministrazione che ha affrontato con competenza e con la giusta capacità reattiva l’esperienza della pandemia, ma che presenta ancora troppe lacune e problematiche da affrontare e risolvere in vista del ruolo centrale che è chiamata a ricoprire nell’ambito del pacchetto “Next generation UE”. Parole d’ordine: meno burocrazia, acquisizione di personale (con un’attenzione particolare alle politiche di reclutamento che tengano conto della nuova modalità organizzativa del lavoro agile), competenze (che significa soprattutto capacità di collocare le persone nel posto giusto), spinta alla digitalizzazione (troppo spesso invocata ma praticata poco e male, basta pensare al problema della comunicazione delle piattaforme digitali del settore pubblico) ed alla semplificazione delle procedure. Nel cambiamento della pubblica amministrazione è fondamentale la fase di reclutamento del personale che prenda le mosse da una verifica dei fabbisogni reali dell’amministrazione per poi individuare le giuste competenze tecniche che tengano conto delle potenzialità e delle  motivazioni personali ed approdare al profilo da ricercare. Se si vuole migliorare l’efficienza della PA bisogna necessariamente investire nelle competenze dei dipendenti pubblici, senza trascurare il ruolo strategico della classe dirigenziale sia sotto il profilo umano che di capacità di gestione dei processi di innovazione organizzativa finalizzati alla semplificazione dell’attività amministrativa. Una dirigenza pubblica in grado di soddisfare le esigenze di tutti i potenziali stakeholders e quindi di esercitare responsabilmente il  ruolo di datore di lavoro nei confronti dei propri collaboratori. Nel report un focus di approfondimento è dedicato ai temi del lavoro pubblico, competenze, programmazione europea, sanità, politiche per le cittàprocurement e trasformazione digitale.

Lavoro

I dipendenti pubblici italiani sono 3,2 milioni, con un’età media di 50,7 anni, di cui il 16,9% over 60. Il numero di pensionati sta per raggiungere quello degli impiegati: al 1°gennaio 2020 erano circa 3 milioni e destinati a salire, con 540.000 dipendenti pubblici che avevano compiuto 62 anni e 198mila che avevano maturato oltre 38 anni di anzianità. Il 2020 è stato l’anno dello smart working dei dipendenti pubblici, per la maggioranza un’esperienza completamente nuova: nel sondaggio FPA di maggio 2020 per l’87,7% di loro è stata la prima volta. Ma il bilancio è positivo: l’88% dei dipendenti ha giudicato l’esperienza di successo, il 69,5% ha potuto organizzare e programmare meglio il lavoro e il 34,9% ha lavorato in un clima di maggior fiducia e responsabilizzazione. Inoltre, lavorare da casa non ha significato smettere di essere produttivi: per il 41,3% dei dipendenti PA, l’efficacia lavorativa è migliorata.

Competenze

Sulle competenze della PA è ormai chiara la necessità di una visione strategica di lungo periodo. In 10 anni la spesa in formazione si è quasi dimezzata, -41%. Dal 2008 al 2018 si è passati da 262 a 154 milioni di euro di investimento, 48 euro per ciascun dipendente, offrendo una media di 1,02 giorni di formazione l’anno a persona. La ministra della PA Fabiana Dadone a settembre ha presentato il Programma di Innovazione Strategica della PA, con nuove politiche di reclutamento e ripensamento della formazione, ribadendo quanto descritto nel Piano Colao per un Piano risorse umane PA. La mancanza di formazione ha svelato tutte le sue gravi conseguenze in piena pandemia, specie sul digitale, a causa della remotizzazione del lavoro. La risposta italiana è stata la pubblicazione della Strategia Nazionale per le Competenze Digitali che delinea gli obiettivi strategici e definisce quattro assi su cui intervenire: l’istruzione e la formazione superiore, la cittadinanza, la forza lavoro attiva e lo sviluppo di competenze specialistiche ICT.

Trasformazione digitale

Le pubbliche amministrazioni hanno affrontato l’anno della pandemia con importanti ritardi nell’attuazione delle azioni previste dal Piano Triennale per l’informatica. Ma il 2020 è stato caratterizzato da importanti provvedimenti del Governo – contenuti nei Decreti “Cura Italia”, “Rilancio”, “Semplificazioni” – per accelerare l’innovazione. E l’emergenza è stata un forte elemento di crescita digitale. Da gennaio a inizio dicembre 2020 le identità digitali SPID sono passate da 5,4 milioni a 14,1 milioni (15,495 milioni al 31 dicembre 2020), le transazioni su PagoPA da 81,7 milioni a oltre 165 milioni, i Comuni da 5.310 a più di 7.000, con 54,6 milioni di cittadini presenti in anagrafe unica. L’app IO per l’accesso ai servizi pubblici digitali, rilasciata ad aprile, ha raggiunto 9 milioni di download. I Responsabili per la Transizione Digitale sono aumentati dai 5.432 di gennaio ai 6.183 di novembre. Un’accelerazione registrata anche dai cittadini: da un’indagine FPA il 57% vede una PA “più digitale”, per poter accedere ai servizi in modo più facile e veloce.

Città e territori

Il digitale e le reti di collaborazione hanno consentito agli enti locali di resistere all’emergenza, continuando a garantire i servizi essenziali, raggiungere e sostenere la popolazione più colpita. I Comuni hanno dovuto tradurre in ordinanze locali oltre 30 provvedimenti emanati dal Governo in poco più di tre mesi ed erogare 400 milioni di euro di buoni spesa, raggiungendo in pochissimi giorni circa un milione e mezzo di famiglie. Ma l’anno appena passato ha anche sollevato una riflessione sugli assetti territoriali sbilanciati nel bipolarismo tra Nord-Sud e tra aree metropolitane e provincia. Il Rapporto ICity Rank di FPA ha fotografato i passi avanti delle città in servizi digitali, app municipali e digitalizzazione delle reti cittadine, che dimostrano come le limitazioni alla mobilità e agli assembramenti abbiano accelerato i processi di innovazione degli enti.

Sanità

La Sanità è stato il settore travolto dall’emergenza, che ne ha evidenziato le storiche mancanze: scarsità di risorse, modello di cura basato su cure ospedaliere, frammentazione nella governance che impedisce di rispondere in modo omogeneo e tempestivo, innovazione digitale ferma a piccoli progetti e sperimentazioni. La spesa sanitaria pubblica nel 2019 è stata di 115,4 miliardi, il 6,4% sul PIL che arriva all’8,8% sommando quella privata. Una quota in linea con Spagna e Portogallo, inferiore a Francia e Germania (11,2%). Tenendo conto dell’inflazione, la spesa pro-capite è di 1.746 euro, in flessione. Si è evidenziata la carenza di personale causata dal blocco del turnover, dai limiti nella programmazione dei fabbisogni e dalla fuga progressiva dal sistema pubblico. È vero che si contano 3,9 medici per 1.000 abitanti, dato che ci pone in cima alle graduatorie europee (sono 4,1 in Germania, 3,1 in Francia e 3,7 in Spagna), ma il 50 per cento ha più di 55 anni (la quota più elevata in Europa) e in prevalenza si tratta medici specialisti. Per gli infermieri, invece, siamo sotto la media comunitaria: 5,8 ogni 1.000 abitanti, contro gli 8,5 di media UE.

Programmazione europea

Il 2020 è stato un anno di svolta per la programmazione comunitaria e dei finanziamenti europei allo sviluppo sostenibile. La Commissione europea e il nostro paese stanno per varare azioni e programmi di grande importanza, basati su obiettivi di sostenibilità: European Green Deal, NextGenerationEU e Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 a livello europeo, Piano Sud 2030 e Linee guida per la definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Perché l’occasione del NextGenerationEU non venga sprecata abbiamo però bisogno di definire obiettivi coerenti, chiari e condivisi, e puntare sul potenziamento della macchina pubblica, superando la cronica difficoltà nel definire, gestire e scaricare a terra gli obiettivi.

Procurement pubblico

Per gli acquisti pubblici, il 2020 risente dell’emergenza, anche se in modo lieve, ma emerge la necessità di un cambiamento oltre le norme. Dai dati Consip (relativi alle sole operazioni oltre la soglia Comunitaria), si evidenzia il lieve calo nel numero di gare bandite nel 2020 (83, contro le 97 del 2019), mentre quelle aggiudicate (89) confermano i valori degli ultimi due anni. Gli importi complessivi sono di 7,4 miliardi per le gare bandite (12,6 nel 2019) e 9,7 miliardi per le aggiudicate (rispetto a 7,2 dell’anno prima). Sulla normativa, il 2020 avrebbe dovuto dar vita al percorso di riforma avviato nel 2018, ma la pandemia ha alterato piani e programmi: alcuni iter legislativi sono stati sospesi, mentre sono stati avviati percorsi straordinari che, hanno consentito sperimentazioni e “salti in avanti” nelle pratiche di public procurement.

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