CATANZARO «In relazione a tutte le informazioni che sono state fornite negli ultimi tempi, soprattutto a mezzo stampa, relativamente alle prestazioni cardiochirurgiche della nostra Regione, ci corre obbligo di chiarire alcuni elementi»: è una lettera infuocata quella che Pasquale Mastroroberto, direttore Uoc e Scuola di Specializzazione della Aou “Mater Domini” di Catanzaro, e Pasquale Fratto, direttore Uoc Cardiochirurgia Grande Ospedale Metropolitano “Bianchi Melacrino Morelli” di Reggio Calabria, hanno indirizzato al commissario ad acta Guido Longo e al dirigente generale dipartimento Tutela della Salute, Servizi sociali e Socio sanitari della Regione Calabria, Francesco Bevere.
Un vero e proprio sfogo quello dei due sanitari: «Lascia perplessi e stupiti – scrivono Mastroroberto e Fratto – la dichiarazione da parte del direttore sanitario del Sant’Anna Hospital che ha affermato che per soddisfare la richiesta di interventi di Cardiochirurgia e Chirurgia Vascolare ha “dovuto autorizzare e dare nulla-osta ai cardiochirurghi e ai chirurghi vascolari per portare i pazienti in altre strutture fuori Regione perché erano in condizioni di estrema urgenza…”. Riteniamo che tali dichiarazioni siano estremamente gravi per la regione Calabria tutta e lesive delle professionalità di chi invece si adopera per un ottimale funzionamento del sistema sanitario regionale. L’elemento primario del nostro lavoro quotidiano è quello di frenare la cosiddetta “migrazione sanitaria” contro l’esercito di professionisti che effettuano visite ambulatoriali in Calabria per “reclutare” pazienti e indurli a rivolgersi quasi sempre presso strutture private extraregionali. Un macigno per le casse della Regione e un’ingiustizia per le tante famiglie che devono emigrare per trovare risposte alle loro patologie. Combattere la migrazione sanitaria non significa utilizzare facili slogan e poi agire esattamente al contrario ed è necessaria un’azione forte da parte sia di chi governa la sanità regionale che di tutte le forze politiche a tutela sia della professionalità degli operatori sanitari sia di pazienti e familiari che rappresentano l’anello debole di questa catena. È assolutamente legittimo che un paziente possa scegliere da chi e dove farsi curare ma diventa ingiustificabile quando questa decisione viene influenzata ed è frutto di una non corretta conoscenza della realtà sanitaria regionale soprattutto quando si tratta di patologie che necessitano di interventi di alta specialità come nel caso della cardiochirurgia».
«Non si vuole entrare nel merito circa le vicende del Sant’Anna Hospital, anche se auspichiamo una soluzione positiva – aggiungono i direttori -. Siamo, piuttosto, fermamente convinti che il rapporto pubblico-privato debba essere finalmente regolamentato e che le dotazioni in termini di posti-letto accreditati sia per la degenza ordinaria che per la terapia intensiva post-chirurgica debbano essere equilibrate. Un solo esempio? Dal Dca numero 64 del 5 luglio 2016: Cardiochirurgia A.O.U “Mater Domini” 14 posti letto di degenza ordinaria e 4 posti letto di terapia intensiva, Sant’Anna Hospital 20 posti letto di degenza ordinaria e 10 posti letto di terapia intensiva».
«L’impegno delle due strutture cardiochirurgiche pubbliche da noi dirette – concludono Mastroroberto e Fratto – è testimoniato dai dati di eccellenza certificati dall’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali. Il Sistema sanitario calabrese è in grado di far fronte al trattamento delle patologie cardiovascolari sia in urgenza-emergenza che in elezione e, nel contempo, siamo certi che solo attraverso una seria regolamentazione si possa giungere finalmente ad un reale e significativo decremento della mobilità sanitaria passiva che genera in questa Regione un saldo negativo pari a – 287,4 milioni (fonte: Osservatorio della Fondazione Gimbe) e di questi un’alta percentuale riguarda pazienti con patologie cardiovascolari».
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