CORIGLIANO ROSSANO Comunione e partecipazione, due concetti solo a parole avvezzi all’amministrazione comunale. Dovrebbero essere i pilastri fondanti della nuova città – a guardare alle origini politiche del sindaco e di buona parte del governo cittadino – e di questa storica fase costituente di Corigliano Rossano. Ne sono convinte le forze di opposizione consiliare fortemente contrarie, come buona parte dell’intellighenzia cittadina, rispetto a quanto sta accadendo nella redazione dello statuto comunale, la “magna carta” che detterà le regole di Corigliano Rossano: l’istituzione dei municipi in forma non elettiva.
Questo strumento di partecipazione democratica, in quanto circoscrizioni di decentramento comunale concepite nella legge regionale di istituzione della città, in un numero massimo di sette da ottomila abitanti ciascuno, sta trasformandosi – come tutto, del resto – in terreno di scontro fra chi decide e gli oppositori.
Alla base della contesa le due filosofie di pensiero: da una parte la possibilità di lasciare aperte le porte alla democrazia e alla partecipazione; dall’altra la volontà dell’amministrazione comunale che interpreta i municipi come non dei «moltiplicatori di i centri decisionali» secondo quanto sostiene il sindaco Flavio Stasi.
Insomma, per le opposizioni, oltre a decentrare e ad aprire alla partecipazione dei cittadini nella gestione della res publica, i municipi fungerebbero da palestra per quella democrazia partecipata e scuola per la futura classe dirigente della città e tutti quei giovani oggi relegati in panchina senza diritto di parola, magari già pronti ad emigrare alla ricerca di un futuro migliore. La guerra sui municipi, insomma, è già stata dichiarata ed ad registrarne le prime avvisaglie non si tradurrà in una “semplice” discussione consiliare, anche perché le minoranze giocheranno la carta della democrazia minata nelle sue fondamenta.
Per certi versi, in effetti, le decisioni che la commissione sta assumendo vanno a cozzare con quanto «pontificato dai palchi», dice la consigliera d’opposizione, già presidente del consiglio comunale rossanese ante fusione, Rosellina Madeo, e con le basi a trazione sinistrorsa decisa – anche se forse troppo radical chic o aspirante tale – del governo Stasi che «sta facendo di tutto per cancellare la partecipazione sociale dalla vita della città».
Lo statuto seppur in via provvisoria, peraltro, sarebbe potuto essere abbozzato dai due ex consigli comunali di Corigliano e Rossano prima del passo d’addio – ma erano troppo impegnati a restare dov’erano – o dal commissario prefettizio, chiamato in causa soprattutto per assolvere a questo compito – e tutto ha fatto tranne che abbozzare una magna carta comunale –. Si sarebbe però dovuto approvare in consiglio comunale entro sei mesi dall’insediamento, come recita la legge regionale di istituzione della città. Di mesi, nel frattempo, ne sono passati solo diciannove.
Nel dettaglio, quella legge di istituzione della città “nuova”, approvata dal Consiglio regionale esattamente tre anni fa recita: «Lo statuto del Comune di Corigliano-Rossano può prevedere, ai sensi dell’articolo 16 del d.lgs. 267/2000, in fase transitoria e sperimentale, l’istituzione di organismi privi di personalità giuridica come i municipi d’area, sia urbani che rurali, con lo scopo di preservare e valorizzare l’identità storico-sociale delle comunità locali originarie e favorire la partecipazione dei cittadini, garantendo ai municipi opportune forme di partecipazione sulle deliberazioni che li riguardano, oltre alle forme di partecipazione e di decentramento di servizi previste dalla vigente legislazione. Vista l’attuale conformazione demografica nel territorio, i municipi d’area possono essere costituiti con almeno 8.000 abitanti e per un massimo di sette nell’intero territorio del nuovo comune. Gli organi amministrativi del Comune di Corigliano-Rossano incentivano la partecipazione civica attraverso iniziative di coesione sociale e l’attivazione di canali di comunicazione adeguati per ascoltare le istanze dei cittadini».
Il Tuel, il testo unico degli enti locali all’articolo 17 puntualizza che «nei comuni istituiti mediante fusione di due o più comuni contigui lo statuto comunale può prevedere l’istituzione di municipi nei territori delle comunità di origine o di alcune di esse» e che «lo statuto e il regolamento disciplinano l’organizzazione e le funzioni dei municipi, potendo prevedere anche organi eletti a suffragio universale diretto. Si applicano agli amministratori dei municipi le norme previste per gli amministratori dei comuni con pari popolazione».
Da quello che emerge, insomma, nulla di tutto questo sarà applicato, con gli organi dei municipi diretti emanazione – si dice con tanto di nomine – dell’amministrazione comunale.
I municipi, secondo Rosellina Madeo, componente della commissione statuto, dovranno essere «necessariamente elettivi, altrimenti si mina la democrazia nelle sue fondamenta. Sono uno strumento per ampliare la partecipazione democratica dei cittadini, attraverso elezioni legittime. Ma sono un modo – dice al Corriere della Calabria – soprattutto, per fornire risposte perché un territorio così vasto (circa 50 contrade dislocate su un territorio di 350 chilometri quadrati, il più vasto della regione, il 22esimo in Italia, ndr) necessita di decentramento amministrativo. La nostra città, nata dalla fusione, non lo dimentichiamo, dovrebbe essere un laboratorio politico che poggia le sue fondamenta sulla democrazia di cui questa amministrazione se n’è riempita la bocca sui palchi ma che vuole abrogare con un colpo di spugna. Immaginiamo e speriamo che attraverso il confronto, questa volta capiranno che è la cosa giusta da fare». No ai municipi elettivi, dunque. Avrà ragione chi pensa che per i governanti attuali è meglio non stuzzicare le urne a causa dell’appeal e della popolarità in picchiata?
«Il principino dell’antidemocrazia che impedisce alla gente di votare e che al termine di quasi due anni di parentesi amministrativa mette la parola fine sulla fusione», aggiunge il Gino Promenzio, leader di Civico&Popolare e delle opposizioni in Consiglio comunale.
A tagliare corto sulla faccenda ci pensa Flavio Stasi. «Anche se approvassimo lo statuto adesso col passaggio in Consiglio comunale e i Municipi fossero elettivi, non sarebbero istituiti subito perché li immagino prendere vita in concomitanza con le prossime elezioni amministrative. La commissione statuto sta approvando un indirizzo per il futuro. Non vogliamo – commenta il sindaco – un moltiplicatore di funzioni che rischiano di non servire allo scopo di avvicinare la popolazione alle istituzioni. Se dovessero servire a erogare servizi, ne istituirei a decine, ma se devono essere dei moltiplicatori di centri decisionali, eviterei. Il punto, in sostanza, non è se contemplarli con forma elettiva o meno, ma che funzioni hanno. È questa la discussione aperta dall’amministrazione comunale delegata alla commissione statuto».
Quello che traspare per l’ennesima volta, al tirar delle somme è che per Stasi ed i suoi, la cosiddetta legge “Graziano” sulla fusione – sarà per il “cognome” che porta? – sembra essere carta straccia. Scarsa considerazione dei municipi, nessuna sui tempi dello statuto e sull’articolo 4 che indica in contrada Insiti – terra di mezzo fra Rossano e Corigliano – il nuovo centro direzionale e Palazzo di Città («La sede del Comune di Corigliano Rossano – recita la legge – è individuata in un’area compresa tra la zona Insiti sud e l’area a cavallo del torrente Cino, a saldatura del territorio urbano per favorire la concentrazione degli uffici pubblici»). Stasi ha sempre detto di essere contrario alla «cementificazione» ed a questa ipotesi, in un lembo di terra che peraltro sta sfuggendo di mano al Comune perché oggetto di una causa di usucapione. (l.latella@corrierecal.it)
x
x