CROTONE «Non avete idea di quanti omicidi abbiamo evitato in questi anni conducendo questa indagine». Così il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri ha spiegato i particolari dell’operazione Golgota – coordinata dai sostituti Paolo Sirleo e Domenico Guarascio – che ha portato all’arresto di 36 persone, in gran parte affiliate alle cosche di Isola Capo Rizzuto e San Leonardo di Cutro.
«In particolare – ha aggiunto – ci sono imputazioni per associazione di stampo mafioso e per associazione dedite al traffico di stupefacenti, oltre a numerosi reati fine: i capi di imputazione sono 108, di cui 30 per armi».
Il procuratore della Dda di Catanzaro ha elogiato l’opera della Squadra Mobile di Crotone: «È stato un grande lavoro sul piano probatorio, un grandissimo lavoro fatto dalla Squadra Mobile di Crotone e da quella di Catanzaro coordinate dallo Sco di Roma. Ci sono imputazioni non solo per droga ma per la detenzione di decine e decine di armi comuni e da guerra, perché questo territorio negli anni è stato martoriato da decine di omicidi di mafia e più volte, dal 2018 ad oggi siamo intervenuti con azioni di “disturbo” per impedire altri omicidi e altro sangue. Abbiamo dovuto sacrificare parte dell’indagine, ma abbiamo salvato delle vite. Oggi abbiamo tirato su la rete».
«Abbiamo importato una rivoluzione – ha detto il magistrato evidenziando come la guerra alla ndrangheta debba essere costante – sull’approccio al contrasto alla criminalità organizzata. Su questo territorio ho messo tre sostituti della Dda solo per il circondario di Crotone: Sirleo, Guarascio e Mandorfino, magistrati molto preparati, tra i migliori che ho alla Dda di Catanzaro. In questi anni il Capo della Polizia, il comandante generale dei Carabinieri e quello della Guardia di finanza hanno mandato e stanno mandando uomini di primo piano, stiamo ottenendo grandi risultati ma malgrado questo le famiglie continuano a rigenerarsi: arrestati i padri ci sono i figli e poi i nipoti. È un continuo rincorrersi. Vuol dire che le regole del gioco dovrebbero cambiare».
«Non basta – ha concluso Gratteri – solo l’azione giudiziaria. Però le cose stanno migliorando; su questo territorio ci sono commercianti usurati e estorti che stanno collaborando. Vuol dire che noi magistrati e forze dell’ordine cominciamo ad essere credibili e questo ci conforta. Pensiamo di essere sulla strada giusta. Mi rendo conto che dovremmo fare di più e che altri pezzi dello Stato dovrebbero fare di più».
«Con questa indagine abbiamo disarticolato la componente militare delle cosche di Isola Capo Rizzuto e San Leonardo di Cutro». Ad evidenziarlo il capo della Direzione centrale anticrimine Francesco Messina, nel corso della conferenza stampa svolta nella Questura di Crotone. Il direttore del Dac, riprendendo le parole del procuratore Nicola Gratteri, ha ribadito la necessità di «pensare ad una massiva attività repressiva per eradicare il fenomeno da questo territorio che è la culla della ‘ndrangheta. Quella di oggi dimostra che siamo sulla strada giusta per liberare il Crotonese dall’oppressione militare delle cosche».
Il direttore del Servizio centrale operativo (Sco) Fausto Lamparello, ha invece sottolineato come dall’attività investigativa sia emerso che «le cosche non si fanno più la guerra ma hanno attivato un patto federativo grazie al quale si dividono gli affari».
Il questore di Crotone Massimo Gambino ha elogiato il lavoro svolto dai suoi uomini, mentre il dirigente della Squadra mobile di Crotone Nicola Lelario è entrato nei particolari. «In questa indagine – ha detto – abbiamo visto svolgersi un romanzo criminale con gli intrecci che svelano alleanze, strategie e mosse delle cosche di Isola Capo Rizzuto e di San Leonardo di Cutro che si spartivano soprattutto il mercato della droga».
Lelario ha anche rivelato alcuni particolari del monitoraggio svolto sui Mannolo – «che avevano a disposizione quantità infinite di stupefacenti da distribuire in tutta la provincia di Crotone» – anche grazie a telecamere poste sulla collina che domina San Leonardo di Cutro grazie alle quali sono stati visti nascondere armi poi puntualmente trovate dalla polizia. Dalle intercettazioni emerge anche la capacità dei clan di avere informazioni sulle indagini nei loro confronti. In particolare, i Mannolo avevano saputo in anticipo dell’operazione Malapianta del maggio 2019 condotta dalla Guardia di finanza.
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