Nel dibattito nazionale da qualche tempo a questa parte si sta discutendo con intensità su come si possa fare a sburocratizzare riformando le Pubbliche Amministrazioni nell’obiettivo di rendere più veloci le procedure legate ai servizi che esse erogano.
Per le scelte di metodo su come fare, molto presto, il prossimo Governo esprimerà finalmente qualche sostanziale modifica strutturale sugli assetti Amministrativi Pubblici per far si che nelle procedure e nelle istruttorie si abbiano speditezza, risolutività ed esecutibilità dei processi amministrativi.
Risulta evidente come la sfida che si mette in campo possa dare origine alla costruzione di un modello amministrativo da riportare nel pubblico per il futuro e renderlo sistema di procedura ordinaria.
C’ è da dire però che l’impresa non è certamente facile se si pensa che dal 1990 il sistema amministrativo ordinario è cambiato radicalmente rispetto a prima.
Allora, con atti legislativi coraggiosi ma determinati è stato posto un argine molto netto tra l’indirizzo politico e l’azione amministrativa che ha dato ampia competenza ed autonomia di responsabilità ai cosiddetti burocrati.
Tali procedure nate e positivamente salutate con l’intento di evitare qualsiasi invasione della politica nel sistema della gestione pubblica, ha però reso negli anni successivi, sempre più complicata e con tempi lunghi e ferraginosi, la durata dei procedimenti amministrativi, nonostante tutte le legislazioni europee, nazionale e regionale fossero protese ad una accelerazione delle istruttorie a favore dei beneficiari, del grado di soddisfacimento dell’utente e conseguentemente della spesa.
Come valore aggiunto nelle procedure erogatorie pubbliche negli ultimi 25 anni hanno assunto pregnanza le direttive Comunitarie che da un lato hanno generato nelle macchine amministrative un assestamento regolamentare nelle sequenze di assegnazione dei benefici dall’altro, soprattutto, di un mancato allineamento tra programmazione, norme e assegnazione delle risorse costringendo sempre ,ad esempio, tutti i P.O.R. (Programma Operativo Regionale ) ad una riprogrammazione o a procedure di rigenerazione delle risorse finanziarie assegnate, per riuscire a spendere e non perdere alcuna opportunità assegnate dalla U.E. alle Regioni.
Tali azioni attivate dalle Amministrazioni hanno reso i carichi di lavoro del personale dipendente pubblico molto più intensi e non gestibili rispetto alle tempistiche ed ai ritmi richiesti dalla chiusura dei procedimenti seppure siano stati utilizzate a sostegno dei dipendenti tutti i benefici contrattuali possibili aggiuntivi sia finanziari che di collaboratori ,utilizzati, esperti ,ecc.
Questo ha generato altresì molta più confusione e poca distribuzione ordinata del lavoro all’interno della macchina amministrativa nonostante gli sforzi di rimettere in cammino con diverse modalità organizzative, poco efficaci ad oggi, l’intero assetto.
Da tale confusione se ne esce, solamente se lo sforzo delle riforme da attivare nella Pubblica Amministrazione venga indirizzato ad una riorganizzazione della burocrazia e ad alcune scelte di metodo da apportare all’organigramma di sistema che tenga conto di più e dia risalto, ad aspetti organizzativi ritenuti meno rilevanti quando la si elabora ma che possono generare dei problemi pratico-organizzativi in sede applicativa. Di seguito se ne evidenzia qualcuna:
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