REGGIO CALABRIA Alle prime luci dell’alba di oggi i carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, nelle province di Cosenza, Milano, Varese, Como, Livorno, Firenze, Udine e la stessa Reggio, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip nei confronti di 28 persone, ritenute responsabili, in particolare, di associazione mafiosa, estorsioni, concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di beni e valori aggravato dall’agevolazione mafiosa.
Si tratta di un blitz arrivato a conclusione delle indagini coordinate dalla Dda reggina, diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri, nell’ambito dell’operazione “MetameriaIl”, provvedimento scaturisce da una complessa attività investigativa, avviata dal 2018 dai carabinieri del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Reggio Calabria, diretta dai sostituti procuratori della Dda Stefano Musolino, Walter Ignazitto e Giovanni Calamita, e che ha consentito di acclarare la radicata e attuale operatività di capi e gregari delle principali associazioni mafiose operanti nel territorio del “mandamento” centro. In particolare, le indagini hanno avuto origine dalle evidenze investigative emerse all’indomani dalla modifica della condizione detentiva, dal carcere ai domiciliari, del capo ed organizzatore storico della cosca Barreca, operante nei quartieri Pellaro, Bocale ed aree limitrofe del quadrante sud di Reggio Calabria.
Ritornato sul proprio territorio, forte della fama criminale e della capacità assoggettante derivante dal suo storico ruolo di capo del locale di Pellaro, il capocosca avrebbe ribadito il suo ruolo di vertice della consorteria mafiosa assumendo la responsabilità e di coordinamento del gruppo per le attività illecite, curando anche i rapporti con gli imprenditori collusi, ordinando atti intimidatori e ritorsioni in danno di commercianti ed imprenditori inadempienti alle richieste estorsive, occupandosi del mantenimento degli appartenenti alla cosca in stato di detenzione, impartendo ordini e dando indicazioni operative agli altri associati, sfruttando la solidale complicità ed il supporto logistico per eludere le prescrizioni connesse alla sua condizione di detenuto domiciliare, pianificando l’esecuzione, le riscossioni e la distribuzione dei proventi estorsivi agli altri associati, personalmente o delegando i relativi compiti ai sodali.
Sono stati censiti rapporti di cointeressenza criminale della ‘ndrangheta di Pellaro con i rappresentati di vertice di tutte le maggiori articolazioni della ‘ndrangheta reggina quali i Labate e gli Arcoti Condello e De Stefano, oltre a quelli delle articolazioni di ‘ndrangheta di Santa Caterina e dei Ficara-Latella di Croce Valanidi. Rilevante, nella dinamica dei rapporti endo-mafiosi, è il tracciato del profilo che è emersa appartenere ad un esponente dei De Stefano, che faceva valere il proprio ruolo di capo dell’articolazione di ‘ndrangheta territorialmente riferibile alla zona di Archi, ma soprattutto apice di una struttura di livello più elevato rispetto alle altre articolazioni di ‘ndrangheta cittadine, sia nel suo intervento per “aggiustare” l’estorsione e quindi per mediare tra i rappresentanti della cosca Barreca e le persone offese per la determinazione di importi, tempi e modalità di versamento delle somme di denaro.
È in tale contesto che il racconto del collaboratore di giustizia, Maurizio De Carlo, conferma giunge a le evidenze investigative già acquisite nell’ambito delle indagini. L’attività di indagine ha avuto come obiettivo principale quello di fornire riscontri alle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Mario Gennaro, Vincenzo Cristiano e Roberto Lucibello, a cui si sono aggiunte quelle del collaboratore Mario Chindemi. Giuseppe Stefano Tito Liuzzo e Roberto Moio. Le indagini, originate dal quadro dichiarativo dei collaboratori ed espletate attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, hanno accertato l’attuale assetto organizzativo e l’operatività della potente articolazione della ‘ndrangheta di Archi, la cosca Condello. Importanti anche le denunce
degli imprenditori Francesco e Fabio Berna, che hanno «reso dichiarazioni ai rappresentanti della Procura e le confermeranno ogni qualvolta si rendesse necessario», sottolinea in una nota il loro legale Emilia Vera Giurato. «Da sempre negano – e ribadiscono in questa sede – la contiguità ad ambienti criminali e qualsiasi coinvolgimento in attività illecite», conclude l’avvocato.
Più nello specifico, sono stati svolti mirati ed approfonditi accertamenti su alcuni dei settori economici cui la suddetta organizzazione criminale rivolge i propri interessi, garantiti anche dall’operato di taluni imprenditori che hanno fornito un concreto ed essenziale contributo al rafforzamento ed accrescimento economico della cosca. Il monitoraggio investigativo ha consentito, inoltre, di acquisire gravi indizi di colpevolezza comprovanti il reato di trasferimento fraudolento di valori, realizzato attraverso la fittizia intestazione di alcune aziende e/o rami d’azienda, governate in maniera occulta dalla cosca Condello. In particolare, è emersa la vicenda che riguarda l’alienazione del parco automezzi della Leonia Spa in liquidazione, condizionato dagli interessi mafiosi della cosca Condello e De Stefano. E’ emerso, inoltre, il coinvolgimento di un altro imprenditore, operante nel settore turistico alberghiero nel comune di Scalea (Cosenza) e zone limitrofe, i cui approfondimenti investigativi hanno permesso di disvelare duraturi e costanti rapporti economici-criminali con esponenti della cosca Condello.
L’attività nel suo complesso ha consentito di porre sotto sequestro 8 imprese operanti nei settori dell’edilizia ed impianti elettrici, officine meccaniche per mezzi pesanti, pulizie, autospurgo, gestioni lidi e strutture ricettive, riparazione autoveicoli, i cui beni strumentali hanno un valore complessivo di circa 6 milioni di euro, oltre a un esponenziale impatto sulla libera economia. Ad esito dell’attività di esecuzione, 25 dei 28 arrestati sono stati destinatari della misura cautelare in carcere e 3 presso i rispettivi domicili, a disposizione dell’autorità giudiziaria.
Filippo Barreca
Antonino Labate, detto “Nino”
Francesco Labate, detto “Checco”
Domenico Calabrò, detto “Ingegnere”
Luana Barreca
Giovanni Battista Foti
Marcello Bellini
Filippo Palumbo
Giuseppe Campolo
Salvatore Campolo Amato
Pasquale Politi, detto “Pasqualino”
Demetrio Condello
Antonino Monorchio, detto “Tonino”
Donatello Canzonieri
Carmine De Stefano
Giovanbattista Fracapane
Demetrio Gattuso
Antonio Libri
Antonino Latella
Antonino Esposito
Giuseppe Leuzzo
Demetrio Condello
Giandomenico Condello
Luigi Germanò
Santo Germanò
Francesco Giustra
Antonio Cappelleri
Maria Modafferi
Nicola Pizzimenti
Giovanni Francesco Raffa
Bruno Trapani
Giovanni Trapani
Paolo Tripodi
Andrea Vazzana
Alessio D’Agostino
Roberto Smeriglio
Salvatore Saraceno
Giuseppe Pizzimenti
Giuseppe Araniti
Francesco Aricò
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