ROMA Il governo Draghi ha ottenuto la fiducia con 535 voti favorevoli, i no sono stati 56. 5 invece gli astenuti. Il governo Monti, che detiene il record dei numeri sulla fiducia, nel 2011 aveva ottenuto 556 voti, una ventina in più rispetto all’attuale esecutivo . A questo punto il governo Draghi è pienamente operativo (il voto di fiducia è previsto dalla Costituzione e deve essere ottenuto entro 10 giorni dall’insediamento).
Archiviato il voto istituzionale, inizia la conta dei dissidenti. Nelle prossime ore è plausibile che i deputati del M5S che hanno votato in difformità rispetto alle indicazioni del Movimento, avallate dalla consultazione degli iscritti sulla piattaforma Rousseau, siano espulsi, così come i loro «colleghi» del Senato. Resta da vedere se ci saranno i numeri per la creazione di un gruppo autonomo. Nel pomeriggio Alessandro Di Battista, punto di riferimento dell’ala più radicale del M5S, aveva dato appuntamento a sabato ai suoi sostenitori per la creazione di un gruppo di opposizione. Questi i nomi dei deputati pentastellati che hanno votato contro la fiducia: Corda, Sapia, Spessotto, Testamento, Volpi, Baroni, Cabras, Colletti, Costanzo, Forciniti, Giuliodori, Maniero, Russo, Sarli, Termini e Vallascas. Gli assenti sono stati: Corneli, Ehm, Menga, Romaniello, Spadoni, Tucci, Di Lauro, Masi, Penna, Scutellà, Suriano e Zanichelli. Erano in missione: Mammì e Vianello. Tra i dissidenti, dunque, vi sono due calabresi: Francesco Forciniti e Francesco Sapia. Assente Elisa Scutellà.
Intorno alle 20 un gruppo di pentastellati, tra i quali il calabrese Francesco Forciniti, avevano espresso solidarietà ai colleghi espulsi. «Esprimiamo la nostra piena solidarietà ai senatori M5S espulsi da Vito Crimi per aver votato contro la fiducia a questo governo della grande ammucchiata, per essersi astenuti o per non essere stati presenti. La loro espulsione suona anche come un avvertimento nei confronti di noi deputati». Le parole sono, oltre che di Forciniti, anche di Alvise Maniero, Pino Cabras, Andrea Colletti, Jessica Costanzo, Paolo Giuliodori, Andrea Vallascas, Giovanni Russo, Rosa Alba Testamento, Rosa Menga, che annunciavano il loro dissenso: «Anche noi voteremo convintamente no».
Forciniti aveva spiegato il proprio “no” anche con un post sui social: «Se tre anni fa qualcuno mi avesse detto che il Movimento 5 Stelle – dopo avere vinto le elezioni e ricevuto un mandato popolare fortissimo – mi avrebbe costretto a scegliere fra il votare la fiducia a un governo del genere, oppure il dover essere espulso, gli avrei sonoramente riso in faccia. Io voglio continuare a dare il mio contributo nel Movimento e per il Movimento, ma se il Movimento decide di regalare quindici anni di lotte, sacrifici e battaglie a coloro i quali hanno devastato questo Paese negli ultimi trent’anni, assecondando la manovra di palazzo che ha portato alla deposizione di Conte, legittimando Mario Draghi come presidente del consiglio, accettando di rimanere fuori da tutti i ministeri sensibili dal punto di vista economico e sociale (lavoro, salute, scuola, università, sviluppo economico, trasporti, finanze), accontentandosi di piazzare una simbolica bandierina politica al ministero degli Esteri, e non essendo neanche in grado di tollerare un minimo di dissenso interno rispetto a questo scempio, allora succeda quel che succeda. Sentirò comunque di avere dato tutto. Stasera il mio “no” a questo governo sarà netto, convinto e consapevole. Oltre ogni minaccia, oltre ogni pressione, oltre ogni possibile conseguenza personale alla quale potrei andare incontro». In aula, il deputato ha spiegato di non essere disponibile ad accordare una fiducia in bianco a Draghi.
Sotto, il suo intervento integrale davanti all’assemblea dei deputati.
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