CROTONE «Una vera impresa illecita, un’organizzazione di uomini e mezzi che commettendo una serie di reati garantiva la permanenza illecita nel territorio dello Stato di soggetti non aventi diritto ai titoli di soggiorno richiesti». Lo scrive nero su bianco il gip Romina Rizzo che ha convalidato gli arresti di 24 persone tra carcere e domiciliari, in seguito all’operazione “Ikaros” – coordinata dalla Procura di Crotone.
Quattro le categorie individuate dagli investigatori: i procacciatori che trovavano il cliente promettendo il rilascio di un titolo di soggiorno in Italia; gli intermediari che rappresentavano il ponte con i legali ed assistevano i clienti una volta arrivati a Crotone; gli avvocati che, attraverso un’apparente opera di prestazione professionale, garantivano l’avvio e il proseguimento della procedura per il rilascio del titolo di soggiorno permettendo ai “clienti” di eseguire l’operazione a distanza e, infine, l’aggancio nell’Ufficio Immigrazione in Questura e in Prefettura.
Ognuno agiva eseguendo un preciso compito, seguendo di fatto uno schema pianificato. Ma è della mediatrice culturale della Questura, Rachida Lebkhachi, finita in manette con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e falso, il ruolo centrale, così come è emerso dalle risultanze investigative. Era lei il “collante” tra i componenti del gruppo italiano, gestiva l’afflusso dei clienti procacciati all’estero e gestiva costantemente i contatti con gli avvocati crotonesi ai quali affidava i migranti per la redazione della domanda d’asilo, grazie soprattutto alla sua posizione privilegiata in Questura.
È in una chat di WhatsApp, intercettata dagli investigatori, che la Lebkhachi discute con un cittadino straniero sulla ricezione di denaro che sarebbe stato consegnato ad un avvocato.
«Io gli ho detto, vuoi l’avvocato? Spedisci i soldi! Io non contatto l’avvocatessa senza niente!» «Loro dicono io prendo, prendo, pure io prendo! io chiamo l’avvocatessa e sono pure a digiuno (…) gli ho chiesto di spedirmi un asino! 250 o 500 euro!»
Conversazione simile quella intercettata dagli inquirenti tra la stessa Lebkhachi e il compagno Albayati, finito anche lui in carcere, mentre discutono di vari clienti: «Come questi soldi non c’è nessun guadagno. Per esempio a me Sergio e pure Irene non mi dà nulla.. Irene se prende 500 a me dà 100 e lei 400».
Da un’altra conversazione intercettata il 7 settembre 2018, tra la Lebkhachi e il compagno, emerge secondo gli inquirenti come la donna gestisse l’afflusso alla Questura di Crotone di cittadini stranieri non residenti in Italia.
«Manda i soldi ed io gli prendo un nuovo appuntamento (…) la prima volta che gli ho seguito il lavoro di 500 euro neanche un regalo mi ha portato, neanche un euro di regalo mi ha portato questo! (…) digli di mandarmi la foto ed io gli porto l’appuntamento da Irene (…) digli di mandare i soldi, questi hanno i soldi, vivono in Turchia!».
Secondo gli inquirenti, inoltre, l’inserimento in Questura della Lebkhachi le consentiva di determinare l’anticipazione o meno della trattazione delle pratiche dei loro clienti, gestendo il loro afflusso da remoto. In alcune conversazioni captate ancora dagli inquirenti, inoltre, è emerso ulteriormente il ruolo centrale della donna mentre discute con l’avvocato Irene Trocino, finita agli arresti domiciliari nel corso dell’operazione. «Allora quelli che sono venuti sono cinque. Sono del 3, 5 e 13 luglio. Sono da parte, sono miei, sono cinque».
Gli investigatori – è scritto nelle carte dell’inchiesta Ikaros – sono riusciti a delineare anche quello che assomiglia ad un vero e proprio tariffario, stabilito proprio dalla Lebkhachi. «Io dirò che l’avvocato prende 700 ed io prenderò 200.. però la prossima volta dirò mille, 500 all’avvocato». I “servizi” offerti ai migranti in arrivo in Italia comprendevano, inoltre, il reperimento di un alloggio a Crotone presso alcuni b&b, case nella disponibilità degli associati e, anche in questa circostanza, era la Lebkhachi a coordinare tutto. «Allora, ascoltami.. questa volta qualsiasi persona viene a casa tua 40 euro mi devi dare, se non mi dai, non entri».
Le intercettazioni e le indagini coordinate dalla Procura pitagorica hanno consentito di ricostruire, inoltre, il rapporto di stretta collaborazione tra la Lebkhachi e l’avvocato Irene Trocino. In un’occasione documentata, le due concordano di non comunicare nulla agli stranieri che si trovavano all’estero e che sarebbero dovuti arrivare a Crotone per avviare l’iter della pratica di richiesta d’asilo quando non era certo la pratica sarebbe stata poi effettivamente istruita: «La prossima volta, se non siamo sicuri della Pec, non comunichiamo a nessuno che rimane qua 15 giorni». Le due, poi, discutono della calendarizzazione dei “loro” richiedenti asilo, specificando che alcuni di loro non volevano più presentare richiesta per paura di dover pagare nuovamente. Inoltre, come è emerso ancora, il gruppo si occupava anche della “presa in carico” dei cittadini stranieri nel periodo di permanenza in Italia. «No no lascia stare – dice la Lebkhachi alla Trocino – che questi mi hanno fatto incazzare perché sono rimasti 15 giorni qua… erano pesanti!».
Nel corso dell’attività investigativa coordinata dalla Procura di Crotone, è emerso come ad un certo punto gli elementi del gruppo criminale fossero in fibrillazione in seguito alla notizia diffusa di alcuni controlli in atto da parte degli agenti della Squadra Mobile sulle richieste presentate da alcuni clienti del gruppo.
È il 16 ottobre 2018, il giorno successivo a quello del primo controllo, quando la Lebkhachi viene notata in compagnia dell’avvocato Trocino all’esterno della Questura di Crotone mentre gli inquirenti captano una conversazione emblematica.
«Li hanno fermati poi sono andati fino in albergo e hanno preso i passaporti e mo oggi hanno rinunciato all’asilo, sono stati denunciati e sono andati via» racconta la Lebkhachi alla Trocino, che risponde: «…fatti mandare una email, secondo me ha il telefono intercettato, pure il tuo! Se vogliono recuperano anche questo! Poi usa un altro telefono, va bene?». La paura di essere scoperti si diffonde subito nel gruppo, al punto che la stessa Lebkhachi valuta la possibilità di andarsene, consigliando di fare altrettanto ad uno dei suoi collaboratori: «Vai via di qua! Almeno questi giorni, troppi controlli!». (redazione@corrierecal.it)
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