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“La strada che non c’è”, uno dei tanti “treni mancati” dalla Calabria

Una storia iniziata 30 anni fa e interrotta con l’arresto di Chieffallo (che poi sarà assolto). Il caso della Media Savuto è ancora aperto

Pubblicato il: 20/02/2021 – 15:59
di Gianmarco Cimino
“La strada che non c’è”, uno dei tanti “treni mancati” dalla Calabria

CATANZARO “La strada che non c’è”. Cosi è chiamata una delle infrastrutture strategiche che avrebbe dovuto collegare i due capoluoghi di provincia – Catanzaro e Cosenza – togliendo dall’isolamento i comuni interni dell’area centrale della Calabria. Importanti centri, ricchi di storia, cultura e capitale umano che vivono da decenni l’odissea di un’incompiuta che già dal nome richiama alla mente la narrazione di una Calabria terra di mancate opportunità.
È banale e comodo elencare le disfatte di questa “amara terra mia” come direbbe Modugno, ma per spezzare le catene della rassegnazione a cui siamo assuefatti come calabresi occorre distogliere lo sguardo dalla superficie e immergersi nelle profondità delle questioni che ci riguardano.
È l’unico modo per leggere la complessità dei tempi moderni.

Una storia iniziata nel 1989

La strada del Medio Savuto è la storia travagliata di un’opera pubblica che va avanti dal 1989 quando fu appaltata dalla Provincia di Catanzaro grazie ad un finanziamento del Cipe per circa cento miliardi delle vecchie lire. Ideata dall’allora amministrazione provinciale di Catanzaro, era stata programmata per fornire una risposta alle comunità delle aree interne destinate all’isolamento. Un’ arteria a scorrimento veloce di fondamentale importanza per migliaia di cittadini che si intreccia con una drammatica vicenda giudiziaria che portò all’arresto dell’ex presidente della Provincia Leopoldo Chieffallo.

L’arresto di Chieffallo

Il 20 dicembre 1993 con l’arresto di Chieffallo si fermò tutto. I capi di imputazione: falso in atto pubblico, abuso in atti di ufficio e turbativa d’asta. Accuse pesanti in un momento particolare per la storia del nostro paese – tangentopoli – che apri la stagione della caccia alle streghe.
L’inchiesta portò a un nulla di fatto. Leopoldo Chieffallo fu assolto con la formula “il fatto non sussiste” e venne risarcito per l’ingiusta detenzione. A seguito di questa inchiesta, la strada del Medio Savuto venne battezzata come “la strada che non c’è”.

La regione dei “treni mancati”

Svanisce così un sogno di riscatto per un territorio, per la sua gente, per chi vedeva in quella strada non un semplice manufatto, ma l’opportunità di abbattere le distanze per costruire una prospettiva di sviluppo.
Trent’anni dall’inizio dei lavori che furono bloccati dall’intervento della magistratura e di una burocrazia farraginosa. Per dirla come Vasco, a distanza di anni “siamo ancora qua eh già” ad osservare con rabbia il racconto mediatico di una Calabria che balza agli onori delle reti nazionali per i “treni mancati” che ci hanno relegato agli ultimi posti delle classifiche.
Viene naturale, dopo un lungo travaglio, riflettere sulla funzione della magistratura che deve tornare al ruolo costituzionale che gli spetta (non di gestione politica ed economica) e su una burocrazia che funge da punto di incontro tra il “potere” e l’idea che la regola sia non un mezzo ma una dea sovrana che va idolatrata a qualunque costo.

Lo sconfinamento dei poteri

Dal 1992 in poi l’Italia ha avuto una timida crescita rispetto agli altri Paesi europei, eppure nel ventennio precedente la nostra Nazione era cresciuta molto. Il clima della caccia al capro espiatorio ha avvelenato il dibattito pubblico con la conseguente disfatta della politica intesa come strumento di risposta ai ritardi strutturali. Cosa è accaduto?
È cambiato lo spirito pubblico, la percezione collettiva. Il Paese ha improvvisamente cambiato rotta. Il suo obiettivo non è stato più quello di garantire benessere e diritti, ma di garantire onestà. Onestà che non è dato sapere cosa significhi, ma sappiamo come sia stata intesa: nella forma di una supremazia dello strapotere della magistratura e di conseguenza del predomino burocratico.
Morale della favola? Hanno vinto le procedure e l’accentuazione dei ritardi nelle risposte alle esigenze collettive.
Lo sconfinamento di poteri è il tema da cui partire. Ma si sa che alcuni temi scottano e conviene mantenere un immobilismo diventato esercizio prediletto della nostra classe dirigente.
Alla politica che naviga a vista nel mare magnum dell’incertezza, un appello affinché si ribalti la storiella di una terra senza visione.
Quando negli occhi dei più giovani si scorge la rassegnazione, la voglia di andare via e la mancanza di speranza, diventa un dovere di tutti ripensare e programmare il futuro della nostra “Mamma Calabria”.

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