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Politica

«Recovery e sanità, Calabria orfana di proposte»

«Pandemia», «organizzazione, «Piano nazionale di ripresa e resilienza». Sono i tre “concetti” in sospeso nel discorso pubblico sulla sanità calabrese.L’impressione è che in Calabria la diffidenza …

Pubblicato il: 21/02/2021 – 11:26
di Emiliano Morrone*
«Recovery e sanità, Calabria orfana di proposte»

«Pandemia», «organizzazione, «Piano nazionale di ripresa e resilienza». Sono i tre “concetti” in sospeso nel discorso pubblico sulla sanità calabrese.
L’impressione è che in Calabria la diffidenza e la rinuncia siano ormai endemici, perfino intrattabili. Lo si coglie almeno da un paio di segnali. Il primo: la politica locale resta alla finestra, al più esorta alla protesta di piazza senza concordare obiettivi da raggiungere. Il secondo: davanti alla disgregazione sociale acuita dal Covid manca una guida che riunisca le membra della massa orientandone il giudizio. Si continua, cioè, a vivere nel buio, a stuzzicare gli istinti del basso ventre, a buttarla su manette, carceri, rivoluzioni del costume ma non culturali. E si seguita a carpire il consenso collettivo con iniziative spicciole ingigantite dalla propaganda web. Incontri, selfie, resoconti, enfasi: estetica al posto della chirurgia.
Eppure alla Presidenza del Consiglio c’è un uomo dall’«alto profilo internazionale» chiamato per strutturare il Recovery Plan da 209 miliardi, snellire la burocrazia italiana, togliere l’economia dal precipizio. Mario Draghi dirige un governo partecipato da tutti meno che Meloni e i suoi «Fratelli», qualche “mina vagante” e i 31 grillini espulsi dai rispettivi gruppi di Camera e Senato. Questo comporta due conseguenze: il presidente ha tutta la forza per esercitare il suo mandato, il parlamento ne possiede abbastanza per indurre attenzione e provvedimenti a favore dei territori.
Al Senato l’ex presidente della Bce ha chiarito due aspetti, che in Calabria sono passati nel silenzio dell’abitudine. Sul Mezzogiorno ha parlato di occupazione femminile, legalità, sicurezza, credito d’imposta e necessità di irrobustire le amministrazioni pubbliche. Un po’ astratto come programma, per un’area del Paese che conta quasi 14 milioni di abitanti, rimasta indietro malgrado i fondi europei, con i Lea in bilico e una disoccupazione al 16,2% – contro il 5,7% del Nord – che sale al 50% per i giovani meridionali tra i 15 e i 24 anni disposti a lavorare. In quanto al futuro sanitario, la prospettiva indicata dal neo presidente è l’investimento nell’assistenza territoriale.
In Senato Draghi non ha mai alluso agli ospedali né all’obbligo di reclutare decine di migliaia di medici, infermieri e Oss, derivante da una direttiva europea del 2003 che l’Italia recepì nel 2014 per rinviare le assunzioni a data da destinarsi. Tra parentesi, lo ricorderà bene Beatrice Lorenzin, che da ministra annunciò una ricognizione del fabbisogno e lì si fermò. Ma forse per Draghi quello non era il momento di sbottonarsi, perché la fiducia delle Camere (e delle Borse) abbisogna di un intervento semplice, generale, rassicurante.
La Calabria ha una rete ospedaliera progettata a tavolino dall’Agenas, a prescindere dalle caratteristiche ed esigenze dei singoli territori: dalla viabilità, dal clima, dall’epidemiologia. Questa rete fu decretata nel 2010, 11 anni fa. Dopo venne aggiornata con due decreti commissariali del 2016 in cui figurano le indicazioni, ad oggi lettera morta, di funzione e personale contenute nel D.M. sugli standard: il numero 70 del 2015. Peraltro mai sono stati riattivati gli ospedali di Praia a Mare e Trebisacce, in barba alle pronunce del Consiglio di Stato per l’ottemperanza delle due sentenze definitive.

Qualche aspettativa di rilancio degli ospedali minori, montani e periferici, l’avevano creata l’intasamento degli Hub calabresi, i sentimenti per le vittime delle due “ondate” virali, il lungo caos sul raddoppio dei posti nelle terapie intensive, il blocco dell’assistenza ospedaliera ordinaria. Nel 2020 l’Annunziata di Cosenza ha registrato -400mila prestazioni rispetto all’anno precedente, fonte la commissaria aziendale Isabella Mastrobuono. Visite, operazioni, diagnosi da riprogrammare, per quanto possibile, quando possibile.
Il commissario Guido Longo è da solo, “consolato” dal dg Francesco Bevere e dal dirigente Antonio Belcastro, applicato al dipartimento regionale Tutela della salute. Al proprio delegato il governo non ha ancora affiancato dei sub-commissari, benché «la legge Calabria», che ne prevede fino a tre, sia entrata in vigore nello scorso gennaio. L’ex prefetto vuole il personale che non gli è stato dato. Quindi prova a sopperire, addirittura disponendo l’acquisizione (a pagamento) di servizi professionali tramite Consip. Privo di mezzi di base, Longo deve definire alla svelta il «programma operativo per la gestione dell’emergenza da Covid-19»; verificare a stretto giro l’adozione degli atti aziendali per cui lo scorso 18 febbraio ha dettato le Linee guida, un documento di 50 pagine intriso di teoria burocratica; attuare speditamente «i progetti di edilizia sanitaria da finanziare», compreso l’ammodernamento tecnologico già pianificato. Nel contempo il commissario alla Sanità calabrese deve badare ai guai dell’Asp di Cosenza travolta da un’inchiesta pesante; fare i conti con il contenzioso milionario e i bilanci mobili di alcune aziende del Servizio sanitario regionale; raccordarsi con le commissioni prefettizie delle Asp di Reggio e Catanzaro sciolte per infiltrazioni e da anni scombinate; seguire con la Regione le vaccinazioni, che procedono a rilento tra diverse incertezze.
Intanto, secondo quanto appreso all’ospedale di Crotone il nuovo commissario Domenico Sperlì avrebbe rilevato una significativa riduzione dell’attività chirurgica per quantità e complessità. Pure questa, se confermata, frutto del disordine causato dalla pandemia, ma anche da una latitanza della politica, che ha esaurito il suo compito con l’arrivo, l’aiuto sul posto di Gino Strada ed Emergency. Per inciso, il concorso per sostituire il primario chirurgo di lì, andato via nel maggio 2020, è tuttora pendente. Così è, se vi piace.
Davanti a questo mare di problemi, la politica è occupata dagli assetti per le Regionali. Altro non vede. Quindi rimangono all’angolo i ragionamenti di spessore circa l’organizzazione delle reti dell’assistenza sulla base delle omogeneità territoriali. Stessa sorte tocca ai tentativi di elaborare proposte intelligenti per ottenere risorse del Recovery a beneficio dell’offerta sanitaria. Robe troppo complesse, poco redditizie in campagna elettorale. Nella quale la mostruosità dei guai pubblici sarà coperta dai soliti slogan.
*giornalista  

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