PALMI/FIRENZE Un viaggio in treno di diverse ore, tutt’altro che semplice, divide la Calabria dalla Toscana. Due mondi allo stesso tempo così simili e diversi tra loro.
Un viaggio in treno mai fatto unisce la Calabria alla Toscana. È il 22 febbraio 1981 quando Rossella Casini, giovane studentessa di psicologia all’Università di Firenze, inserisce i gettoni nella cabina telefonica della stazione di Palmi per avvisare che di lì a poco avrebbe preso il treno per rientrare a casa. I genitori la aspetteranno a lungo, invano. Il padre, Loredano, la ritroverà nel 1994, quasi per caso, sulle colonne del quotidiano toscano La Nazione, nel racconto di un pentito che passa dall’ordine perentorio della ‘ndrangheta di ucciderla e farla scomparire.
La storia di quella ragazza, secondo alcuni morta per amore, secondo altri per non aver compreso pienamente le logiche di un mondo, quello della mafia calabrese, tanto diverso dal suo, diventa un “ponte” che unisce l’intero paese.
Sono passati quarant’anni. Nel frattempo il suo nome è stato scritto nero su bianco in una via di Palmi, nel Comune di Firenze, in una piazza, nelle scuole calabresi e toscane.
«Soldato che mi smembri in mezzo al mare/ quando questa notte finirà/ ricorda non son morta per amore/ ma per combattere una guerra senza età».
Mentre Marco canta questi versi, nella pineta di Viareggio cala il silenzio. Non il silenzio pesante dell’omertà, ma uno di quei silenzi che le parole trasportano. Lui è un giovane volontario del presidio locale dell’associazione Libera intitolato a Rossella Casini. La canzone (nel video) racconta la storia della 25enne studentessa che nel palazzo di Via Santa Croce a Firenze conobbe un giovane, Francesco Frisina, originario di Palmi. E se ne innamorò.
Era il 1977 e un’altra parte di quella stessa Italia era teatro di una vera e propria guerra. «Tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli anni 90 ci fu una terribile guerra di mafia, passata alle cronache come la così detta “faida di Palmi”. Da una parte c’erano i Gallico e dall’altra i Condello-Parrello. Trovarono la morte 54 persone e ci furono oltre 100 feriti. La mia generazione ricorda bene quel periodo. Io avevo 11 anni». Enzo Infantino è di Palmi. Oltre ad aver fatto politica attiva fino al 2010, è da sempre attivista schierato, come diversi altri suoi conterranei, contro la ‘ndrangheta. Insieme ad alcuni di loro, nel 2013, si fa promotore del coordinamento Rossella Casini, con l’obiettivo di riabilitare il volto pulito della Palmi che lotta e non piega la schiena, oltre a voler rendere indelebile la memoria della giovane fiorentina anche nella città calabrese.
Dopo aver conosciuto Francesco Frisina, Rossella viene invitata a trascorrere l’estate in Calabria. Un bel periodo, fatto di accoglienza e spensieratezza, destinato a durare poco. «Rossella Casini – racconta Enzo Infantino – si trova suo malgrado in mezzo a quella faida. Non sapeva di essersi innamorata del rampollo di una famiglia vicina ai Gallico. Nei vicoli dei quartieri, in quei giorni, respiravamo un’aria pesante. La notte si sentivano le bombe e personalmente ho visto due persone ammazzate a terra. Ho un ricordo molto nitido di quel terribile periodo, una ferita ancora non rimarginata della mia comunità». Tra i morti c’è anche il padre di Francesco Frisina. Proprio quella circostanza apre gli occhi di Rossella sulla realtà. Poco dopo, nel 1979, il giovane Frisina viene ferito e salvato dopo il ricovero in ospedale. «Da quel momento Rossella provò con tutte le forze a tirare il suo innamorato fuori da quell’Inferno, ma a causa di questa sua innocenza e dell’impossibilità di conoscere fin dentro le viscere la ferocia della ‘ndrangheta, ha perso la vita».
Rossella Casini racconta tutto agli inquirenti e in un primo momento convince Frisina a fare lo stesso almeno fino al deciso intervento della famiglia – dopo il trasferimento del fascicolo d’indagine da Torino a Palmi per competenza – che lo convince a ritrattare la sua testimonianza. Da quel momento Rossella rimane sola, ma non desiste.
L’ordine della ‘ndrangheta risuonerà perentorio nel racconto di un collaboratore di giustizia: «Fate a pezzi la straniera».
Rossella Casini scompare il 22 febbraio 1981 a Palmi. Di lei si perdono le tracce mentre il dolore si porta via la madre Clara qualche anno dopo. Il padre, Loredano, non smette invece di cercare la loro unica figlia e chiedere verità. Fino a che, tredici anni dopo, sulle pagine de La Nazione, legge le dichiarazioni del pentito Vincenzo Lo Vecchio secondo cui Rossella sarebbe stata rapita, torturata, violentata, fatta a pezzi e i resti gettati nei pressi della tonnara di Palmi. L’ordine, nel racconto di Lo Vecchio, era chiaro e proveniva dalle “famiglie”. La procura distrettuale di Reggio Calabria, che stava indagando sulle cosche al centro della “faida”, si sofferma su quattro persone: il boss Domenico Gallico, Pietro Managò, Francesco Frisina e la sorella Concetta. Saranno tutti assolti nel 2006 per insufficienza di prove, «sebbene l’accusa avesse rimarcato l’esistenza di un movente “imponente, mastodontico e innegabile”».
Fiamma Negri, insieme a Giusi Salis, venute a conoscenza della storia anche attraverso il lavoro di Francesca Chirico, autrice del libro “Io parlo. Donne ribelli in terre di ‘ndrangheta” e di Libera Toscana, da quegli atti processuali estraggono lo spettacolo teatrale “Ultimo domicilio: sconosciuto”. «Rossella – ci racconta Fiamma Negri – ha invano applicato la sua logica ad una logica totalmente diversa. In più si era messa contro un potere tipicamente maschile e infatti, come abbiamo sottolineato tante volte, è rimasta vittima di quello che a tutti gli effetti è un “femminicidio”». «”Femminicidio” – sottolinea – non è soltanto la morte violenta di una donna, ma in generale di una persona che sceglie di non sottostare a un’organizzazione di potere maschile. Farla sparire rappresentava il segnale di toglierle la parola per sempre. Emblematico è anche il rapporto con Concetta Frisina, che non riusciva a concepire quella ragazza libera di vivere la sua vita».
Su questa storia grava l’ombra del silenzio. «Lei conobbe Francesco Frisina in un contesto diverso, dov’era libero della sovrastruttura ‘ndranghetista. E infatti, quando torneranno giù, questo silenzio ingombrante invaderà anche lui».
La storia di Rossella Casini rimarrà a lungo senza un volto. Non esistevano in circolazione foto della ragazza finché grazie proprio alla caparbietà di Libera Toscana e delle persone che si impegnarono nelle ricerche, un giorno, su uno schermo, dagli archivi dell’Università riaffiorò il volto di Rossella, dalla foto del libretto.
«Ricordo che grazie a quel ritrovamento cominciammo a conoscere anche i parenti, che ci ringraziarono. Poi ci scrisse Gaetano Saffioti, raccontandoci di averla conosciuta e tanti aneddoti che ci permisero di scoprire qualcosa in più su di lei. Quel volto e quella storia sono diventati un aggregatore di persone tra la Toscana e la Calabria».
L’inciso è forse uno dei più ricorrenti nei racconti di Andrea Bigalli, referente regionale dell’associazione Libera in Toscana. Grazie all’impegno di volontarie e volontari, oggi esistono due presidi intitolati a Rossella Casini (Castagneto Carducci-San Vincenzo e Viareggio) ai quali si aggiungono quello di Perugia e da ultimo quello forse più emblematico nato a Palmi. A Scandicci, in provincia di Firenze, le è stata intitolata una scuola mentre a Firenze un giardino comunale ed è stata posata una targa alla sua memoria nel Municipio.
I rappresentanti del Comune fiorentino erano inoltre presenti all’inaugurazione di “Via Rossella Casini” a Palmi, avvenuta lo scorso 22 febbraio 2020 ed Enzo Infantino, che da anni insieme al Coordinamento ha lavorato a questo obiettivo, ricambierà intervenendo in occasione del quarantesimo anniversario dalla scomparsa al consiglio comunale aperto del Comune gigliato. Sempre per l’occasione, Libera Calabria ricorda Rossella Casini a Palmi: nel pomeriggio, nell’aiuola dedicatale sul lungomare della tonnara, verrà deposta una corona d’alloro e seguirà poi una celebrazione religiosa (alle 18) del referente regionale, Ennio Stamile insieme ai familiari delle vittime innocenti dell’associazione “Piana Libera”. Un ponte tra due regioni e una storia d’impegno che vuole raccontare una terra diversa.
«Tutto è nato – racconta sempre Enzo Infantino – per reazione al luogo comune che la comunità di Palmi è omertosa. Palmi non è più la città di quegli anni perché oggi è caratterizzata da figure, come Gaetano Saffioti, che hanno abbattuto il muro dell’omertà. Abbiamo costituito il coordinamento per ricordare Rossella Casini e attraverso lei tante altre innocenti vittime di quel delirio, come Antonio Borrello, persona a me cara, uccisa per errore durante il conflitto».
Nel luglio 2013 la prima iniziativa del coordinamento vide riempirsi la piazza di Palmi. Già in quell’occasione venne lanciata l’idea concretizzatasi a febbraio scorso di intitolare una via a Rossella Casini. Poi, nella notte tra il 29 e il 30 ottobre, Enzo Infantino è vittima di un vile atto intimidatorio che si traduce nell’unanime solidarietà di tutto il Paese.
«Sapevamo che questo percorso poteva provocare qualche problema. Come mi ha detto Gaetano Saffioti, certe cose accadono quando cala l’attenzione intorno all’impegno politico e sociale. È una vicenda, non posso negarlo, che ha pesato molto su di me e la mia famiglia. Un momento difficile che non mi ha comunque impedito di pensare in positivo. È un incidente di percorso che fa capire ancor più quanto sia importante impegnarsi. Resistono anche nella nostra comunità sacche di criminalità che, attraverso questi gesti, mandano messaggi. Messaggi che non ho raccolto anche a fronte della solidarietà giunta dalla comunità locale e di tutta Italia».
«La mia – conclude Infantino – non è una comunità di mafiosi; è una comunità che ha reagito. E a questo risultato siamo arrivati anche grazie a Rossella Casini».
Il 2 giugno 2019 il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha insignito Rossella Casini della medaglia d’oro al valore civile così motivando: «Pur consapevole dei gravi rischi, lottò tenacemente per convincere il fidanzato a troncare ogni legame con il mondo criminale, rivelando all’Autorità giudiziaria quanto appreso dallo stesso sulla cosca di appartenenza». (redazione@corrierecal.it)
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