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Green new deal

Rivoluzione verde, ecco le misure utili alla Calabria

Oltre un terzo delle risorse del Recovery è destinato a interventi in chiave ecologica. Occasione di riscatto anche per la regione. Marini: «Occorre un cambio di mentalità»

Pubblicato il: 27/02/2021 – 7:30
di Roberto De Santo
Rivoluzione verde, ecco le misure utili alla Calabria

COSENZA La rivoluzione verde che l’Europa mette al centro del progetto di rilancio dell’economia complessiva del Vecchio Continente potrebbe divenire l’occasione di riscatto per una regione come la Calabria. Molti dei temi introdotti dal Piano next generation Eu in materia di Green new deal, sembrano, infatti, essere ritagliati su misura alle esigenze che il territorio nutre e alle opportunità che offre. Attraverso il nuovo paradigma economico – spina dorsale dell’accordo per far uscire l’Europa dalla crisi pandemica e rilanciarla nel prossimo futuro – si potrebbe cioè ricucire lo strappo socio-economico che nei decenni ha allontanato la Calabria dal resto del Paese e, conseguentemente, dalle regioni più ricche del Continente.


Si tratta di realizzare interventi che, uscendo dalle logiche del passato, si basino sulla sostenibilità ambientale riducendo attraverso questa nuova filosofia il divario economico e le disuguaglianze cresciute via via negli anni. Solo per citare alcune delle misure che Bruxelles chiede ai Paesi membri e previste nel “perfettibile” Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) – come è stato definito anche dal neo premier Draghi nel suo intervento alle Camere – ci sono interventi nel campo delle energie rinnovabili, del consumo equilibrato del suolo, della corretta gestione del ciclo dei rifiuti e delle acque e della prevenzione da rischi sismici e idrogeologici.


Su ciascuna di queste voci l’Europa e di conseguenza l’Italia ha previsto risorse adeguate a produrre un effettivo cambiamento di marcia sulle dinamiche di sviluppo dei territori. Nella cornice della sostenibilità e del recupero della marginalità dei territori. Sul piatto della “Rivoluzione verde e transizione ecologica” – primo asset per quota di spesa programmata – il Pnrr ha previsto 66,59 miliardi di euro che sommati ad ulteriori 2,31 miliardi dell’intero ReactUe raggiungono la cifra monstre di 68,9 miliardi. Dunque oltre un terzo dell’intera posta del Piano che servirà a sostenere interventi green nel Paese e che, secondo il principio di complementarietà, sarà implementato con ulteriori risorse provenienti dai Fondi Sie/Pon, dal Feasr e dalla Programmazione di Bilancio 2021-2026 toccando un totale complessivo pari a 78,79 miliardi di euro. Una massa di risorse che, se sarà confermata dal nuovo esecutivo Draghi, dovrebbe finanziare interventi anche – ma in realtà soprattutto – in una regione come la Calabria la cui fragilità socio-economica ha consentito all’Italia di ottenere da Bruxelles soldi aggiuntivi.

E le azioni da mettere in campo sono tante. Dalla riqualificazione degli edifici – in termini di prevenzione degli effetti dei terremoti – visto che l’intero territorio ricade nel massimo livello di rischio sismico, alla tutela e valorizzazione del territorio e della risorsa idrica – dissesto idrogeologico, erosione costiera (giusto per fare esempi) – passando anche dalle imprese verdi (il settore agricolo è trainante dell’economia locale) e al rilancio dell’economia circolare attraverso soprattutto una corretta gestione del ciclo dei rifiuti di cui la Calabria come non mai necessita. Tutte voci contemplate dal Recovery plan e a cui lo stesso destina importanti risorse.
In particolare sotto il capitolo dell’efficientamento energetico e la riqualificazione degli edifici il Pnrr allo stato destina 29,35 miliardi che diventano 35,95 (se si sommano le altre risorse aggiuntive), mentre sulla “Transizione energetica e la mobilità locale sostenibile” si annoverano 18,22 miliardi (20,52 complessivi). Mentre 15,03 miliardi (a cui si somma un altro miliardo del Feasr) sono dedicati ad interventi di “Tutela e valorizzazione del territorio e della risorsa idrica” ed infine 6,3 miliardi a quelli relativi ad implementare il concetto di “Impresa verde ed economia circolare”.

Un’occasione che suona anche come sfida dunque che la Calabria non può permettersi di perdere. Significherà puntare con decisione su una mutazione di rapportarsi alle risorse naturali che largheggiano in Calabria – ma che sono state spesso trascurate – e a valorizzare un nuovo modello di sviluppo dei territori nella logica, appunto della transizione ecologica, divenuta da tempo la sfida geopolitica mondiale da inquadrare anche negli impegni multilaterali come l’Agenda 2030 dell’Onu, gli Accordi di Parigi sul Clima e la Cop26 (che l’Italia presiederà). Una visione che è divenuta la “bandiera” dell’azione politica del presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen. Ne è convinto assertore Matteo Benedetto Marini, docente ordinario di Politica economica all’Università della Calabria.

Professore le risorse del Recovery sono decisamente consistenti in materia di rivoluzione verde e transizione ecologica. Temi su cui la Calabria può attendersi tanto?
«Il cuore del piano straordinario europeo Next Generation Eu è lo strumento di Ripresa e Resilienza, e impegna il 90% delle risorse totali stanziate (750 miliardi euro, dei quali 224 per l’Italia). I fondi, erogati come sovvenzioni a fondo perduto per il 46%, e come prestiti per il 54%, devono essere spesi in sei direttrici-pilastro, di cui la transizione verso un’economia sostenibile (almeno il 37%) e la trasformazione digitale (almeno il 20%) fanno la parte del leone. Seguono: l’aumento della produttività delle imprese e della concorrenza; la coesione sociale e territoriale; la sanità e la resilienza istituzionale; e i programmi per le generazioni future. Dunque la sua domanda sull’importanza della rivoluzione verde e della transizione ecologica è certamente corretta. Ma ho voluto allargare il quadro a tutte le azioni previste da Next Generation EU perché esse connotano meglio la nuova filosofia europea: un piano per le generazioni future. Vale a dire che lo sforzo economico dell’Unione Europea deve essere utilizzato non per tornare alla situazione ex-ante la pandemia, ma per trasformare l’economia e le istituzioni. Qualcosa che serva al futuro, più che all’emergenza del presente».

C’è il tema dell’economia circolare che si basa soprattutto su una corretta gestione del ciclo dei rifiuti. Un argomento dolente per la nostra regione. Come si potrà invertire la marcia?
«Beh! Mi sembra un’occasione d’oro per realizzare ad esempio i depuratori delle acque reflue lungo i 700 chilometri di costa che caratterizzano la nostra regione. La loro assenza porta Goletta Verde di Legambiente a valutare il mare di Calabria come uno dei più inquinati d’Italia, nonostante l’assenza d’industrializzazione. Quanto alla sua domanda su come si possa invertire la marcia sulla gestione dei rifiuti, devo dire che c’è molto da fare sul piano dell’educazione della popolazione e della sanzione verso chi viola le regole: le tonnellate di rifiuti abbandonati in vista di siti naturali e paesaggistici di grande pregio non spingono certo i turisti che visitano la Calabria a ritornare».

Anche il dissesto è centrale tra gli interventi che potranno beneficiare delle risorse del Recovery ed in generale del Next generation. La debolezza del territorio genera danni continui alla Calabria che prosegue sulla strada dell’emergenza continua. Quali le priorità in questo settore?
«Sono decenni che si indica nell’esodo dalle aree interne e nell’abbandono dei terreni la principale causa della instabilità dei versanti, in quello che il meridionalista Giustino Fortunato definiva “uno sfasciume pendulo” sul Mar Mediterraneo. Vale a dire una condizione geologicamente fragile, dovuta a lunghe stagioni di aridità alternate a brevi ma devastanti alluvioni. Eppure, invece di mettere in sicurezza i versanti con opere di bonifica idraulica, abbiamo lasciato che l’abusivismo “di necessità” edificasse sulle colline di argilla e sui greti dei torrenti. Ora il Piano di Ripresa e Resilienza prevede opere di tutela e valorizzazione del territorio; ma ci sarà la volontà politica e la capacità amministrativa per realizzarle? La nostra Regione, com’è noto, andrà alle urne in Aprile per eleggere un nuovo Consiglio Regionale. Saprà la società calabrese selezionare prima, ed eleggere poi, personale all’altezza della sfida del cambiamento? Il problema è a mio avviso più politico che tecnico: tutto dipenderà dal concepire i fondi del Piano di Ripresa e Resilienza come l’ennesima occasione di sperpero clientelare, oppure come la prima stagione della transizione ecologica».


Così come ha un peso specifico nel Piano la lotta ai cambiamenti climatici. Anche qui con un patrimonio naturale enorme costituito da boschi e foreste, la Calabria potrebbe essere terreno di sperimentazioni per garantire l’equilibrio naturale. Ma la forestazione resta un terreno scivoloso perché legato a stereotipi. Come superarli?
«Anche qui, a mio avviso, non si tratta di inventarsi nulla di nuovo né tantomeno di espandere la superficie boschiva e forestale. Questo è stato fatto con successo tra gli anni Cinquanta e Ottanta, anche se con spreco di denaro pubblico. Da qui gli stereotipi sulla forestazione calabrese da lei richiamati. Ora è venuto il momento di difendere questo patrimonio boschivo dall’attacco dei piromani. Come ha detto il presidente Draghi nel suo discorso inaugurale al Senato, è tempo di passare dalla riparazione alla preservazione. Si tratta in questo caso di allestire servizi di monitoraggio sul territorio – anche attraverso l’uso di strumenti tecnologici – volti a individuare i princìpi di incendio prima che si trasformino in roghi».

Un settore in cui la Calabria potrebbe vantare eccellenze è anche quello della produzione di energia da fonti rinnovabili. Ma sembra che finora la regione non abbia sfruttato appieno questa posizione di vantaggio. Finendo per essere solo una sorta di colonia energetica del Paese. L’Europa chiede di andare nella direzione dei distretti autosufficienti, una strada che potrebbe essere percorsa, ma che al momento resta una chimera.
«Un distretto autosufficiente è un modello sperimentale europeo che produce energia localmente grazie alle fonti rinnovabili di luce e vento, e che tende a ridurre a zero l’importazione di energia elettrica dalle fonti tradizionali. Mi sembrano modelli avanzati che richiedono una mentalità diffusa capillarmente e una partecipazione della comunità che non vedo al momento perseguibile nella nostra regione. Una chimera, come giustamente lei la definisce. Ma certamente sono questi i modelli a cui ispirarsi nella transizione ecologica che ci apprestiamo a realizzare».

E poi si parla di rigenerazione urbana che rappresenta un’alternativa reale al nuovo consumo di suoli e punta al recupero del patrimonio edilizio. Un settore che potrebbe da un verso sostenere l’economia locale vista l’importante presenza di imprese del settore, e nel contempo condurre al recupero dei centri storici calabresi.
«Ecco, la rigenerazione urbana mi sembra un obiettivo più a portata di mano delle competenze professionali diffuse nella nostra regione, a causa della pervasività dell’edilizia. Il riordino urbano è una esigenza non più rinviabile in Calabria. Già al censimento Istat del 2001 risultava un eccesso di abitazioni del 30% superiore al fabbisogno, e negli ultimi venti anni si è continuato a costruire forsennatamente. Alcuni borghi sono stati preservati dalla colata di cemento e dalla bruttura delle architetture realizzate, mentre altri ne sono stati travolti. Io non sono un tecnico del ramo per suggerire se ancora si possa intervenire per porre rimedio, ma posso affermare che la sensibilità verso il bello e la preservazione degli antichi borghi è ormai patrimonio comune non solo ad uso dei residenti, ma anche per valorizzare il turismo e il suo ampio indotto economico. In particolare il restauro dei centri storici e la loro valorizzazione è un ingrediente imprescindibile dello sviluppo turistico della Calabria».

Resta il collo di bottiglia costituito dalla mole di autorizzazioni per realizzare interventi in Calabria. Forse il meccanismo più temibile che nel tempo ha rallentato se non addirittura azzerato diversi progetti nella nostra regione. Secondo lei ora sarà diverso?
«Qui tocchiamo un tasto dolente: l’efficienza della Pubblica Amministrazione, che tutte le ricerche, a partire da quella pilota di Putnam nel 1993, dimostrano essere direttamente proporzionale alla latitudine: più si va a Sud, maggiore è l’inefficienza e la lentezza della macchina burocratica. Le cause non hanno nulla a che vedere con il Dna della popolazione naturalmente, ma con ragioni storiche ben precise e classi dirigenti “estrattive”, come si dice oggi; vale a dire che sfruttano la propria posizione amministrativa per estrarre privilegi dalla popolazione, invece che per servirla. La tragedia è che questi comportamenti collusivi, invece di essere combattuti, sono stati imitati dagli individui che sono ascesi a posizioni apicali pur provenendo dalle classi popolari. Dunque la soluzione, ancora una volta, è da ricercarsi nei comportamenti di ognuno, e non solo al di fuori di noi. Come dicevo prima, tutto dipenderà dal concepire i fondi del Piano di ripresa e resilienza come l’ennesima occasione di sperpero clientelare, oppure come la prima stagione della transizione ecologica. Dove ecologico, in questo caso, si riferisce all’ecologia della mente. Se torniamo ai sei pilastri del Piano, troviamo che uno è dedicato proprio alla resilienza istituzionale, vale a dire alle riforme di quei vecchi nodi strutturali interni ad ogni Paese che sono i veri responsabili della crisi economica. Dunque i nostri partner europei ci concedono prestito chiedendo in cambio ciò che a noi stessi servirebbe per poter ripetere un nuovo miracolo economico: le riforme di struttura. Per ogni “miracolo” economico servono persone che vogliono lavorare sodo, con ingegno e senso di responsabilità verso lo sviluppo sostenibile. Se siamo di questa pasta, possiamo farcela anche qui, nel nostro Sud. Altrimenti, ancora una volta, palla al Nord. E sarebbe proprio un peccato, perché una occasione come quella del Recovery fund capita una volta sola in una generazione». (r.desanto@corrierecal.it)

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