CATANZARO «Ragionamento illogico e contraddittorio del Tribunale del Riesame». La Distrettuale antimafia di Catanzaro stigmatizza – nel ricorso proposto per Cassazione – la decisione del Tribunale del Riesame –Giuseppe Valea presidente, a latere Giuseppe De Salvatore (giudice estensore) e Sara Mazzotta – che ha disposto l’annullamento dell’ordinanza degli arresti domiciliari nei confronti dell’ex presidente del consiglio regionale Domenico Tallini, accusato nell’ambito dell’indagine Farmabusiness di concorso esterno in associazione mafiosa e scambio elettorale politico mafioso. La contraddizione – è spiegato nel ricorso – risiede nel fatto che i giudici del Riesame accertano e condividono, in premessa, «l’intero contenuto» dell’ordinanza del gip. Da parte del Riesame, vi è una «lettura parziale dei dati di conoscenza» – è scritto nel ricorso vergato dal procuratore Nicola Gratteri, dall’aggiunto Vincenzo Capomolla e dai i pm Paolo Sirleo e Domenico Guarascio – «circa la natura del rapporto» tra Domenico Tallini e Domenico Scozzafava «protrattosi anche in epoca più recente (competizioni elettorali locali e regionali rispettivamente del 2017 e del 2018 esistente tra il Tallini e lo Scozzafava, che viceversa si pone in un contesto di reciproco affidamento della utilità da trarre dai rispettivi ruoli, nella piena consapevolezza da parte del Tallini del contesto criminale di riferimento dello Scozzafava funzionale ai suoi vantaggi elettorali, con la disponibilità a soddisfare le richieste che da questo provenissero, con i necessari interventi in ambito politico-istituzionale), dinamica rispetto alla quale non appare idonea a svilire le esigenze cautelari, l’esito della iniziativa imprenditoriale, evolutasi negativamente». L’iniziativa imprenditoriale in questione è la creazione del consorzio Farmaitalia, nato per la distribuzione dei farmaci e proposto da Scozzafava, uomo-collante (o meglio il “cavallo di Troia”) tra la cosca Grande Aracri di Cutro e l’allora assessore regionale Tallini.
Da un lato, il Tribunale «rileva e ammette che nella vicenda riguardante Domenico Tallini, in quel periodo assessore regionale della regione Calabria, assume un ruolo centrale Domenico Scozzafava perché ritenuto l’anello di congiunzione tra il mondo politico-istituzionale in cui gravita il Tallini, e quello criminale della cosca Grande Aracri e della sua articolazione operante nella Provincia di Catanzaro, evidenziando il rapporto confidenziale tra i due». Dall’altro lato il Riesame è giunto alla conclusione che Domenico Tallini «ha avuto rapporti solo con personaggi in apparenza estranei al contesto criminale e non anche con figure che potessero essere percepite come vicine alla cosca». Una tesi che la Dda si prodiga a smontare nel ricorso presentato in Cassazione.
Il Tribunale del Riesame riconosce, sottolineano i magistrati, «la straordinaria rilevanza» del summit avvenuto il 7 giugno 2014 «presso la tavernetta del boss Nicolino Grande Aracri, all’epoca detenuto, cui partecipano anche Abramo Giovanni (genero di Nicolino e già condannato per la partecipazione alla cosca), Grande Aracri Salvatore, Mauro Giuseppina (moglie di Nicolino Grande Aracri), oltre che il commercialista Villirillo Leonardo (consulente dei Grande Aracri anche in altri affari) e lo stesso promotore del progetto Domenico Scozzafava», tutte persone indagate nella stessa indagine e per le quali il Riesame ha confermato le misure cautelari. Tra l’altro lo stesso Riesame «ammette che “l’attivismo del Tallini nell’ambito del progetto del consorzio farmaceutico si è manifestato con una serie di interventi in Regione… e l’essenzialità del ruolo di Tallini costituisce del resto un argomento ricorrente nel corso di varie intercettazioni richiamate nell’ordinanza, in alcune delle quali emerge con chiarezza il compiacimento degli interlocutori per l’aggancio istituzionale».
«È chiaro infatti – scrivono i giudici – che Tallini era considerato un politico affidabile e raggiungibile in grado di agevolare con il proprio intervento la realizzazione del progetto». Ancora il Riesame afferma che «non appare plausibile – e su questo si concorda con il gip e con l’Ufficio di Procura – che la cosca abbia scelto a caso il suo referente istituzionale nel corso di un summit programmatico in cui si pianificavano investimenti di denaro senza avere avuto prima garanzia di affidabilità e collaborazione».
Sempre il Riesame: «… dalla “prospettiva della cosca, dunque, l’intera vicenda si presta senza dubbio ad essere letta e interpretata nel senso sostenuto dal gip”».
Considerazioni che abbracciano per nove pagine l’impianto accusatorio, salvo, poi, affermare che Scozzafava vantava un rapporto fiduciario con l’assessore «in forza del quale ha potuto coinvolgerlo in un progetto economico mascherando al contempo gli interessi criminali ad esso sottesi…». Incongruenze che i magistrati sottolineano rispetto alle deduzioni dei giudici del Riesame.
«Siamo in presenza, verrebbe da dirsi – scrivono i magistrati –, di due prospettive: una, quella “della cosca”, ritenuta dal tribunale più aderente alle ragioni sintetizzate dalla mozione cautelare; un’altra, svolta a seguito di diversa rilettura del dato indiziario da parte del giudice di seconde cure, che ridimensiona la prospettiva e i desiderata della cosca allorquando sceglievano, non a caso, il referente istituzionale Tallini nel corso del summit del 7 giugno 14».
Nella società Farmaeko figura il figlio di Domenico Tallini, Giuseppe. «Ancorché meditare come nella nuova società figuri addirittura il figlio del politico Tallini – scrive la Procura –, circostanza che conclama irrealisticamente ogni altra diversa valutazione circa la consapevolezza dell’effettivo ruolo degli attori interposti ed interponenti il plesso societario, il Tribunale si limita a valutare in modo completamente isolato» l’episodio avvenuto ad agosto 2015 durante il quale tale Halal Mohon, uomo di fiducia di Grande Aracri Salvatore aveva svelato al figlio dell’indagato, Giuseppe Tallini, di lavorare presso il consorzio poiché deciso dallo stesso Salvatore Grande Aracri, nipote di Nicolino Grande Aracri». Una notizia che turba Giuseppe Tallini e che il Riesame sottolinea senza, però, «annotare – scrive la Procura – come tale vicenda non ha minimamente determinato alcun disimpegno da parte dei Tallini (se proprio si voleva ricercare la “pistola fumante” della consapevolezza, che anzi le successive emergenze danno conto di ulteriori incontri a cena fra i soci, unitamente al politico Tallini Domenico, per maggiormente rafforzare l’iniziativa imprenditoriale), la riconduce nuovamente alla figura del “cavallo di Troia” (Scozzafava, ndr). Il tutto, senza minimamente meditare che tale circostanza trova la sua plausibile giustificazione, stante il quadro delle complessive conoscenze acquisite, nella pregressa consapevolezza del Domenico Tallini, padre di Giuseppe, circa la riconducibilità dell’iniziativa imprenditoriale alla cosca Grande Aracri. Circostanza pure espressa dallo stesso Tallini padre, siccome si inferisce in diverse intercettazioni nemmeno meditate dal Tribunale».
Un esempio dei rapporti che intercorrevano tra Tallini e l’organizzazione che ha dato vita al progetto Farmaeko per la distribuzione dei farmaci, viene riportato dalla Procura proprio riguardo al caso di Giuseppe Tallini, figlio di Domenico, il quale a ottobre 2016 aveva presentato le sue dimissioni dall’impresa, ponendosi in contrasto col commercialista romano Paolo De Sole, «e manifestava l’intenzione di liquidare la società, circostanza che turbava Salvatore Grande Aracri (nipote del boss Nicolino Grande Aracri e dirigente della cosca nel periodo di detenzione del capo, ndr)». «Nel torno delle conversazioni censite, Salvatore Grande Aracri provava a convincere Paolo De Sole che era necessario trovare una bonaria risoluzione della problematica intercorsa tra quest’ultimo e Giuseppe Tallini al fine di non compromettere i progetti avviati». Problema che aveva richiesto l’intervento di De Sole il quale successivamente spiegava a Salvatore Grande Aracri «come Giuseppe Tallini si era calmato dopo un incontro che lo stesso De Sole aveva avuto con Domenico Tallini e nel corso di tali conversazioni, i due sottolineavano ancora una volta l’interesse di Domenico Tallini a soprassedere alle predette questioni e proseguire con il progetto».
Salvatore Grande Aracri dice a De Sole: «Mimmo (Domenico Tallini, ndr) in te vede la persona che potrebbe sistemare il figlio, ma non sistemarlo economicamente, sistemarlo anche mentalmente, dagli un futuro, dagli un progetto sotto casa, perché non è da tutti avere un progetto sotto casa, ok (…) dopo un progetto ambizioso come Farmaeko, giusto». Un esempio, questo, secondo gli inquirenti, che rappresenta il grado di confidenza tra il dirigente della cosca, Salvatore Grande Aracri e il referente istituzionale del suo sodalizio, Paolo De Sole, «di talchè davvero ogni altra ricostruzione circa la mancata, presunta non conoscenza fra i soggetti indicati diventa ora illogica ed irreale».
A pagina 10 il Riesame sostiene che Scozzafava e Tallini si incontrassero «soprattutto per ricevere prestazioni di tecnico antennista», il lavoro ufficiale di Scozzafava. Dissente la Procura: « Più che interfacciarsi “soprattutto per ricevere prestazioni di tecnico antennista” (sic! a pagina 10 dell’ordinanza) i due indagati si scambiano e collaborano per più imprese, davvero diverse dalla prestazione dell’antennista: l’affare del consorzio farmaceutico ma non solo, avuto riguardo, ad esempio, alle elezioni presso il Comune di Sellia Marina. E così, allorquando Scozzafava deve avvisare il referente istituzionale circa le imprese elettorali da compiere in quel comune (del tutto inconferenti rispetto al suo lavoro), in modo da accordarsi su come, eventualmente, gestire quella tornata, richiede prudenzialmente un incontro di persona». Così come vengono scelti de visu gli incontri riguardanti il progetto farmaceutico.
Altro argomento affrontato dalla Procura è l’occasione in cui Tallini si sarebbe recato, insieme a Scozzafava nella sede del Consorzio « con ciò smentendosi la presunta accortezza del politico di non salire “mai” a bordo dell’auto dell’antennista». Incontri che Tallini ha smentito in sede di interrogatorio
«Rispetto alla circostanza specifica infatti, l’indagato non solo negava di essere salito a bordo dell’auto dell’antennista ma pure escludeva l’esistenza stessa degli incontri che invece il Tribunale ha pure ammesso». Tallini ha affermato nel corso dell’interrogatorio di garanzia: «Sì, sì, sì. Allora, lo Scozzafava mi chiamava per cercare magari di domandarmi, di informarmi, cosa fanno, cosa non fanno e io praticamente probabilmente avrò detto allo Scozzafava che non potevo, perché una volta mi invitava all’apertura di una attività commerciale, una volta magari pensava che mi interessasse partecipare o mi teneva informato che c’era un’iniziativa, ma io non ho partecipato mai, mai, mai a riunioni che vertevano su vicende che erano proprio relative alla organizzazione e alla vita del consorzio, mai, dico mai». «Tale dato – scrive la Procura –, stridente rispetto ai dati acquisiti dal Tribunale e invero foriero di considerazioni sul concreto atteggiarsi dell’indagato, non solo veniva completamente omesso dalla valutazione del giudice cautelare, ma nemmeno considerato rispetto all’unico profilo di rilievo ed in esame, ovvero la consapevolezza da parte del Tallini del ruolo delinquenziale dello Scozzafava, dei rapporti di questi con la cosca Grande Aracri e, quindi, dell’adesione del Tallini al sinallagma criminale». (a.truzzolillo@corrierecal.it)
x
x