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L’allarme

Svimez: «Il Recovery fund occasione di business soprattutto per la ‘ndrangheta»

L’Associazione segnala l’alta capacità dei clan a infiltrarsi negli appalti pubblici: «Massima trasparenza nelle procedure»

Pubblicato il: 03/03/2021 – 13:11
di Roberto De Santo
Svimez: «Il Recovery fund occasione di business soprattutto per la ‘ndrangheta»

CATANZARO Le organizzazioni criminali e tra queste la ‘ndrangheta muovono le loro nuove strategie fiutando l’interesse per la mole di risorse che saranno mobilitata del Recovery fund. E i clan calabresi per capacità di muoversi soprattutto nel settore degli appalti pubblici parte avvantaggiata. A denunciare i pericolo che l’economia in tempo di Covid corre, tra gli altri  Giovanni Russo, procuratore nazionale Antimafia e antiterrorismo aggiunto che  sul numero monografico della Rivista giuridica del Mezzogiorno 1/2021 presentato in un webinar della Svimez afferma: «La pandemia da Covid 19 offre nuove occasioni di business illegale alla criminalità organizzata che mette a frutto esperienze e reti relazionali consolidate nel tempo e sa avvalersi, con grande abilità, dei più avanzati e moderni strumenti anche tecnologici».
Nel corso del dibattito lo stesso procuratore nazionale Antimafia ha sottolineato: «La nostra attenzione è molto alta, in particolar modo verso tutte quelle attività produttive oggi in crisi ed esposte al rischio di infiltrazione della criminalità attraverso l’usura e verso quelle aziende illegali che invece stanno facendo affari proprio grazie alla crisi pandemica. È in aumento con la crisi sociale anche quello che viene definito un “criminal welfare”».
Al webinar – coordinato dal direttore della Svimez Luca Bianchi, hanno offerto i proprio contributi Manin Carabba, Direttore della Rgm, Adriano Giannola, presidente Svimez, Giacomo di Gennaro, Professore di Sociologia e Criminologia all’Università federiciana, P. Gian Matteo Roggio, Direttore del Dipartimento per l’analisi e il monitoraggio dei fenomeni criminali presso la Pontificia Academia Mariana Internationalis, Gian Paolo Manzella e Antonio La Spina, consiglieri Svimez.

La doppia strategia

Secondo quanto riportato dalla Svimez, «la strategia dei gruppi criminali mafiosi è idonea, contemporaneamente, a muoversi in una duplica direzione: da un lato, riciclare denaro e generare acquisizioni patrimoniali attraverso l’acquisizione nelle aste giudiziarie di beni, l’ingresso nella gestione dell’impresa e/o intestando fittiziamente l’attività a prestanomi, dall’altro, moltiplicare i patti corruttivi in una fase come l’attuale nella quale il flusso di denaro pubblico attivato nei prossimi mesi per implementare il Recovery Fund sarà enorme».
«La grande liquidità di cui dispongono le organizzazioni criminali – si è sottolineato – le mette nelle condizioni di guardare anche ai settori strategici, dall’eolico, alla offerta di servizi, fornitura di dispositivi medici e farmaceutici, dal ciclo dei rifiuti, all’intermediazione immobiliare e finanziaria, oltre a quelli tradizionali, quali la ristorazione, il commercio, la logistica, l’edilizia, i servizi funebri, i trasporti, le scommesse». «Nei primi – come ha riportato anche il Rapporto Svimez – la malavita si serve di professionisti e figure competenti, che agiscono con fare imprenditoriale e assumono il volto legale dell’agire economico. Nei secondi agisce trasferendo titolarità e disponibilità dell’attività a persone incensurate ma prossime, investendo e rendendo l’attività capace di esistere sul mercato»

La capacità incisiva della ‘ndrangheta

Passando in rassegna i dati comunicati dalla Distrettuale nazionale antimafia, la Calabria risulta la regione al secondo posto per concentrazione maggiore di episodi criminali legati ad organizzazioni mafiose. In particolare nei territori calabresi si sono registrati tra il 2013 e il 2020 oltre il 29% dei crimini di stampo mafioso. Dieci punti in meno della Campania che con il 39,9% è al secondo posto di questa classifica negativa. Aree che, fanno presente gli analisti della Svimez, sono «tradizionalmente connaturate dalla presenza di organizzazioni di tipo mafioso» e che hanno superato di gran lunga quanto avvenuto in altre zone storicamente legate ad esempio a Cosa Nostra: la Sicilia in questa classifica ha registrato appena il 2,8% dei reati superata ampiamente dal Lazio (19%) ma anche dalla Liguria (3,6%) e dalla Puglia (3,2%). Per quanto attiene il Lazio, secondo gli analisti della Svimez, quel dato è legato «principalmente per vicende connesse al filone della cosiddetta “Mafia Capitale”».

‘Ndrangheta record per infiltrazione negli appalti pubblici

Scorrendo la tipologia di reati commessi dalle organizzazioni criminali operative in Italia, emerge che l’alto interesse della ‘ndrangheta ad occuparsi degli appalti per lavori e opere pubbliche. In questo settore si registra ben il 41,4% dei reati corruttivi commessi in Italia quasi il doppio di quelli con matrice camorrista (22,2) e molto distante dall’organizzazione criminale romana (4,8%). Se a questi si sommano i reati commessi dalle ndrine nel corrompere gli appalti per concessioni di servizi pubblici (19,5% del totale registrato in Italia). Si percepisce in pieno il pericolo rappresentato dai clan calabresi ad interessarsi di appalti pubblici.  Che per intenderci sarà il campo d’azione principale in cui si svilupperanno gli interventi da programmare con le risorse del Recovery.
Dunque una questione particolarmente attuale quella di prevenire le infiltrazioni malavitose negli appalti che è stata ampiamente ribadita nel corso dell’incontro che a proposito del Recovery ha definito «auspicabile realizzare questo “shock infrastrutturale” in tempi veloci per far fronte al rallentamento economico post-pandemico». Ma allo stesso tempo ha rilanciato la necessità di alzare l’attenzione: «bisogna agire su un duplice fronte, nell’ottica comune della trasparenza».
«Da un lato – sottolinea la Svimez – trasparenza nelle procedure, andando ad individuare quale sia il modo migliore per far sì che un’opera pubblica sia portata a termine in tempi rapidi e soprattutto che i lavori vengano eseguiti a regola d’arte, scongiurando il rischio delle infiltrazioni mafiose nell’economia legale. Dall’altro, trasparenza nel campo delle strategie di prevenzione della corruzione».
«Dunque, l’emergenza post-pandemia – concludono gli analisti – dev’essere caratterizzata da una diversa gestione amministrativa, che si ispiri alla prevenzione della corruzione mediante: lo strumento della trasparenza integrale di ogni spesa e acquisto pubblico». (r.desanto@corrierecal.it)

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